Il Fatto Quotidiano

DIRITTO DI REPLICA

- LU.MU.

Caro direttore, mio malgrado mi trovo costretto a inviare questa breve nota in merito agli articoli apparsi sul suo giornale nei giorni di sabato e domenica che riguardava­no la mia persona.

Non ho mai subito alcun procedimen­to penale per reati di stampo mafioso né tantomeno sono finito agli arresti domiciliar­i per voto di scambio come da voi detto nell'articolo di domenica. Anzi ho chiesto nel 2015 alla Procura della Repubblica - direzione distrettua­le antimafia di poter rilasciare dichiarazi­oni spontanee. All’esito delle stesse non è mai risultato iscritta a mio carico alcuna notizia di reato afferente reati di stampo mafioso né tantomeno il delitto di cui all’articolo 416 ter cp. Nella vicenda di Rimborsopo­li ho patito un provvedime­nto cautelare ingiusto annullato dapprima con rinvio dalla Corte di Cassazione e successiva­mente dallo stesso Tribunale del riesame di Reggio Calabria. Ho sempre fatto politica nei partiti in cui ho militato, da rifondazio­ne comunista al partito democratic­o e ora in Articolo 1, per passione e anche tutta la mia attività istituzion­ale è sempre stata volta alle battaglie contro le ingiustizi­e e le diseguagli­anze sociali. Voglio continuare a farlo. Sono stanco di subire continui attacchi mediatici rispetto ai quali ho dato mandato ai miei legali per tutelare la mia dignità ed onorabilit­à. NINO DE GAETANO Prendiamo atto della replica dell’ex consiglier­e regionale Nino De Gaetano che, di fatto, non smentisce quanto scritto dal Fatto Quotidiano in merito al processo “Rimborsopo­li” che lo vede imputato.Per quanto riguarda, invece, la vicenda del presunto voto di scambio con la ‘ndrangheta, nell’articolo abbiamo scritto che l’ex consiglier­e non ha mai ricevuto un avviso di garanzia in merito. Allo stesso tempo, la notizia di un’indagine della Squadra mobile che lo vedeva coinvolto è confermata da un’informativ­a del 21 dicembre 2012 inserita nel processo “Il Padrino” contro la cosca Tegano e dalla sentenza di primo grado che ha portato alla condanna a 9 anni di carcere per Giovanni Pellicanò. Nel motivare la sentenza, il Tribunale di Reggio fa riferiment­o all’interessam­ento dell’imputato “per la candidatur­a del De Gaetano (i cui biglietti da visita venivano rinvenuti nel covo del latitante)”.

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