L’azzardo di Trump: “Una mano alla pace”
GERUSALEMME Capitale di Israele
Il dado sarebbe dunque tratto. Trump ha osato quello che dal 1995 i suoi predecessori non avevano fatto: dare seguito alla legge varata 22 anni fa dal Congresso americano che ordina di spostare l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme.
Da Bill Clinton passando per George W. Bush fino a Obama, nessun inquilino della Casa Bianca aveva emanato un ordine esecutivo.
Lo status di Gerusalemme è da sempre infatti il nodo gordiano del conflitto israelo- palestinese- arabo. perché si tratta di una questione non solo territoriale ma religiosa, trovandosi concentrati nella zona orientale della Città Santa i principali luoghi di culto dell'ebraismo, del cristianesimo e dell'Islam, all'interno cioè della cosiddetta Città Vecchia.
“IL MIO PENSIERO va ora a Gerusalemme – ha detto Papa Francesco – non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti Risoluzioni delle Nazioni Unite”
Molti analisti sostengono che proprio il trionfo della Russia, alleata dell'Iran in Medio Oriente ma anche potenza con buoni rapporti nell'establishment israeliano e i problemi scatenati dal Russiagate siano i motivi per cui Trump ha fatto la sua mossa. The Donald starebbe insomma usando la pericolosa carta di Gerusalemme per sviare l'attenzione dell'opinione pubblica americana dalle sue pericolose relazioni con Putin; per tentare di cancellare lo smacco della “russificazione” in atto nell'area del Medio Oriente; per prendersi la rivincita sull'Iran e i libanesi di Hezbollah nemici suoi, dell'Arabia Saudita e di Israele. Ma soprattutto per accondiscendere al volere dell'Aipac, la più potente lobby conservatrice ebreo americana, a cui appartiene la famiglia di Jared Kushner, il genero ortodosso nonché consigliere senior di Trump per il Medio Oriente. L'Aipac, fondamentale lo scorso anno per convincere i big delle merchant bank e di Wall Street a dare il voto a Trump e oggi a sostenerne la riforma fiscale, è costituita da molti ebrei che vogliono tutta Gerusalemme, compresa cioè la parte orientale, capitale d'Israele. Secondo le risoluzioni dell'Onu invece Gerusalemme Est è destinata a diventare la futura capitale di un eventuale stato palestinese a tutti gli effetti.
DALL'AIPAC inoltre partono buona parte dei finanziamenti alle fondazioni non profit per la creazione e l'allargamento delle colonie ebraiche nei Territori palestinesi occupati, che secondo la Quarta Convenzione di Ginevra comprendono anche Gerusalemme Est.
“Gerusalemme appartiene tutta al popolo ebraico da più di tremila anni e quindi deve essere la capitale di Israele nella sua interezza. Finalmente c'è a capo dell'unica superpotenza mondiale un uomo che ci permetterà di ottenere giustizia. Anche se saremo ulteriormente isolati dai vicini arabi, turchi e libanesi, non è un problema lo siamo già del resto. Per fortuna in Arabia Saudita ora c'è un ministro della Difesa e principe ereditario un uomo che appoggia questa decisione di Trump anche se non lo può affermare ufficialmente”, dice Daniel Luria, fonda- tore della associazione no profit Ateret Cohanim, finanziata in parte dall'Aipac; non si definisce un colono proprio perché ritiene Gerusalemme Est capitale di Israele anche formalmente dal 1950. Questa non profit ebraica è stata creata proprio con l'intento di portare quanti più ebrei possibile nella zona orientale di Gerusalemme e di aiutarli a impossessarsi delle case date ai profughi palestinesi del '48 dall'Onu. “Non ci importa se scoppierà la Terza Intifada, siamo abituati a subire la violenza del mondo non solo dei musulmani. Gerusalemme, la Giudea e la Samaria appartengono a noi”, conclude Luria. E ora lo dicono anche i palestinesi: “La questione dei due Stati è ormai morta per colpa di Trump e Netanyahu. Combatteremo per riprenderci tutta la Palestina”.