Nel Pd nessuno vuole candidarsi nei collegi
Grane renziane Capetti e peones, tutti chiedono il paracadute in liste bloccate. E i fedelissimi vanno nascosti “in trasferta”
Maria
Elena Boschi ieri non ha mancato di presenziare alla Prima della Scala a Milano, ma è entrata dall’ingresso laterale. Un segnale, forse, di disagio o, chissà, almeno di pudore, da parte della Sottosegretaria che ancora una volta è diventata l’emblema dei problemi politici del Pd.
Federico Ghizzoni, ex Ad di Unicredit, sarà audito dalla Commissione banche il 20 dicembre. E nella migliore delle ipotesi, secondo i parlamentari dem, dirà quello che ha già detto: ovvero che la Sottosegretaria non gli chiese direttamente di comprare Banca Etruria, ma si interessò della sua situazione. Nonostante quanto dichiarato dall’allora ministro delle Riforme in Parlamento due anni fa. “Secondo me questa vicenda dev’essere chiarita in tutti i tribunali. Ha fatto bene la Boschi a dire ‘ci vediamo in Tribunale’. Chi ha sbagliato, in tutte le banche, deve pagare, indipendentemente dal cognome che porta”. Matteo Renzi ieri la metteva così. Ma la coda della legislatura non lascia presagire niente di buono e forse anche per questo il segretario Pd ha deciso di rimandare ogni decisione definitiva sulle candidature a dopo le feste, dal 10 gennaio in poi.
ANCHE SE CI SONO alcune certezze: la stessa Boschi e Francesco Bonifazi verranno candidati rispettivamente in Campania, a Ercolano e in Piemonte, nei listini bloccati e non nei collegi. Evidentemente in Toscana sono più un rischio che una risorsa. Si ragiona su un collegio sicuro in Emilia Romagna anche per Piero Fassino. Ma in realtà, per adesso, a essere stata stabilita di certo è la regola. I big di “prima fascia” avranno un collegio non sicuro, ma anche un paracadute in lista; i big di seconda fascia solo un collegio sicuro; gli altri saranno paracadutati in qualche lista bloccata.
Il ragionamento deriva in parte da quanto esplicitato di nuovo da Matteo Richetti ieri mattina (“Siamo in partita in ogni collegio”): scegliere per ogni collegio il candidato migliore nello stesso, puntando sul l’effetto trascinamento sul proporzionale. E poi, la- sciare tutta una serie di big a prendersi i voti, senza garanzie. Per adesso, a gestire la pratica c’è soprattutto Luca Lotti (che si candiderà a Firenze): sta conducendo una sorta di istruttoria. L’ultima parola sarà a Renzi.
NEL PD, però, la corsa è a evitarli i collegi il più possibile. Le previsioni sono fosche. E lo diventano sempre di più. L’a l tr oi er i in un solo giorno Renzi ha perso sia Angelino Alfano che Giuliano Pisapia. Al Nazareno è tutto un minimizzare: “In termini di voti, non portavano molto”. Ma quel che è chiaro è che ogni idea di coalizione “vera” è definitivamente fallita.
La linea ufficiale di Renzi è minimizzare: “Ho finito il viaggio: 107 province, fuori dal palazzo. Alla gente interessa l’occupazione, le tasse, cose serie, non alleanze e coalizioni”. Ma i conti che si fanno al Nazareno non sono allegri: “Il Pd può contare su un quarto dei voti”, ragionano i renziani. Tradotto, sarebbe il 25%. Ma il vero timore è che si arrivi sotto al 20. “Stiamo per fare il capolavoro di portare il Pd al 10-12%”, scherzava un deputato. Battuta che però è indicativa del clima. Nella difficoltà di mettere in campo una strategia diversa da quella seguita finora, Renzi spera in un aiuto per così dire indiretto: ovvero che alla fine Silvio Berlusconi e Matteo Salvini finiscano per non presentarsi insieme.
Fuori Regione Boschi correrà a Ercolano, Bonifazi va in Piemonte, che però regala Fassino all’Emilia