Guerra su Consob: il Pd vuole lasciare la vice-Vegas amica
Strategie Il leader dem vuole impedire la nomina del successore di Vegas: la carica andrebbe, per mesi, alla “renziana” Genovese
■ Il leader del Pd prova a bloccare la nomina di un nuovo presidente. Così sarà reggente Anna Genovese, vicina al potere renziano
Doveva succedere ed è successo: la poltrona di presidente dell’Autorità di controllo sulla Borsa, che Giuseppe Vegas lascerà libera il 15 dicembre, ha acceso lo scontro esplicito tra Paolo Gentiloni e Matteo Renzi facendo slittare la nomina. La Consob è centrale per molti motivi in questa fase, alcuni direttamente politici: se Paolo Gentiloni è orientato a indicare il successore entro l’anno facendo esprimere il parere (non vincolante) sulla nomina alle commissioni Finanze prima dello scioglimento o, in subordine, con una seduta ad hoc anche dopo; il segretario del Pd spinge invece perché non sia l’attuale esecutivo, ancorché guidato dal suo partito, a scegliere il numero 1 dell’Autorità o, in ogni caso, a fare in modo che il/la prescelto/a non entri in carica fino a dopo le elezioni e l’esame delle commissioni Finanze di Camera e Senato della XVIII legislatura, vale a dire almeno nella primavera inoltrata del 2018. Perché questa scelta di Renzi apparentemente contraddittoria? Ha a che fare con la struttura attuale della Consob.
LA COMMISSIONE di controllo sulla Borsa dovrebbe avere al suo vertice cinque membri: un presidente e quattro commissari. Al momento, oltre al quasi scaduto Vegas, i commissari sono solo tre, tutti peraltro nominati dall’esecutivo Renzi: la giurista Anna Genovese, l’ex Assonime (cioè l’associazione delle imprese quotate) Carmine Di Noia e il magistrato Giuseppe Berruti. Nel momento in cui non ci fosse più il presidente, le deleghe ad interim – come già accadde all’addio di Lamberto Cardia – vanno al con- sigliere con più anzianità di nomina. Nel nostro caso, sarebbe Anna Genovese, esperta di diritto commerciale, allieva dell’avvocato fiorentino Umberto Tombari, presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Firenze nel cui board siede anche Marco Car- rai, il cui studio è una sorta di culla del cosiddetto “Giglio Magico”: oltre alla commissaria Consob, ha tenuto a battesimo pure Maria Elena Boschi, il tesoriere dem Francesco Bonifazi e l’at tua le consigliere di Ferrovie Federico Lovadina. Secondo fonti renzia- ne che conoscono il dossier, “il capo”– la cui sindrome dell’assedio non accenna a diminuire dalla sconfitta referendaria – si sentirebbe “più garantito” con la professoressa Genovese ai vertici di Consob, tanto più che almeno nella prima fase del suo mandato i suoi contatti col Palazzo Chigi su cui regnavano Renzi e Boschi – come ha scritto sul Fatto Gianni Barbacetto a novembre del 2015 – erano abbastanza frequenti.
Per come ha funzionato Consob nell’ultimo periodo, peraltro, il ruolo di Genovese rischia di essere centrale almeno quanto lo fu quello di Vegas: in sostanza il suo voto si troverebbe a essere spesso decisivo in un consiglio di tre persone, anche e soprattutto in caso di astensione di uno dei due colleghi.
E ora conviene chiedersi perché Renzi dovrebbe essere preoccupato per l’Autorità di controllo sulla Borsa? Anche questo ha a che fare con l’Armageddon bancario a cui assistiamo da settimane. Il primo fronte di guerra sulle banche (col decreto di riforma delle Popolari) il leader Pd dovette aprirlo proprio contro la Consob di Giuseppe Vegas che tirò in ballo prima il finanziere renziano Davide Serra e poi Carlo De Benedetti (sostanzialmente un fuoco di paglia, secondo la Procura di Roma che si occupò della cosa). Sempre Consob a giugno ha comminato multe per 2,7 milioni di euro ai vecchi vertici di Banca Etruria (120mila euro anche per Pier Luigi Boschi, padre dell’ex ministra ed ex vicepresidente dell’istituto) con l’accusa, in particolare, di non aver informato correttamente i risparmiatori dei rischi che correvano investendo in Etruria: il “falso in prospetto” è anche uno dei reati penali contestati a Boschi padre dalla Procura di Arezzo.
PIÙ RECENTEMENTE però, con Vegas impegnato a inventarsi un futuro fuori da Consob e poco desideroso di scontrarsi con chicchessia, è stato il direttore generale dell’Autorità Angelo Apponi a mettere in imbarazzo Banca d’Italia consentendo ai renziani di mettere in croce il governatore Ignazio Visco e i suoi collaboratori. A breve, peraltro, la Commissione dovrà pronunciarsi anche sui ricorsi fatti, tra gli altri, dagli ex vertici di Etruria contro le multe: sostengono di essersi sempre comportati correttamente. Probabilmente sulla sanzione ci sarà poco da fare, ma la descrizione dei comportamenti degli ex membri del cda potrebbe avere conseguenze anche sull’inchiesta penale: un conto è aver scientemente operato per nascondere informazioni, per esempio, un altro non aver vigilato abbastanza sul comportamento di qualche manager infedele. Il voto s’avvicina, ogni particolare può essere importante.
Poltrona centrale L’Autorità è un nodo nevralgico dello scontro sul credito. Il risiko delle multe agli ex Etruria