No voti, no seggio: Angelino divorzia dalle care poltrone
Ministro dal 2008, ora non si ricandida. I suoi di Ap: ”Sei un problema per tutti, sia per Renzi che per Silvio”
trosinistra faccia le primarie, poi vediamo chi le vince” (9 giugno). Poi ha accettato un’alleanza col Pd che avrebbe compreso Alfano senza con- templare le primarie: “Giuliano Pisapia e Piero Fassino hanno avviato un percorso politico e programmatico per una nuova stagione del centrosinistra, l’incontro è stato positivo”(18 novembre). La somma di queste contraddizioni ha portato il suo Campo Progressista all’implosione, e Pisapia a farsi da parte. Sempre che non cambi ancora idea.
Al Nazareno non si strappano i capelli: “Con il Pd ci sarà una lista di sinistra con ex Sel come Massimo Zedda, Massimo Smeriglio, Luciano Uras, Michele Ragosta e Dario Stefano”. Col dovuto rispetto: non proprio pezzi da novanta. siasi governo di larghe intese. Altri non erano della stessa idea…”, osserva Chiara Geloni, ex portavoce di Bersani e autrice di un libro – Giorni bugiardi – che ripercorre le tappe anche di quella vicenda. Come fa pure il volume di Sandra Zampa I tre giorni che sconvolsero il Pd. E favorevole a un governo di larghe intese
Non ora, non quid. Il politico senza quid – Silvio Berlusconi dixit – l’uomo con la poltrona incorporata o viceversa, la poltrona con l’uomo incorporato, ha annunciato che dal prossimo 5 marzo, sempre che si voti il 4, non sarà più ministro né parlamentare. E così sulla lapide della Storia repubblicana, con la maiuscola, sarà scritto: “Angelino Alfano, nato berlusconiano e morto renziano”. Morto politicamente, ovviamente. Un evento epocale che fa tornare di moda finanche il sonnolento salottino di Bruno Vespa, Porta a Porta. È lì infatti che uno degli ultimi, magnifici epigoni dell’italico trasformismo ha alzato bandiera bianca, non quella democristiana. No. Proprio quella della resa.
DA LEGGERE per intero e ritagliare (non si sa mai in futuro): “Ho scelto di non ricandidarmi in Parlamento perché ritengo che servano dei gesti per dimostrare che tutto quello che ho fatto è stato dettato da una responsabilità nei confronti dell’Italia. Dal 5 di marzo, se si voterà il 4, non sarò né ministro né deputato”.
Il buon Alfano, un quasi cinquantenne di genìa democristiana e agrigentina, ha pure specificato un dettaglio non secondario: “Ho informato già la mia famiglia”. Un dolore nel dolore. Perché Alfano ha avuto sì responsabilità nei confronti dell’Italia ma anche e soprattutto verso di col centrodestra era Massimo D’Alema. Il mondo dalemiano mantiene infatti la golden share del siluramento di Prodi. Che il lider Massimo fosse contrario l’ha dichiarato anche il Professore: fu dopo una telefonata con D’Alema che l’ex premier, che stava in Mali, disse alla moglie Flavia di disfare la valigia per Roma. “Il tuo nome è inappuntabile, ma è il modo in cui ci si è arrivati a essere discutibile…”, disse Baffino al Professore.
TRE I MOTIVI: innanzitutto D’Alema sperava ancora di essere in corsa per il Colle e Prodi rappresentava un ostacolo; in secondo luogo i dalemiani non gradirono la candidatura per acclamazione al Capranica, ma avrebbero preferito delle “primarie tra i parlamentari”; infine, l’antico astio tra i due risalente al cambio della guardia a Palazzo Chigi nel 1998. Ma tra i colpevoli vanno annoverati anche gli ex popolari che vollero vendicare la caduta di Marini. Così col pallottoliere si arriva a circa 115 franchi tiratori pidini. Un po’di più rispetto ai 101 perché una decina di voti per Prodi arrivarono da Scelta civica. loro, i suoi familiari. Il fratellino Alessandro, assunto alle Poste senza colloquio e con uno stipendio d’oro da 200 mila euro annui. Il papà Angelo che mandò 80 curricula ai famigerati fratelli Pizza. La moglie Tiziana Miceli, avvocato e destinataria di consulenze. Per non parlare della sfarzosa residenza romana, in affitto dai Ligresti, nella via più esclusiva dei Parioli, bonificata per l’occasione e sorvegliata a vista dalle forze dell’ordine.
E ora?
È UN DECENNIO, ormai, che Angelino Alfano è incollato a una poltrona. Esordì nel 2008 da ministro della Giustizia ad personam dell’ultimo governo Berlusconi. Quando l’ex Cavaliere si dimise nell’autunno del 2011 toccò proprio ad “Angelino”, ennesimo delfino investito da B. ma senza il necessario quid, gestire da segretario politico del Pdl la fase politica del governo tecnico di Mario Monti. Era l’epoca dei vertici segreti ABC: Alfano Bersani Casini, senza virgole. Il ritorno al governo fu con le larghe intese di Enrico Letta su mandato di Giorgio Napolitano. Pd e Forza Italia insieme e Alfano capodelegazione: vicepremier e ministro dell’Interno. La condanna definitiva di Berlusconi per frode fiscale, nell’estate del 2013, smascherò la vocazione poltronista di Alfano e nacquero gli alfanoidi di Ncd, nientemeno che il Nuovo Centrodestra. “Angelino” e altri ex forzisti rimasero al governo e ci rimasero pure dopo che l’esecutivo di Letta fu accoltellato da Matteo Renzi. Un rapporto solido quello tra il Pd e gli ex azzurri traditori, al punto che Alfano venne salvato, sempre nell’estate del 2013, da una mozione di sfiducia sul caso Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako rapita a Roma con la figlioletta. La riconferma nell’ultima giostra delle consultazioni, quelle per il governo Gentiloni, gli è costata il trasloco agli Esteri.
GIULIANO PISAPIA
Chi combatte rischia di perdere, chi non combatte ha già perso Abbiamo combattuto ma le nostre speranze ora sono diventate irragionevoli illusioni Non mi ricandido per dimostrare che quello che ho fatto è stato dettato da una responsabilità nei confronti dell’Italia
OGGI 7 DICEMBRE 2017 cade il quarto anniversario della fastosa convention di Ncd nella Capitale. Da one man show, Alfano si presentò come il capo del centrodestra del futuro. Con lui c’erano Schifani, Quagliariello, De Girolamo, Lorenzin. Quattro anni dopo il mesto addio. Ncd poi Ap è un partito senza voti, tante poltrone e moltissimi inquisiti. Ma la pacchia sta per finire e in queste ore, dentro Ap, glielo hanno detto chiaramente ad Alfano: “Angelino sei un problema, sia per chi rimane con Renzi, sia per chi intende tornare da Berlusconi. Nessuno ti vuole”.