Il vitalizio ereditario del condannato alla moglie (vedova)
Sentenza del “tribunale” della Camera per Sidoti
Per l’ex deputato condannato in via definitiva non c’è niente da fare: domanda respinta e addio al vitalizio. Ma per sua moglie no, il diritto alla reversibilità dell’appannaggio resiste, perché “nessuno può essere esposto alle conseguenze di fatti che non dipendono dalla propria volontà”. E poi, l’esclusione di un tale diritto per i familiari di un ex parlamentare “graverebbe pressoché esclusivamente sulle donne”.
COSÌ SCRIVE il Consiglio di giurisdizione della Camera, il tribunale interno di Montecitorio, nella sentenza depositata lo scorso 9 novembre con cui accoglie parzialmente il ricorso di Luigi Sidoti, 81 anni, di Mineo (Catania), deputato per Alleanza nazionale dal 1994 al 1996. Che però ha già presentato ricorso al Collegio d’appello, il secondo grado. Perché rivuole quel vitalizio da 2000 euro mensili. “Una miseria” come lo definì lo stesso Sidoti parlando con Repubblica nell’ottobre 2016, poche ore dopo aver appreso che l’ufficio di presidenza della Camera glielo aveva revocato dopo vent’anni. Già, perché nel frattempo Sidoti era stato condannato in via definitiva a due anni e sei mesi di reclusione per malversazione: ossia il reato commesso da chiunque, estraneo alla Pubblica amministrazione, abbia ottenuto fondi dallo Stato o da altro ente pubblico o “dalle comunità europee” per realizzare opere o iniziative di pubblico interesse ma non li abbia poi usati per quei fini.
Secondo le nuove norme varate da Montecitorio nel 2015, il vitalizio viene tolto a chi abbia riportato condanne definitive superiori a due anni per reati contro la Pubblica amministrazione (come la malversazione). Così nell’ottobre di un anno fa la Camera ha revocato l’appannaggio a Sidoti e ad altri cinque ex deputati condannati, tra cui Cesare Previti e Toni Negri. “Ho la sospensione della pena, la non menzione nel casel- lario, però sono senza vitalizio: che presa in giro” si lamentò sempre con Repubblica il deputato siciliano, per 25 anni consigliere comunale a Catania. Deciso a non arrendersi, tanto che nel novembre 2016 Sidoti ha presentato ricorso al Consiglio di giurisdizione, or- gano a tre presieduto dal deputato del Pd Alberto Losacco, che giudica assieme a Tancredi Turco (ex M5S, ora in Alternativa libera) e a Antonio Marotta, alfaniano di Alternativa popolare.
Nell’istanza, l’ex An faceva notare che la condanna era arrivata molto tempo dopo la cessazione del mandato parlamentare, lamentando così una presunta violazione del principio di irretroattività da parte della Camera. Ma dopo un iter di un anno il tribunale interno ha respinto l’istanza. Sostenendo che di irretroattività della norma non si poteva parlare, perché non dispone la restituzione delle somme già percepite. E perché incide “su rapporti per loro natura soggetti a modifiche connesse col fluire del tempo”.
Insomma, no a Sidoti. Ma non totale. Perché il Consiglio riconosce il diritto della moglie di subentrargli in futuro nel vitalizio. Anche se è non è previsto dalle regole, che parlano di reversibilità solo ai familiari dei deputati morti prima dell’entrata in vigore della delibera della Camera ( luglio 2015). Ma il tribunale decide che è ora di cambiare.
LA MOGLIE DI SIDOTI ha diritto a quei soldi, “perché se si ammettesse che la deprivazione del trattamento possa essere estesa anche ai titolari di trattamento di reversibilità, si introdurrebbe una fattispecie di responsabilità oggettiva riferita al rapporto di coniugio o di parentela, in contrasto con principi enunciati anche dagli articoli 29 e 30 della Carta (quelli relativi al matrimonio, ndr)”. Tradotto, la moglie non può pagare dazio per la condanna del marito. E la delibera? La parte che riconosce il diritto ai vitalizi solo per le vedove dei deputati morti prima del luglio 2015 è “irragionevole e illegittima”. Quindi il tribunale della Camera dice sì alla reversibilità a favore della moglie, che ovviamente scatterà solo quando (si spera tra cento anni) dovesse morire il marito.
Interpellato dal Fatto uno dei tre giudici, Turco, replica: “Le sentenze non si commentano: posso dire solo che alcune non vengono emesse dal collegio all’unanimità”. Losacco invece spiega: “Sidoti ha impugnato la sentenza, presentando ricorso”. Mentre fonti della Camera precisano: “La sentenza del Consiglio colma semplicemente un vuoto normativo, perché la delibera della Camera non prevedeva casi come quelli della moglie di Sidoti. Perché fare differenza tra i parenti dei parlamentari morti prima del 2015 e quelli che hanno il congiunto in vita?”. Se ne riparlerà presto, ancora in tribunale. Mentre in Senato dovrebbero discutere dell’abolizione dei vitalizi, approvata dalla Camera a luglio. E il condizionale è d’obbligo.