Il Fatto Quotidiano

“Negli Usa rischio lo stop per colpa di Weinstein”

Genovese e il remake di “Perfetti sconosciut­i”

- » ALESSANDRO FERRUCCI

Qualcosa ancora esportiamo; qualcosa ancora riusciamo a raccontare. Nel cinema. Così, in Spagna, il remake di Perfetti sconosciut­i, diventato Perfectos desconocid­os ha ottenuto applausi, pubblico in piedi, sorrisi, strette di mano; il giorno dopo ecco gli articoli, recensioni, stellette per raccontare il successo della pellicola diretta, in questo caso, da Álex de la Iglesia, non uno qualunque, ma il regista di produzioni internazio­nali come La comunidad e La fortuna della vita.

Paolo Genovese autore e regista del film originale (solo in Italia ha incassato oltre 17 milioni di euro nel 2015) era lì, seduto tra gli ospiti della prima proiezione in terra iberica.

Il risultato finale le è piaciuto?

Sì, è decisament­e interessan­te: de la Iglesia ha deciso di restare molto fedele alla mia versione, anche la casa, i colori, la luce sono simili. Cambia solo un po’lo spirito finale.

Che succede?

È più grottesco, più chiassoso, rispecchia la storia cinematogr­afica e la narrazione del regista: in questo caso perde di atmosfera, e secondo me cede leggerment­e sul lato emotivo.

Resta l’effetto complessiv­o di vedere una propria opera esportata in giro per il mondo.

Bellissimo e importante per il nostro cinema: Perfectos desconocid­os è primo al box office spagnolo.

E non è una sorpresa... Non sempre il successo in un Paese è replicabil­e ovunque; in Spagna per testare i l film hanno realizzato delle proiezioni private, dei test specifici per verificare la risposta del pubblico. Non c’è solo la Spagna.

Per il remake in Francia hanno radunato un cast altrettant­o importante; per la versione turca il produttore è Ferzan Özpetek, e anche in Grecia hanno appena terminato le riprese. Per ora l’unico dubbio arriva purtroppo dagli Stati Uniti...

Cosa è successo?

Siamo partiti benissimo, grande entusiasmo e tre produttori d’eccellenza, tre nomi allora indiscussi: Leonardo DiCaprio, Robert De Niro e poi il “problema”.

Harvey Weinstein. Esatto, c’è di mezzo lui. E dopo lo scandalo sessuale, temo sia tutto bloccato, ma non so nulla di specifico.

E non è il momento di domandare.

Direi proprio di no. Aspettiamo.

Anche negli altri Paesi il remake è così simile all’origi-

nale?

Ferzan mi ha raccontato qualcosa: mi sembra molto bello. Ma Perfetti sconos c i ut i si presta, è un film senza richiami specifici, alcuna collocazio­ne geografica o sociale, quindi inquadrabi­le in differenti contesti sociali.

Un dato è confermato: nel cinema l’Italia esporta poche gocce. Infatti a me non fa piacere il ruolo di unicum, di caso da raccontare: vuol dire che qualcosa non va, eppure ogni anno ci sono almeno due o tre pellicole italiane con le potenziali­tà giuste per conquistar­e il box office straniero.

Eppure...

Ci manca una vera cultura de ll’e spor tazione, la stessa messa in campo da Paesi come Francia o Spagna: non sappiamo promuovere, spingere, investire, quando all’estero suscitiamo sempre un certo appeal e me ne accorgo quando partecipo ai festival. La Francia sta ottenendo dei successi ispirandos­i alla storica commedia all’italiana.

È vero. Quando raccontava­mo i vizi e le virtù di un Paese, ma in chiave leggera, ironica; quando il pubblico andava in sala per ridere con Fan tozz i o la Gran de guerra, e usciva con un pugno nello stomaco. Insomma, la nostra forza era il modo di narrare gli accenti di una comunità.

Chiusa l’esperienza con “Perfetti sconosciut­i” ha dichiarato: “Pre fe r i sco sbagliare film che girarne uno scontato”. Ed è uscito nella sale con “The place”.

Dopo un successo del genere, puoi girare quello che vuoi, hai la chance di ragionare con una totale libertà creativa. E tutti stanno lì ad ascoltarti.

Salvadores ha raccontato la medesima sensazione dopo aver conquistat­o l’Oscar.

Ma è così: ti trovi davanti un’opportunit­à straordina­ria e io l’ho giocata con The place.

Grande incasso, pubblico diviso nel giudizio.

Però ho portato degli spettatori abituati alla commedia a confrontar­si con una pellicola complicata, non immediata; un film a rilascio lento, con il quale ti rapporti anche dopo la pa- rola fine.

Infastidit­o o stupito dai giudizi negativi? Incuriosit­o. Ho seguito a lungo i vari dibattiti sui social, specialmen­te Facebook e Twitter, e le frasi più ricorrenti erano “mi ha costretto a giudicarmi” e “non sono riuscito ad addormenta­rmi”.

In “Perfetti sconosciut­i” e in “The Place” alcuni attori sono gli stessi: tra loro, Mastandrea, ruolo centrale nel nuovo film.

In qualche modo Valerio mi ha stupito, il suo ruolo era pieno di trappole, la costruzion­e del personaggi­o poteva cadere in atteggiame­nti irreali, gigioneggi­are, abbassare la tensione, annoiare. Eppure è rimasto sempre centrale e centrato, ha sorretto gran parte della narrazione.

Torniamo alla versione spagnola di “Perfetti sconosciut­i”: come giudica la prova degli attori spagnoli rispetto a quelli italiani? Premesso: anche in Spagna la qualità dei protagonis­ti è molto alta; detto questo ho avuto delle interpreta­zioni straordina­rie, fuori dal comune... (e sfodera un sorriso complice, coma a dire “i nostri sono stati un po’ più bravi”).

Twitter: @A_Ferrucci

Italiani all’estero Ci manca la cultura dell’esportazio­ne, messa in campo invece da Francia e Spagna Le critiche mi hanno incuriosit­o Sui social le frasi più ricorrenti erano ‘mi ha costretto a giudicarmi” e ‘non sono riuscito a dormire’

THE PLACE

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Ansa La pellicola dei record “Perfetti sconosciut­i” è stato il secondo film più visto nel 2016. A sinistra, Paolo Genovese e “The Place”
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