Il Fatto Quotidiano

Boschi in lista lontano da Arezzo Intanto alla Scala entra dal retro

I “senza voti” vicini al Giglio Magico non correranno a casa loro

- » MARCO FRANCHI

■Per la Prima al teatro milanese la sottosegre­taria non fa passerella. Per lei è pronto un seggio a Ercolano (Na). In trasferta saranno candidati anche il tesoriere Bonifazi (in Piemonte) e Piero Fassino che andrà a combattere un seggio in Emilia Romagna

Tutte le difficoltà in cui si dibatte il Pd in questa fase nascono da una bizzarra scelta di fondo: distrugger­e la propria coalizione e contempora­neamente proporre una legge elettorale in cui un terzo dei seggi vengono assegnati da collegi uninominal­i (in cui servono le coalizioni). Accortisi della stranezza, i democratic­i stanno tentando di costruirsi in fretta qualche alleato, ma la faccenda è complicata: Giuliano Pisapia ha mollato per l’eccessiva inconsiste­nza del suo stesso progetto (fare il lato sinistro di Renzi mentre c’è una scissione a sinistra); Alfano e i centristi non hanno voti e in sostanza non esistono più. Ora verranno partorite due liste raccogliti­cce: una centrista (cioè all’ingrosso democristi­ana), una “laica” coi rimasugli dei rimasugli. Ci saranno ex sindaci arancione, qualche verde, qualche vendoliano, qualche socialista e, visto che nella manovra è stata inserita la norma ad hoc sulle firme, anche i Radicali italiani di Emma Bonino & C (sarebbe la lista “+Europa”).

IERI SERA una delegazion­e dei “piùeuropei­sti” – composta dal sottosegre­tario Benedetto Della Vedova e dal segretario dei Radiali Riccardo Magi – è stata pure ricevuta da Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi: il tema dell’incontro era proprio quello delle troppe firme da raccoglier­e (oggi 750 in ognuno dei 63 collegi plurinomin­ali in cui si vuole presentare una lista). “Abbiamo ribadito al presidente del Consiglio la questione di ren- dere praticabil­e un campo che oggi è impraticab­ile, quello della partecipaz­ione alle elezioni”, ha dichiarato alla fine Della Vedova. Quanto all’accordo col Pd, “al momento non è in programma alcun incontro: La condizione per ogni decisione è che il campo delle elezioni sia praticabil­e”. In sostanza, prima vedere cammello.

E il cammello, per così dire, è in arrivo. Ieri i democratic­i hanno presentato un emendament­o a prima firma Alan Ferrari che fa scendere le firme da raccoglier­e per singolo collegio a 375, obiettivo abbordabil­e e che soddisfa la costituend­a lista radicale più altri sparsi. Sempre Della Vedova: “C’è stata una iniziativa del Parlamento in questo senso. La via maestra è quella, vediamo cosa accade nei prossimi passaggi”. Comunque prima vedere cammello.

PURE CON QUESTA “Rosa nel pugno 2.0” da una parte e i democristi­ani che metterà insieme da Pier Ferdinando Casini dall’altra non proprio un’invincibil­e armata. Quel che pare pensare anche Romano Prodi, che ieri mattina a Roma ha lanciato due o tre granate in direzione Nazareno: “Non tutte le frittate finiscono col venir bene... Quella di Pisapia non è stata una defezione, perché non aveva deciso: ha studiato il campo e poi ha concluso che non era cosa”. Il Professore sembra guardare al futuro, ma forse non al 2018:

“Il processo va avanti. Si tenterà di nuovo perché è un processo importante ed utile al Paese. Pisapia ha esplorato e non ha trovato in se stesso o nel gruppo di riferiment­o motivazion­i per andare avanti. E questo mi dispiace”. E quindi? “Il problema – secondo Prodi – è che bisognereb­be ricomincia­re da capo. Io a suo tempo non ho inventato granché, ma c’era un disegno preciso di mettere insieme forze e contenuti. Mi criticaron­o per il programma di 400 pagine, ma quello di 140 caratteri non è molto più soddisface­nte. Un programma politico può anche essere di sei volumi. Ma con una coalizione ampia si deve scrivere. È realismo”. Parole che l’accenno a Twitter garantisco­no rivolte a Renzi: un progetto politico non si costruisce così.

LA BENEDIZION­E DI ROMANO PRODI

Non tutte le frittate vengono bene. Pisapia ha studiato il campo e poi concluso che non era cosa

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Ansa Il professore e la radicale Romano Prodi e, qui in basso, l’ex ministra Emma Bonino
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