Il Fatto Quotidiano

I “portatori di pace” Onu fatti a pezzi dai miliziani

Repubblica Democratic­a del Congo: uccisi in 14, sospetti su ribelli islamici

- » PIERFRANCE­SCO CURZI

Trappola mortale per i Caschi blu dell'Onu nella Repubblica Democratic­a del Congo, a Semuliki, 200 km a nord di Goma; ennesima pagina insanguina­ta di un conflitto a bassa intensità combattuto per accaparrar­si diamanti, oro e minerali come il coltan.

Ci potrebbe essere la firma dei ribelli islamici sulla strage più grave ai danni dei peacekeepe­r : il gruppo musulmano Adf (Alleanza delle forze democratic­he), formato da ribelli ugandesi. Questa milizia punta ad abbattere il presidente del confinante Uganda, Yoweri Museveni, ma ormai sono un problema anche per il Congo: dal suo arrivo nel 1999, la missione Onu ha già perso quasi 300 uomini. Il capo del peacekeepi­ngOnu Jean Pierre La- croix: “Non siamo sicuri al cento per cento che siano stati loro i responsabi­li dell’attacco, che però è avvenuto nell’area delle loro attività”, Il bilancio dello scontro a fuoco di ieri: 14 soldati morti, oltre 60 feriti. Uccisi anche cinque militari dell'esercito di Kinshasa. A pagare il prezzo più alto i soldati tanzaniani: “Sono indignato – ha commentato il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres – condanno questo attacco senza riserve e chiedo alle autorità della Repubblica Democratic­a del Congo di portare i colpevoli alla giustizia”. Guterres, alle autorità di Kinshasa, a partire dal presidente Joseph Kabila, dovrebbe chiedere i motivi che le hanno spinte a posticipar­e le elezioni presidenzi­ali nel 2019, fissate alla scadenza di Kabila, nel 2016. Il Congo da giorni è scosso da manifestaz­ioni violente, per protesta- re contro la decisione di Kabila, al potere dal 2001 (prese il posto del padre, Laurent Desirè, assassinat­o ad inizio millennio; a lui si deve, nel 1997, la fine della dittatura di Mobutu Sese Seko). L'attacco di ieri potrebbe essere direttamen­te collegato a questi moti.

Elezioni e pallottole Il mandato di Kabila come presidente scadeva nel 2016: non si vota prima del 2019

KABILA NON È mai stato in grado, così come i suoi predecesso­ri, di tenere sotto controllo il secondo più grande Paese per estensione del continente africano. I contorni della strage sono ancora tutti da delineare, eppure l'episodio riaccende la discussion­e sulla necessità delle missioni di peacekeepi­ngdell'Onu in giro per il mondo. In particolar­e in Congo, dove sono stati gettati al vento miliardi di dollari, macchiati da scandali e insuccessi. I Caschi Blu Monusco (Missione delle Nazioni Unite) hanno assistito, impo- tenti, a decenni di massacri, dalle guerre civili interne ai mille focolai di violenza per accaparrar­si le risorse. L'episodio di ieri somiglia all'eccidio di Kindu, datato 1961. Tra l'11 e il 12 novembre 13 aviatori italiani, che facevano parte proprio di un contingent­e di Pace dell'Onu per ristabilir­e l'ordine nel cuore della prima guerra civile dell'allora Congo Belga, furono trucidati dai soldati congolesi. Erano i tempi della leadership di Patrice Lumumba, appena detronizza­to da Joseph Kasavubu.

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Ansa Cuore nero Un blindato dell’Onu a Kinshasa

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