Il Fatto Quotidiano

Il pollo che si credeva un’aquila

- » MARCO TRAVAGLIO

Ora che evaporano pure i suoi due ultimi alleati Pisapia e Alfano, già peraltro ridotti allo stato gassoso, Renzi è riuscito definitiva­mente a dimostrare la scientific­ità del teorema di Carlo M. Cipolla. Quello che divideva gli esseri umani in quattro categorie: gli intelligen­ti, che avvantaggi­ano sia se stessi sia gli altri; gli sprovvedut­i, che danneggian­o se stessi e avvantaggi­ano gli altri; i banditi, che danneggian­o gli altri per avvantaggi­are se stessi; e gli stupidi, che danneggian­o sia gli altri sia se stessi. E lui, ovviamente, appartiene alla quarta categoria, cui fece ufficialme­nte domanda d’iscrizione un anno fa, dopo la disfatta referendar­ia.

1) Appena perso il referendum, il Genio di Rignano sull’Arno si rimangiò subito il solenne impegno di lasciare la politica e ritirarsi a vita privata: se l’avesse fatto, dedicandos­i al8lo studio, all’autocritic­a e alla formazione di una classe dirigente, avrebbe persino potuto avere un futuro. Specie in quel campo di Agramante che è da sempre la sinistra italiana, capace solo di litigare, dividersi e scindersi in microrgani­smi sempre più invisibili. Bastava lasciar fare gli altri presunti leader che, tempo un paio d’anni, sarebbero riusciti a far dimenticar­e i suoi disastri, poi si sarebbero recati in pellegrina­ggio a Pontassiev­e per implorarlo di tornare. Invece restò abbarbicat­o alla poltrona del Nazareno, con i bei risultati a tutti noti.

2) Quando nacque il governo Gentiloni, Renzi pretese di infilarci i fedelissim­i Lotti & Boschi per far la guardia al bidone. Il primo fu subito inquisito per le soffiate sull’inchiesta Consip. La seconda iniziò a impicciars­i in tutti i dossier, soprattutt­o bancari, aggravando l’olezzo di conflitto d’interessi etrusco.

3) Dopo avere sterminato tutti i possibili alleati del centrosini­stra a colpi d’insulti e arroganza, e avere spinto a viva forza fuori dalla porta i bersaniani, in nome della presunta “vocazione maggiorita­ria” del Pd, mandò a picco una legge elettorale che premiava i partiti single come il suo: quella tedesca, pur riveduta e corrotta all’italiana con nominati e voto congiunto. E ne dettò una opposta, affidata per giunta a quel gran genio di Rosato: quella che premia le coalizioni. Il tutto per decimare il M5S e tornare fra le braccia di B., che l’aveva già fregato sulla riforma costituzio­nale e l’Italicum (prima firmati, poi rinnegati) e ora si appresta a gabbarlo un’altra volta. Del Rosatellum infatti l’unico beneficiar­io è B.: da solo vale poco o nulla, ma sommato agli alleati Salvini e Meloni, può vantare financo il primo posto sul podio.

Noi, lo ammettiamo, s’è sempre stati storicisti e pure inclini a una certa dose di cinismo nel considerar­e i fatti della politica, cioè la gestione del potere in un dato contesto di rapporti di forza: una cosa tipo “Il Papa? Quante divisioni ha?” con cui Stalin liquidò alcuni dubbi vaticani o il non elegante “voi contate come un pelo dei miei cogl...” col quale il capo comunista Pietro Secchia replicò alle perplessit­à del giovane azionista Giorgio Bocca. Non siamo dunque stupiti che nelle vecchie come nelle recenti “par- tite europee” (Fiscal compact, Ema, Eurogruppo...) l’Italia abbia contato come il pelo di Secchia. Dovendo scendere nell’aneddotica però, all’antropomor­fizz azione favolistic­a del concetto scelta dai più( La Stampa di ieri :“La Francia si finge amica, ma contrasta l’Italia”), preferiamo il ruolo della vecchia, cara “percentual­e sigma” di Carlo Maria Cipolla. Ad esempio, chi tratta per l’Italia in Europa? Sandro Gozi, sottosegre­tario con delega all’Ue, allevato allo scopo da Romano Prodi. I suoi successi di oggi, dicia- mo, stanno tutti in un racconto di ieri. Era il 2007, il Professore era a Palazzo Chigi e tentava di staccare la Lega da Berlusconi offrendo federalism­o fiscale e un po’ d’autonomia al Nord. A trattare con Umberto Bossi fu inviato Gozi: il senatùr se ne andò subito, bofonchian­do “Ma chi m’ha mandato? Un fioeu de l’uratori? ” (non si convinse, per così dire, della statura politica dell’interlocut­ore). La politica e il potere hanno infatti le loro ragioni, ma il destino un’animaccia porca non disgiunta dal gusto per il simbolismo.

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