I due presidenti “perseguitati” e l’appello all’Unione europea: ascolta la Catalogna
Mas, Puigdemont e il corteo secessionista
Non
è inusuale che un atto della campagna elettorale veda la partecipazione congiunta del leader candidato al governo e di quello che lo ha preceduto nella carica. Meno comune, però, è che questo atto si svolga in un paese diverso da quello delle elezioni e che i due protagonisti siano perseguiti, seppure in grado differente, dalla giustizia del proprio Stato. È quanto accaduto a Bruxelles, nella conferenza promossa dalla lista Junts per Catalunya, con la presenza di Artur Mas e Carles Puigdemont per il voto del 21 dicembre in Catalogna.
Un presidente della regione autonoma che la giustizia ha inabilitato per avere organizzato la consultazione del 9 novembre 2014, mettendone sotto sequestro il patrimonio e un presidente di una regione che ha dichiarato l’indipendenza autoesiliato a Bruxelles per dimostrare che la giustizia spagnola non offre sufficienti garanzie di equità e fare appello all’Europa perché vigili sulla democrazia in Spagna.
Un’iniziativa alla vigilia della manifestazione che ha portato nella capitale europea circa 50 mila catalani, per chiedere la libertà dei leader indipendentisti che il Tribunal Supremodi Madrid ha lasciato in carcere, Junqueras, Forn e i Jordis, leader delle associazioni culturali che hanno promosso l’indi pendentismo.
“QUESTA È UNA CAMPAGNAin condizioni eccezionali – inizia Mas - perché siamo costretti a celebrare questo atto qui e non a casa nostra e perché ci sono capilista e leaders delle associazioni in prigione”. “C’è un progetto alternativo all’indipen- denza, ma non è la riforma costituzionale. Si chiama codice penale e usurpazione delle istituzioni catalane, se non avanziamo con l’indipendenza ci rimane l’articolo 155 ( sul commissariamento, ndr)”. Poi parla Puigdemont, soddisfatto del bagno di folla. Anche lui parla del concetto di normalità: “Lo Stato spagnolo si è visto obbligato a ritirare l’ordine internazionale di arresto perché hanno temuto che la normalità europea li facesse vergognare”. “Non ci perseguono per come ci chiamiamo, ma perché pensano che così facendo imprigionano le nostre istituzioni. Ma noi non ci arrendiamo”. Per finire con un’esortazione all’Ue. “La Catalogna è il miglior volto dell’Europa” e “vogliamo un’Europa di cittadini liberi, che ascolti i suoi cittadini oltre ad ascoltare gli Stati”.