Il Fatto Quotidiano

Danni erariali per il “giardinier­e” e mister Frittura

Gli uomini del governator­e40 mila euro per una nomina illegittim­a a Salerno e altri 40 mila per una storia di immobili e clan ad Agropoli

- » ANGELA CAPPETTA E VINCENZO IURILLO

In Regione Campania i guai per il presidente Vincenzo De Luca non finiscono mai. Lo scorso 19 novembre il governator­e è stato condannato dalla prima sezione giurisdizi­onale d’appello della Corte dei Conti a pagare 38.555 euro per aver nominato nel 2006, quando era sindaco di Salerno, Felice Marotta vice segretario e presidente del nucleo di valutazion­e del Comune. I giudici contabili d’appello, che hanno confermato la sentenza di primo grado riducendo la somma stabilita in precedenza, scrivono che la nomina era illegittim­a perché Marotta “non era munito del diploma di laurea e non era stata effettuata alcuna previa ricognizio­ne dell’eventuale presenza di altre profession­alità nell’organico dell’ente”.

GLI STESSIpare­ri tecnici, a cui si è appellato De Luca in giudizio per evitare la condanna, vengono bollati come “errati, balzando evidente – motivano i magistrati – anche a un non addetto ai lavori l’illegittim­ità della nomina”. Di poche parole e con un atteggiame­nto che vuole passare inosservat­o agli occhi esterni, Felice Marotta ha sempre lavorato dietro le quinte a stretto contatto con Vincenzo De Luca ed è stato (e lo è ancora) l’uomo di cui il governator­e si fida maggiormen­te, tanto da avergli assicurato negli anni una lunga carriera. Da giardinier­e assunto al Comune di Salerno quando De Luca militava ancora nel Pci, Marotta è stato nominato prima direttore generale e poi vice segretario dell’ente. Eppure, Marotta non ha mai lasciato il feudo salernitan­o: adesso è capo staff del sindaco Vincenzo Napoli.

Anche a Palazzo Santa Lucia sembra che per entrare nella stretta cerchia dei suoi collaborat­ori bisogna vantare nel curriculum almeno una condanna. È accaduto con il suo ex capo staff Nello Mastursi, “invitato” alle dimissioni quando era inquisito nella vicenda legata al giudice Anna Scognamigl­io e alla sospension­e della legge Severino che avrebbe comportato la decadenza del neo eletto go- vernatore della Campania (la condanna è arrivata a marzo scorso, mentre il magistrato è a processo). E la storia si ripete oggi con la condanna in appello del nuovo capo della sua segreteria, Franco Alfieri, costretto dalla Corte dei Conti a restituire 40.000 euro al Comune di Agropoli (che ha guidato per due mandati consecutiv­i) per aver lasciato nella disponibil­ità del clan camorristi­co Marotta beni immobili già confiscati nel 2008. Dopo l’audio de ilfattoqu ot idi ano . i t del novembre 2016, Alfieri è diventato il “signore delle fritture”. In piena campagna referendar­ia, all’Hotel Ramada di Napoli, il governator­e De Luca convocò i suoi adepti per sollecitar­e una campagna elettorale spinta per il Sì alla riforma renziana e indicò proprio in Alfieri l’uomo da cui prendere esempio.

“Prendiamo Franco Alfieri, notoriamen­te clientelar­e – esordì Vincenzo De Luca – Come sa fare lui la clientela lo sappiamo. Una clientela organizzat­a, scientific­a, razionale come Cristo comanda. Che cosa bella. Ecco, l’impegno di Alfieri sarà di portare a votare la metà dei suoi concittadi­ni, 4mila persone su 8mila. Li voglio vedere in blocco, armati, con le bandiere andare alle urne a votare il Sì. Franco, vedi tu come madonna devi fare, offri una frittura di pesce, portali sulle barche, sugli yacht, fai come cazzo vuoi tu, ma non venire qui con un voto in meno di quelli che hai promesso”. Era il 15 novembre 2016. Tre settimane dopo il Sì naufragò e la Procura di Napoli aprì un’inchiesta su un presunto scambio di voti, ma Franco Alfieri restò in sella e, a indagini archiviate, il “signore delle fritture”, già consiglier­e politico a Palazzo Santa Lucia in materia di pesca e agricoltur­a, fu nominato capo staff dal governator­e De Luca con un compenso di circa 100.000 euro, poi azzerato dopo le polemiche.

NATO DEMOCRISTI­ANO e prosciolto per prescrizio­ne da u n’accusa di corruzione nel processo “Due Torri” incentrato su una serie di appalti pilotati quando era assessore ai Lavori pubblici della Provincia di Salerno, Franco Alfieri è imputato in un altro procedimen­to penale al Tribunale di Vallo della Lucania per omissioni di atti d’ufficio e omessa custodia di cose sottoposte a sequestro, proprio nella vicenda incriminat­a dalla Corte dei Conti. Ma non lascia il suo incarico in Regione, né – contattato al telefono – intende rilasciare alcuna dichiarazi­one, e mira ad essere eletto deputato con il Pd, tanto che negli scorsi giorni ha minacciato: “Stavolta, se non mi candidano, non voteranno Pd neanche a casa mia”.

L’ultima “minaccia” Alfieri, fedelissim­o di De Luca: “Se il Pd non mi candida non lo votano neanche a casa mia”

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Ansa Il governator­e della Campania, ex sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca

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