“Vengo da Chandlerland: lì le donne girano armate”
LA SCRITTRICE Margaret Atwood ritira il Premio Chandler: “In sogno siamo alle prese con attività bizzarre, scrivere gialli significa esplorare i nostri incubi”
Pubblichiamo il discorso che Margaret Atwood pronuncerà domani sera al Teatro Sociale di Como, in occasione del ritiro del Premio Chandler. La scrittrice, ospite del Noir in Festival, la mattina sarà invece a Milano: alle 12 alla Iulm e alle 18 alla Fondazione Feltrinelli
Devo innanzitutto ringraziarvi per questo meraviglioso premio, il Premio Raymond C han dl erperch iscrive libri neri, pie nidi misteri e di crimini memorabili. In realtà io non sono una autrice di gialli nel senso stretto del termine, ma scrivo del comportamento umano che, come tale, include tra le sue varie manifestazioni anche i crimini. Ma perché siamo tanto affascinati dai fatti criminosi? Perché non li commetteremmo mai in prima persona, oppure proprio perché abbiamo paura che potremmo farlo? Nei sogni e negli incubi ci ritroviamo alle prese con le attività più bizzarre: ecco, forse scrivere gialli significa questo, esplorare i nostri incubi. E cosa ci separa da questo mondo popolato da spaventosi incubi? Una barriera sotti- lissima. O per lo meno è ciò che sospettiamo. Sono molto lusingata da questo riconoscimento, in particolare perché io ci sono cresciuta a Chandlerland. Sono nata nel 1939 e quindi sono abbastanza vecchia da aver letto i suoi libri quando apparvero nei drugstor e durante la prima ondata della rivoluzione dei tascabili. E anche sugli scaffali della libreria di casa, visto che tutti in famiglia amavano leggere gialli e quindi ne avevamo tanti. A Chandlerland piove spesso, anche se il set è Los Angeles dove la pioggia è un’anomalia. Spesso è anche notte, in quella città di luci. Gli uomini indossano impermeabili stret- ti in vita da una cintura e cappelli a tesa larga, anche se fa caldo. In tutto questo affiorano le radici di Chandler: la pioggia e la nebbia di Sherlock Holmes, il tempo infame che affligge sempre Maigret, il guardaroba di Dashiell Hammett. Anche la cucina di Dashiell Hammett, o piuttosto dovrei dire la sua assenza. In Chandler, come in Hammett, le persone non mangiano molto, se mai mangiano, in compenso bevono un sacco e fumano. Fumano di tutto – pipa, sigari, sigarette – ma che cosa sarebbe un noir, film o libro, senza quella spirale di fumo che viene tanto bene in bianco e nero? A Chandlerland, le donne sono misteriose e portano la pelliccia, e cappelli con la veletta, e guanti eleganti, e borsette da sera con dentro minuscole pistole letali. E quelle ricche hanno dei mobili, e che mobili! I mobili di Chandler, sono meglio di quelli di Dashiell Hammett, ve l’assicuro.
A CHANDLERLAND, però – malgrado il caos, i doppi giochi e il sangue a terra – c’è sempre almeno un personaggio che si attiene a un codice di comportamento e che lavorerà tanto per scoprire la verità. Quel personaggio è il detective. Un codice di comportamento, l’integrità, un interesse per la verità, questi non sono valori da tutti. Sono, a pensarci bene, valori da scrittore. Il codice di comportamento è lo stile, il duro lavoro per scoprire la verità è la trama. In quel senso tutti gli scrittori sono detective. Siamo tutti investigatori, che seguono le tracce sulla pista del racconto. Quindi grazie, Raymond Chandler. Hai catturato la mia attenzione e mi hai insegnato molto sullo stile e la pioggia. Sulla notte. E sui mobili. Ed è un grandissimo onore ricevere questo premio in tuo nome.
Traduzione di Stella Boschetti