Addio Johnny canaglia del rock&roll francese
Dicembre 1959, Radio Paris-Cocktail. Si presenta un giovanotto alto e bello, indossa un giubbotto di cuoio, ha occhi da tartaro così azzurri che ci si perde dentro. E una voce possente. Si chiama Jean-Philippe Smet, ha 16 anni e mezzo, canta con lo pseudonimo di Johnny Hallyday. Madre francese. Padre belga. Famiglia di artisti fin dal ’700. È un fan di Elvis Presley. Il repertorio è rock-and-roll. Ha un dono, però: quando canta è travolgente. Pochi mesi dopo va in tv. Diventa una star. Scoppia la Hallydaymania.
LUI INCARNA un rock maschio, fa stragi di cuori, si sposa nel 1965 con la bellissima Sylvie Vartan. Una sua hit – la versione francese della celebre House of the Rising Sun degli Animals, intitolata Le Pénitencier– diventa la colonna sonora delle estati bollenti di Saint-Tropez.
Dicembre 2017. Sono trascorsi 58 anni. Marne-la-Coquette, lussuoso sobborgo parigino immerso nei boschi, notte tra martedì e mercoledì 6 dicembre. Da Villa Savannah, dimora di Hallyday, poco prima delle tre di notte viene inviato alla France Pressun messaggio. Lo firma Laeticia, la moglie: “Johnny Halliday è partito. Scrivo queste parole senza crederci. E però è proprio così. Il mio uomo non c’è più. Ci lascia questa notte così come ha vissuto tutta la sua vita, con coraggio e dignità. Amore mio, ti amo tanto”. La Francia è sgomenta.
Era nato il 15 giugno 1943, aveva 74 anni: combatteva tenacemente l’implacabile avanzata anagrafica, ricorrendo talvolta a qualche intervento estetico. Ma col cancro, la battaglia era più difficile, complessa. Lui l’ha vissuta come una sconfitta. Una vergogna da tener nascosta il più possibile. Voleva fronteggiare il nemico con le sue forze, nello stesso modo in cui aveva saputo fronteggiare l’evolversi delle tendenze musicali: traghettandosi con talento e generosità dal rock al blues, al pop, alla chanson française, l’entusiasmo da eterno giovane.
Domenica scorsa era stato ricoverato per l’improvviso aggravarsi del tumore ai polmoni, faticava a respirare. Da più di un anno si era sottoposto a un trattamento anti-cancro. Ma aveva sempre fatto di tutto per tenerlo segreto. Un paio di volte era stato dato in fin di vita. Johnny rifiutava la sentenza ineluttabile della malattia. Poi, a marzo, fu costretto ad ammettere il male oscuro: “Sto male. Ma non smetto di fare ciò che ho sempre fatto: cantare, suonare, preparare tour”. L’estate del 2017 lo vede in giro con le Vieilles Canailles, le Vecchie Canaglie del rock francese, i suoi grandi amici Jacques Dutronc e Eddy Mitchell. A settembre annuncia un nuovo album e una nuova tournée nel 2018.
Si aggrappava alla sua volontà di vecchio irriducibile guerriero del rock: 3.257 concerti, 184 tournée in 40 Paesi, 110 milioni di dischi venduti, un repertorio di 995 canzoni, 542 duetti. Bravo pure come attore, in 40 film. Trentasei sue canzoni sono state in testa alle classifiche, 122 nella top ten. Ed è stato “politico”, malgrado lui. Nel 2007 aveva appoggiato Sarkozy.
Durante la sua lunghissima carriera aveva espresso qualche parere discutibile, c’era chi lo dava vicino alla Le Pen, e chi invece lo considerava un anarchico: “Ho detto troppe cazzate in passato, si sono ritorte contro di me”, dichiarò due anni fa a Paris-Match – rinnego ciò che ho detto spesso per goffaggine. Sono un musicista che non è attrezzato per parlare di politica. Non si chiede ai politici di salire sul palco e cantare...”.
Ora, c’è tutta una vastissima Francia popolare, profonda e nostalgica – dei favolosi anni di cuoio dei motards Anni 60 e Harley-Davidson, la moto cult di Hallyday ( come di Elvis Presley e Bruce Springsteen) – che lo rimpiange e che si è sempre identificata con le nôtre Johnny. Incarnava il sogno di libertà e il successo della gente senza potere. È morto uno dei “nostri grandi eroi”, ha opportunamente dichiarato il presi- dente Macron, interpretando il dolore collettivo e quel senso di disfatta che si ha quando muore qualcuno che vorresti rimanesse vivo per sempre.
AL DE GAULLE della musica francese ieri l’Assemblea Nazionale ha decretato una standing ovation. Il primo ministro Philippe ha detto: “Sono nato nel 1970, molto dopo che Johnny avesse cominciato a cantare. E tuttavia, nella mia vita, e probabilmente in tutta la nostra, e tutta la vostra, abbiamo ascoltato e visto questo artista eccezionale che ha saputo sedurre, conquistare nuovi pubblici, rinnovarsi e investire in campi molto vari: canzone, cinema, teatro”. Mentra parlava, cambiavano il nome alla stazione Duroc della linea 10 del metrò di Parigi. Da ieri si chiama Durock Johnny. Forever.