Il Fatto Quotidiano

La mafia è donna: dagli omicidi alle cialde di caffè

Lupara rosa Arrestata Mariangela Di Trapani, voleva riorganizz­are la famiglia Madonia per colmare il vuoto di potere lasciato da Riina

- » GIUSEPPE LO BIANCO

Per i boss era “la padrona” e a lei guardavano soddisfatt­i per la guida del mandamento: “Si comporta come un uomo”, dicevano di Mariangela Di Trapani, arrestata ieri, moglie di Salvino Madonia, il killer di Libero Grassi, esponente di una delle cosche più fedeli a Totò Riina. Stava cercando di riorganizz­are la “famiglia”, magari in una scalata al vertice di Cosa Nostra dopo il vuoto lasciato dalla morte del capo dei capi.

Non è la prima donna boss con un ruolo di comando e il suo arresto arriva dopo quello di Giusy Vitale, poi pentita, a capo di una vera e propria cosca corleonese a “conduzione femminile”, quella di Partinico: mogli, madri, sorelle e cognate impegnate in estorsioni, appalti truccati, e persino omicidi, nello svolgiment­o diligente del ruolo di supplenza dei fratelli Vitale, che dal pascolo delle vacche avevano scalato tutti i gradini della gerarchia mafiosa fino ad allungare, a metà degli anni Novanta, i tentacoli su Palermo, sulle gare di appalto e sul pizzo imposto a tappeto.

Mariella Vitale, 30 anni, è la figlia del boss. Giusy, 35 anni, è la zia che l’ha incastrata. Donne di mafia contro, impegnate nella gestione della cosca svelata dalle microspie: decisiva si rivela quella piazzata nella casa di via dell’Uccello, a Partinico, abitata da Maria Gallina e dalla figlia Mariella Vitale, appunto, rispettiva­mente moglie e figlia di Leonardo. La prima consiglia, l’altra, madre di due bambini di 6 ed 8 anni, ordina, eseguendo le indicazion­i del padre, detenuto, grazie ai pizzini vei- colati da un agente di polizia penitenzia­ria. Dura, Mariella, rissosa e determinat­a. Tanto da far preoccupar­e la madre: “L’importante è che quando arriviamo da tuo padre non ti volti come una cagna – dice la madre intercetta­ta dalla microspia – e gli fai capire che a tuo padre lo rispetti, che se no tuo padre si scaglia contro di me! Gli devi fare capire che noi altri due siamo uniti. Lo hai capito?”. A incastrarl­a è stata, quindi, la zia Giusy Vitale rinnegata dal fratello Leonardo che le ha augurato u- na morte veloce. Gli inquirenti l’hanno avvertita che la legge le consentiva di non fare dichiarazi­oni accusatori­e sui congiunti, ma lei non si è fermata. E ha chiamato in causa l’intera famiglia.

Donne pentite come Carmela Iuculano, un matrimonio riparatore a 18 anni con Pino Rizzo, legato a Bernardo Provenzano, tre figli, poi l’arresto insieme al marito e la scelta di vuotare il sacco che ha spedito in carcere l’intera cosca, e donne infiltrate per scoprire la verità sulla fine dei loro uomini uccisi, 007 per vendetta o per amore: Maria Stella Gentile, di Sommatino (Caltanisse­tta), a 20 anni, nel 1990, non esitò a ospitare nel suo letto un minorenne amico del marito, appena ucciso, con- vinta che potesse svelarle i nomi degli assassini. E non si sbagliava: invaghito della bella vedova, tra un amplesso e l’altro, Simone Burgio raccontò di avere assistito al delitto scaturito da contrasti in una banda di ladri e raccontò un particolar­e racca- pricciante: “Fui costretto – disse – a bere il sangue di tuo marito a suggello del patto di omertà’’. Donne e mafia è un binomio indissolub­ile, che rischia di smentire ogni schema patriarcal­e, maschilist­a o sessista in cui è stata ingabbiata Cosa Nostra: se l’uomo ha l’autorità, dice un antico detto, la donna è l’autorità. E se Nunzia Graviano, a picciridda, sorella di Filippo e Giuseppe, corleonese stragista oggi in carcere loquace spina nel fianco di Silvio Berlusconi, si occupava del patrimonio di famiglia, Maria Concetta Riina, figlia del capo dei capi, prova a trasformar­e il soprannome del papà in un brand lanciando sul mercato il “caffè du zu’ Totò ”: per ora è solo una prevendita on line di cialde per macchinett­e, ma se va bene, è scritto nel sito, non si escludono altri prodotti.

Infine, ci sono quelle uccise: morte per impegno politico, vittime di finti suicidi, delitti d’onore, vendette trasversal­i. Come la sorella, la mamma e la zia di Francesco Marino Mannoia, neo pentito, uccise una sera di novembre del 1989 a Bagheria, o come Vincenzina Marchese, moglie del boss Leoluca Bagarella, suicida per la disperazio­ne di non poter avere figli dopo aver saputo dell’orrendo delitto del piccolo Giuseppe Di Matteo sciolto nell’acido. Il dossier Sdiso no rat e ne ha censite più di 150, il settanta per cento calabresi. Ma la prima fu una ragazza palermitan­a di 17 anni, Emanuela Sansone, totalmente estranea al mondo mafioso: il 27 dicembre del 1896 le spararono una fucilata al volto colpendo anche sua madre, che rimase viva, la punizione di Cosa Nostra per avere denunciato alcuni falsari.

NUOVI ARRESTI Mariangela Di Trapani, moglie del boss Salvino Madonia, è stata arrestata con altri 24 mafiosi dei clan di San Lorenzo e Resuttana, accusati di mafia ed estorsioni

Nel nome del padre Maria Concetta, figlia del Capo dei capi, prova a lanciare un brand commercial­e La scheda

GIÀ IN CELLA La donna aveva già scontato 8 anni di carcere per aver portato all’esterno dal 41-bis gli ordini del marito, killer di Libero Grassi

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La retata

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