1977, la vendetta di “Bonimba” ceduto al nemico
JFIA, TODT PRESIDENTE ANCORA Jean Todt è stato rieletto, per la terza e ultima volta, alla presidenza della Federazione internazionale automobilismo. Candidato unico, Todt - alla guida della federazione dal 2009 - è stato rieletto all’unanimità. Il nuovo mandato scadrà nel 2021. “È gratificante avere un sostegno così universale” le sue parole subito dopo la rielezione uve-Inter è anche storia di rivalse, rese dei conti e rivincite. Non si sono mai amate, le due squadre: come del resto, non si amano molto Torino e Milano. Anzi. Nell’estate del 1976, l’anno del terremoto in Friuli, Angelo Moratti comunicò al suo centravanti Roberto Boninsegna che l’aveva ceduto alla Juve in cambio di Anastasi: “Presi malissimo la notizia”, confessò anni dopo Roberto, “era dal 1969 che giocavo con l’Inter, mi sentivo una bandiera inamovibile. Anche perché sono nato interista. Il presidente della mia squadra mi aveva venduto al nemico, con tutto quello che avevo fatto per la squadra. È stata una pugnalata”.
NON PROMETTEVA nulla di buono lo sguardo di Roberto Boninsegna da Mantova detto il Feroce Saladino (ma Brera lo chiamava Bonimba). Non alto, ma tosto. Con quella faccia un po’ così, naso schiacciato da pugile che non era affatto suonato ma le suonava. Era un centravanti di sfondamento, all’antica. Ricordava Gigi Riva. Spavaldo, temerario, non temeva la mischia: colpiva di testa e tirava bordate spaventose. Una, la più famosa, fu ai tedeschi nella mitica partita dell’Italia contro la Germania ai Mondiali 1970, all’ottavo del primo tempo. Con Riva, il mantovano insensibile al gioco duro delle difese più cattive, aveva giocato un anno a Cagliari. La convivenza con Rombo di Tuono fu complicata: Bonimba non tollerava di fare il suo scudiero. Talvolta, il carattere lo tradiva. Come nel dicembre del 1967, quando tentò di pigliare a cazzotti un arbitro: lo squalificarono per nove giornate. Alla sua prima stagione con l’Inter (1969/70) vinse lo scudetto e fu capocannoniere. Coi nerazzurri aveva disputato in serie A 197 partite segnando 113 gol, mica briciole. Non pensava di finire alla Juve che lui aveva punito ben nove volte.
Sul campo di calcio, la vendetta che qualcuno dice essere una specie di giustizia selvaggia, si serve a suon di gol. Boninsegna aveva 33 anni e 2 mesi quando, con addosso la maglia bianconera numero 9, si ritrovò il 16 gennaio 1977 al Comunale di Torino di fronte gli ex compagni Bordon, Canuti, Fedele, Oriali, Guida, Facchetti, Anastasi, Merlo, Mazzola, Muraro. Li guidava Chiappella. Trapattoni schierava Zoff, Cuccureddu, Gentile, Furino, Morini, Scirea, Causio, Tardelli, Bonimba, Benetti e Bettega.
La partita non fu bella. Bastò la superiorità atletica dell’inesauribile Benetti e del prodigo Gen- tile a fare la differenza. Più la fredda determinazione di Bonimba. Battagliero e bellicoso come sempre, quel pomeriggio di più: conosceva vizi e virtù calcistiche della difesa nerazzurra.
GIOCÒ con un ardore che sapeva di odio e di amore, sentimenti vecchi come l’uomo. Con rabbia nel cuore e dinamite nelle gambe. Al 21’ un cross di Gentile lo trova puntuale al letale colpo di testa: “Ho esul- tato. Poi ho guardato in tribuna, per sfida”. L’Inter incassa ma la reazione è bolsa. Le manovre sono lente, approssimative. Anastasi latita. Muraro resta impigliato nella morsa di Scirea e Morini. Al 62’ il copione si ripete. Discesa di Cuccureddu sulla destra, cross al centro dove, puntuale come la morte, irrompe Bonimba che spara una “lecca” tremenda: “La seconda volta non ho esultato. Ho visto i colleghi demoralizzati. La vendetta era stata fatta. Gustosissima”. Quella stagione il Derby d’Italia si ripeté con lo stesso risultato a San Siro l’8 maggio. La Juve vinse lo scudetto di un punto sul Torino di Ciccio Graziani, capocannoniere. Bonimba fece 10 gol. Con la Juve conquistò due scudetti, una coppa Uefa – il primo titolo internazionale dei bianconeri – e una Coppa Italia. Non fu un “centravanti di transito”, come Anastasi per l’Inter.