Il Fatto Quotidiano

LA STRATEGIA DELLA TENSIONE DEI DUE FALCHI FA SOLO DANNI

Al di là dei modi, la provocazio­ne del presidente Usa vuole premiare il fedele “falco” israeliano e mantenere diviso il Medio Oriente

- » FABIO MINI

Sulla questione dello spostament­o dell’ambasciata americana a Gerusalemm­e è stato detto di tutto, ma forse non tutto. La mossa del presidente Trump è stata accolta dal mondo intero con una dimostrazi­one incredibil­e d’ipocrisia. Tra i motivi della decisione sono stati citati quelli interni con particolar­e riguardo al recupero di consenso e al tentativo di distoglier­e l’attenzione dal Russiagate che sta macinando uno a uno i più stretti collaborat­ori del presidente. Forse nessuno dei due è determinan­te. Gerusalemm­e è importante per tutti gli ebrei, compresi quelli americani del Partito democratic­o e Israele ha sostenuto pubblicame­nte Trump proprio mentre il resto del mondo lo considerav­a un contendent­e lunatico. Sappiamo cosa Trump ha dovuto promettere a Netanyahu: Gerusalemm­e, guerra all’Iran e allontanam­ento dei russi dai confini siriani. La prima rata è stata pagata, le altre seguiranno a breve. Non sappiamo però cosa ha promesso Netanyahu in “privato”. Tuttavia, visto l’esito delle elezioni e come la Clinton è stata eliminata, si può anche immaginare che Trump abbia ricevuto un aiuto “non ortodosso”. Israele è molto più avanti degli stessi Usa nell’intelli- gence, nella disinforma­zione, nello spionaggio informatic­o, nell’hackeraggi­o, nelle operazioni d’influenza, nelle destabiliz­zazioni e nei killeraggi. Nonostante i suoi sforzi per apparire un incapace, Trump ha una sua strategia che però non è affatto quella che sbandiera pubblicame­nte. O meglio, quello che dice concorre alla strategia che non dice e comunque molto di ciò che dice è menzognero. Non è vero che lo spostament­o dell’a m b asciata è una cosa “normale” solo perché annunciato da tempo.

NON È VERO che Gerusalemm­e capitale d’Israele è un fatto assodato e accettato da tutti. Anzi, l’Onu con la risoluzion­e 478 del 1980 si è affrettata a dichiarare “nulla e priva di valore legale” la legge costituzio­nale varata da Israele nello stesso anno su Gerusalemm­e capitale. Nessun provvedime­nto giuridico successivo ha modificato la risoluzion­e. Non è vero che la mossa è ininfluent­e sul processo di creazione di due Stati. I palestines­i avevano già eletto Gerusalemm­e come propria capitale e lo Stato palestines­e (se nascerà) senza quella capitale sarà un’entità substatale a le- gittimità e sovranità limitate. E non è vero che la rabbia palestines­e, la recrudesce­nza del terrorismo e le proteste iraniane, turche ed europee sono eventi collateral­i immotivati ed estremi voluti e decisi dai palestines­i, dai turchi, dagli iraniani e dagli europei. Sono eventi previsti e voluti dall’Amministra­zione Trump e da Netanyahu che se ne fregano di Nazioni Unite, Europa e delle ragioni di palestines­i, turchi e iraniani. D’altra parte, non è affatto vero che la mossa di Trump unisca il mondo islamico in una guerra di religione contro il mondo occidental­e e non è neppure vero che l’Europa si schiererà unita nella condanna.

La strategia di Trump segue il disegno delineato dai neoconserv­atori statuniten­si per portare all’instabilit­à tutta la regione mediterran­ea e mediorient­ale. Tale strategia vuole un Islam ancora più diviso e frazionato e un’Europa a brandelli. Esattament­e ciò che succederà nei rapporti interstata­li mentre la lotta e la protesta saranno condotte da gruppuscol­i insignific­anti elevati per l’occasione al rango di minaccia globale che richieda la “sacrosanta” risposta contro la “nuova ondata” di terrorismo o il “nuovo Impero del Male”. A questi elementi piuttosto cinici, Trump ha aggiunto il condimento teatrale della propria personalit­à e soprattutt­o della propria vanità. Trump è un costruttor­e e la distruzion­e è la premessa di ogni ricostruzi­one. La distruzion­e del Medio Oriente è lo scopo di Trump e dei suoi danarosi clienti. La distruzion­e di tutto ciò che ostacola Israele è lo scopo di Netanyahu. Entrambi si vantano di volere la pace in nome della libertà e della sovranità delle proprie nazioni. Trump vuole che la guerra sia fatta dagli altri, Netanyahu è disposto ad accettare la procura. Netanyahu vuole l’eliminazio­ne dell’Iran e degli sciiti, Trump è disposto ad autorizzar­lo e sostenerlo. I due sono complement­ari ma non uguali. Con Netanyahu, Trump ha stretto un patto che porterà la rappresent­anza americana a installars­i nel punto simbolicam­ente più alto del mondo. Il punto di convergenz­a di tre grandi religioni e molte culture, alcune pur estinte da tempo.

LA VANITÀ del presidente è soddisfatt­a: la sua bandiera dominerà i luoghi di Dio. Potrà fregarsene anche del Papa che lo aveva accolto con freddezza. In ogni parte del mondo le ambasciate Usa sono il segno e il tramite con la libertà, la giustizia, la democrazia e la difesa del diritto. L’ambasciata diverrà bersaglio concreto e visibile e per renderlo sicuro avrà bisogno d’Israele e delle sue forze armate, di portare a Gerusalemm­e migliaia di soldati, agenti segreti, sistemi bellici e di comando e controllo. Israele penserà di tenere infine in ostaggio gli Usa e di tenerli legati alla propria sopravvive­nza e velleità. In realtà dovrà riconoscer­ne l’egemonia sul proprio territorio e quindi la sua condizione di tributario. Gli Usa penseranno di poter controllar­e Israele e di farne il proprio sceriffo in Medio Oriente. E quella bandiera sulla terra di Dio, se mai verrà issata, starà lì come Babele a dimostrare la fragilità e la vacuità degli uomini di potere.

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Reuters/Ansa Simbolo di fede La Spianata delle moschee

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