“Ecco di che pasta sono Prodi e Renzi”
“I rapporti tra Matteo e Verdini? La Toscana è piena di massoneria”
Anticipiamo un breve estratto dell’intervista a Ciriaco De Mita contenuta in Respubblica, il libro di Giampiero Marrazzo in uscita lunedì con Castelvecchi.
Tutto si può dire di lei tranne che sia un “rottamato”. Come legge la volontà di emarginare un certo tipo di politica a fronte di un nuovismo forse mai nato?
Renzi non ha fatto la “rottamazione”, ha semplicemente eliminato i suoi avversari, che è cosa ben diversa. Chi mi ha fatto fuori politicamente dal Pd fu Veltroni (...). Prima dell’appuntamento al Lingotto di Torino ci incontrammo per parlare del suo discorso, ma non ne avemmo il tempo. Così me lo diede per dargli un’opinione. Lo chiamai e lo leggemmo insieme al telefono: erano un insieme di desideri diffusi (...). Da allora non ci siamo più sentiti. In quell’occasione registrai da parte sua una certa incomprensione, forse per via dei miei commenti al discorso. A livello personale mi stupii, non pensavo fosse così vanitoso; avevo grande simpatia per lui, ma non molta per D’Alema, e devo dire che l’esperienza poi ha capovolto il mio giudizio. E quando uscii dal Pd non lo feci certo per la mancata candidatura, ma per la denuncia di una formazione politica che, per quanto mi riguarda, non aveva un’anima. (...) Ma a dirla tutta non ero neanche per l’Ulivo.
Strano, proprio lei che negli anni Ottanta propose a capo dell’Iri Romano Prodi?
Sì, ma l’ho riconsiderato come un errore. I fatti andarono così: dovevano essere rinnovate la presidenza dell’Iri e quella dell’Eni; (...) a noi rimase la nomina dell’Iri. Dissi a Fanfani che avremmo dovuto scegliere tra personalità del mondo accademico. Tra i tanti nomi che si facevano mi ricordai che Romano Prodi, il cui professore era Beniamino Andreatta, era un fine analista, quindi un pragmatico che sarebbe potuto andare bene. Così lo proposi e lo nominammo a capo dell’Iri. A distanza di qualche tempo mi venne riferito che l’Istituto dava gli incarichi ai socialisti e agli andreottiani, gli unici esclusi erano quelli che, in qualche modo, mi erano vicini. Così non appena ci fu occasione lo feci presente a Prodi, che mi rispose semplicemente: “Hai ragione, ma tu sei una persona perbene, gli altri invece mi minacciano”. Questo era il tenore della persona. Quindi con Prodi e Veltroni non è andato poi così d’accordo, ma anche con Renzi, con il quale sembrava esserci intesa, qualcosa si è rotto, tanto da spingerla a dire di lui che “ha una tale consapevolezza di sé che non vede limiti alla sua arroganza”. Cos’è che ha alimentato tanto astio?
Renzi lo conobbi quando frequentavo Firenze ed ero vicino al gruppo di Pistelli (...). Fu allora, quando Renzi sfidò il suo vecchio mentore Pistelli, che secondo me iniziarono i rapporti con Denis Verdini. Cercai di capirne i contorni, ma senza arrivare a una conclusione definitiva. Se non quella che la Toscana è piena di massoneria. (...) Matteo non deve dimenticare che le persone normali sono sostituite, le persone straordinarie spariscono. E lui è straordinario.