Fatta la legge “ad aziendam” per dare i dati sanitari a Ibm
Una legge ad aziendam: sono due articoli inseriti di soppiatto nella “legge europea 2017” con cui l’Italia recepisce obblighi comunitari. Eravamo abituati a leggi su misura per Silvio Berlusconi e le sue aziende. Questa volta la beneficiata è la multinazionale Ibm che così potrà dare seguito a un accordo, in parte pubblico e in parte segreto, avviato da Matteo Renzi nel marzo 2016, da premier. I due articoli permettono che i dati personali degli italiani, compresi quelli sanitari, finiscano alle aziende private, a scopi di ricerca scientifica o statistica, senza l’autorizzazione degli interessati.
L’ACCORDO tra Renzi e Ibm sottoscritto a Boston nella primavera del 2016 era stato annunciato con grande enfasi come l’im peg no preso dalla multinazionale ad aprire a Milano, sull’area Expo, il suo centro europeo Watson Health, “con investimenti per 150 milioni di dollari e almeno 400 giovani ricercatori assunti”. Watson Health è una piattaforma di intelligenza artificiale per la raccolta e l’elaborazione di dati sanitari globali, per “migliorare la salute e la vita dei cittadini” e “la capacità d’innovazione di medici, ricercatori e assicuratori”. Ma quello che Renzi non aveva detto di quell’accordo è stato scoperto dal Fatto il 15 febbraio 2017: il governo italiano si era impegnato a dare in cambio a Ibm i dati sanitari dei 61 milioni di italiani, a partire da quelli della Lombardia. Informazioni sui pazienti, le cure, i farmaci, gli studi clinici, il registro dei tumori; e poi i dati genomici, demografici, le diagnosi mediche storiche, i rimborsi e costi di utilizzo, le condizioni e procedure mediche, le prescrizioni ambulatoriali, i trattamenti farmacologici con relativi costi, le visite di pronto soccorso, le schede di dimissioni ospedaliere, le informazioni sugli appuntamenti, orari e presenze...
Il 19 marzo 2017, il Fatto rivela che, oltre ai dati sanitari, il governo si era impegnato a dare a Ibm anche un finanziamento di 60 milioni, attraverso il ministero dello Sviluppo.
A SEGUITO degli articoli del Fatto, il garante della Privacy ha aperto un’inchiesta e chiesto chiarimenti (ritenuti insoddisfacenti) al governo e alla Regione Lombardia. Il 31 ottobre 2017 è intervenuta anche l’Unione europea, con una lettera della direzione generale Concorrenza della Commissione, inviata all’Italia per appurare se gli accordi con Ibm non siano lesivi della concorrenza. Ora ecco la legge pro Ibm che cerca di superare il problema del consenso degli interessati alla cessione dei propri dati. “Anonimizzati”, dicono gli accordi segreti con Ibm: ma se a renderli anonimi sarà Ibm, l’azienda sarà comunque in possesso dei dati di partenza, con nomi e cognomi; se invece ad “a- nonimizzarli” sarà l’ente pubblico, bisognerà capire se ha le capacità tecnologiche per farlo e per proteggere i dati dagli assalti dei cyber criminali. La nuova legge, benché messa nel contenitore delle norme “che ci chiede l’Europa”, non risponde alla domanda che l’Ue ha posto all’Italia sull’accordo Ibm: perché è stato fatto con quell’azienda senza alcuna gara? E poi: di chi sarà la proprietà finale dei risultati di intelligenza artificiale alimentati con i dati dei cittadini? Potranno essere venduti da Ibm a industrie farmaceutiche e compagnie assicurative? Che ruolo hanno lo Stato e la sanità pubblica in un grande business tutto nelle mani di pochi monopolisti come Ibm Watson o Google Deepmind?
Accordi di Renzi Il Garante della privacy indaga, la Ue chiede lumi sulla concorrenza La scheda
LO SCOOP Il 15 febbraio scorso il “Fatto” diede conto dell’accordo fatto dall’allora premier, Matteo Renzi, con l’Ibm: l’azienda Usa apre il centro europeo nell’area Expo in cambio dei dati sanitari e di 60 milioni