LA STRATEGIA DELLA TENSIONE DEI DUE FALCHI FA SOLO DANNI
Al di là dei modi, la provocazione del presidente Usa vuole premiare il fedele “falco” israeliano e mantenere diviso il Medio Oriente
Sulla questione dello spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme è stato detto di tutto, ma forse non tutto. La mossa del presidente Trump è stata accolta dal mondo intero con una dimostrazione incredibile d’ipocrisia. Tra i motivi della decisione sono stati citati quelli interni con particolare riguardo al recupero di consenso e al tentativo di distogliere l’attenzione dal Russiagate che sta macinando uno a uno i più stretti collaboratori del presidente. Forse nessuno dei due è determinante. Gerusalemme è importante per tutti gli ebrei, compresi quelli americani del Partito democratico e Israele ha sostenuto pubblicamente Trump proprio mentre il resto del mondo lo considerava un contendente lunatico. Sappiamo cosa Trump ha dovuto promettere a Netanyahu: Gerusalemme, guerra all’Iran e allontanamento dei russi dai confini siriani. La prima rata è stata pagata, le altre seguiranno a breve. Non sappiamo però cosa ha promesso Netanyahu in “privato”. Tuttavia, visto l’esito delle elezioni e come la Clinton è stata eliminata, si può anche immaginare che Trump abbia ricevuto un aiuto “non ortodosso”. Israele è molto più avanti degli stessi Usa nell’intelli- gence, nella disinformazione, nello spionaggio informatico, nell’hackeraggio, nelle operazioni d’influenza, nelle destabilizzazioni e nei killeraggi. Nonostante i suoi sforzi per apparire un incapace, Trump ha una sua strategia che però non è affatto quella che sbandiera pubblicamente. O meglio, quello che dice concorre alla strategia che non dice e comunque molto di ciò che dice è menzognero. Non è vero che lo spostamento dell’a m b asciata è una cosa “normale” solo perché annunciato da tempo.
NON È VERO che Gerusalemme capitale d’Israele è un fatto assodato e accettato da tutti. Anzi, l’Onu con la risoluzione 478 del 1980 si è affrettata a dichiarare “nulla e priva di valore legale” la legge costituzionale varata da Israele nello stesso anno su Gerusalemme capitale. Nessun provvedimento giuridico successivo ha modificato la risoluzione. Non è vero che la mossa è ininfluente sul processo di creazione di due Stati. I palestinesi avevano già eletto Gerusalemme come propria capitale e lo Stato palestinese (se nascerà) senza quella capitale sarà un’entità substatale a le- gittimità e sovranità limitate. E non è vero che la rabbia palestinese, la recrudescenza del terrorismo e le proteste iraniane, turche ed europee sono eventi collaterali immotivati ed estremi voluti e decisi dai palestinesi, dai turchi, dagli iraniani e dagli europei. Sono eventi previsti e voluti dall’Amministrazione Trump e da Netanyahu che se ne fregano di Nazioni Unite, Europa e delle ragioni di palestinesi, turchi e iraniani. D’altra parte, non è affatto vero che la mossa di Trump unisca il mondo islamico in una guerra di religione contro il mondo occidentale e non è neppure vero che l’Europa si schiererà unita nella condanna.
La strategia di Trump segue il disegno delineato dai neoconservatori statunitensi per portare all’instabilità tutta la regione mediterranea e mediorientale. Tale strategia vuole un Islam ancora più diviso e frazionato e un’Europa a brandelli. Esattamente ciò che succederà nei rapporti interstatali mentre la lotta e la protesta saranno condotte da gruppuscoli insignificanti elevati per l’occasione al rango di minaccia globale che richieda la “sacrosanta” risposta contro la “nuova ondata” di terrorismo o il “nuovo Impero del Male”. A questi elementi piuttosto cinici, Trump ha aggiunto il condimento teatrale della propria personalità e soprattutto della propria vanità. Trump è un costruttore e la distruzione è la premessa di ogni ricostruzione. La distruzione del Medio Oriente è lo scopo di Trump e dei suoi danarosi clienti. La distruzione di tutto ciò che ostacola Israele è lo scopo di Netanyahu. Entrambi si vantano di volere la pace in nome della libertà e della sovranità delle proprie nazioni. Trump vuole che la guerra sia fatta dagli altri, Netanyahu è disposto ad accettare la procura. Netanyahu vuole l’eliminazione dell’Iran e degli sciiti, Trump è disposto ad autorizzarlo e sostenerlo. I due sono complementari ma non uguali. Con Netanyahu, Trump ha stretto un patto che porterà la rappresentanza americana a installarsi nel punto simbolicamente più alto del mondo. Il punto di convergenza di tre grandi religioni e molte culture, alcune pur estinte da tempo.
LA VANITÀ del presidente è soddisfatta: la sua bandiera dominerà i luoghi di Dio. Potrà fregarsene anche del Papa che lo aveva accolto con freddezza. In ogni parte del mondo le ambasciate Usa sono il segno e il tramite con la libertà, la giustizia, la democrazia e la difesa del diritto. L’ambasciata diverrà bersaglio concreto e visibile e per renderlo sicuro avrà bisogno d’Israele e delle sue forze armate, di portare a Gerusalemme migliaia di soldati, agenti segreti, sistemi bellici e di comando e controllo. Israele penserà di tenere infine in ostaggio gli Usa e di tenerli legati alla propria sopravvivenza e velleità. In realtà dovrà riconoscerne l’egemonia sul proprio territorio e quindi la sua condizione di tributario. Gli Usa penseranno di poter controllare Israele e di farne il proprio sceriffo in Medio Oriente. E quella bandiera sulla terra di Dio, se mai verrà issata, starà lì come Babele a dimostrare la fragilità e la vacuità degli uomini di potere.