Il Fatto Quotidiano

La fame e l’istinto del comico contro le gabbie

Il 9 dicembre di 25 anni fa moriva uno dei grandi del cinema (e non solo) italiano, quasi sempre in coppia con Ciccio Ingrassia. E Palermo gli dedica due giorni di festa e ricordi

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Peggio per chi non c’è oggi, a Palermo – e anche domani – ai Cantieri Culturali, alla Zisa. C’è ben più che una mostra, un semplice convegno o due giorni di festa. È ben più: Franco Franchi, la Maschera di Palermo, un omaggio a venticinqu­e anni dalla morte, da un’idea di Franco Maresco e Claudia Uzzo, con Ficarra e Picone (i nostri Stanlio e Ollio), Marco Giusti, Tatti Sanguineti e tanti altri.

Tra loro, infatti, ci sono i francoecic­ciologi, i collezioni­sti di cimeli e tanto sano popolo per rivedere Come inguaiammo il cinema italiano, la vera storia di Franco e Ciccio, ovvero il film di Daniele Ciprì e di Maresco che ne parlerà stasera alle 21, per poi domani continuare l’adunata con altri filmati inediti, altri documenti e altre risate per scoprire chissà quale altro pasticcio custodisce la memoria di Franco e Ciccio.

Non è folclore, non è pittoresco, meno che mai trash. Ogni singolo fotogramma della sterminata filmografi­a di Franco Franchi, sempre in coppia con Ciccio Ingrassia, appartiene all’immaginari­o di quella città ma l’opera totale di questa “masc hera ” è il capitolo della commedia che prende forma dalla sacra carne primordial­e.

C’È LA FAMEe c’è l’istinto, in Franchi. C’è il presagio di una tana e c’è la lusinga di una cattività. È dissimulat­a nei codici della vita civile, l’arte spalanca le sbarre delle gabbie e chissà se Ruben Östlund, regista di The Square, il film che ha vinto l’edizione 2017 della Palma d’Oro, ha mai visto Franco Franchi nell’interpreta­zione dello scimmione.

Era una delle gag più inquietant­i del comico palermitan­o, straordina­rio peraltro – il pubblico della due giorni alla Zisa avrà modo di rivederlo all’opera – a in- goiare in se stesso il karma del cavallo, dell’asino, del gallo, della gallina e perfino quello straniante del tacchino. Tutto grazie al suo procedere per nervi e muscoli.

La scimmia, però. Anzi, lo scimmione: quel canovaccio su cui l’immenso Vittorio Gassman – che Franchi lo aveva visto e studiato – volle misurarsi per tramite di Franz Kafka con Una relazione per un’Accademia, nota altrimenti come la Conferenza dello scimmione.

Le scimmie, dunque: nella pellicola del maestro svedese premiato a Cannes c’è un uomo – prestato all’installazi­one di un museo d’a rt e contempora­nea – che si accompagna a delle protesi per farsi quadrupede, si produce nei versi propri della bestialità, da quelli goffi a quelli feroci, fino a far esplodere nel panico gli ospiti di una cena, tutti pronti a farsi branco.

IN UN’EDIZIONE di Canzonissi­ma c’è Mina che si tiene la mano al petto osservando Franco Franchi, tra le poltrone del pubblico, mentre fa lo scimmione. Non si trattiene nessuno. E non si capisce se la Diva tiene a bada il proprio cuore per il troppo ridere o per tutta quella prossimità animale che, pur nel copione del varietà, suggerisce un’emozione.

L’arte apre le sbarre alle gabbie e chissà se Damien Hirst, coi suoi scimmioni giganti, ha mai visto Franco Franchi. Chissà Jeff Koons, con le sue scimmie, l’ha data un’occhiata al grande interprete di Ku-fu, dalla Sicilia con furore quando, con la sua calotta cranica semovente, sposta l’intero cuoio capelluto nel su e giù dei primati e ogni appiglio, fosse pure il corrimano di un autobus, diventa liana. E ha ragione Franco Maresco a scovare in Franco Franchi l’uomo di Neandertha­l.

Un ominide su cui la memoria contempora­nea incrocia, con la Palermo della mafia e l’Alta Italia ancora e- stranea, il saldarsi di un’unica trama.

Franco che si ritroverà mascariato da un’accusa di collusione, indagato nientemeno che da Giovanni Falcone, organizza una festa di famiglia e nel rinfresco, coi parenti accomodati sulle sedi lungo le pareti, si ritrovano anche dei pezzi da Novanta.

G EN E ROS I SS I MO, Fr a nc o invita anche gli amici del cinema venuti da lontano, come lo sceneggiat­ore triestino Vittorio Vighi che – fiutando in alcuni, in cotanta selvatiche­zza, un peso – a Franco, domanda: “Ma come mi devo rivolgere a questi tizi dall’aria importante?”.

Sono, appunto, i pezzi da Novanta. Erano, quelli, gli anni in cui la mafia americana votava per i Kennedy, figurarsi cosa potessero essere i “tizi” che a Palermo chiedevano a Franco Franchi di cantare, di farli ridere e intrattene­re i convitati di tutte le scampagnat­e.

SI RIFERISCE a loro, Vighi, e Franco – tutto istinto, dissimulaz­ione in stato di paziente cattività – gli dice: “Tu chiamali zii!”.

C’è questa storia, nella vita privata e pubblica di Franchi – i sospetti non troveranno riscontro, ma l’onta lo porterà letteralme­nte alla morte – e ce ne sono altre di vicende tutte riconducib­ili alla speciale natura di un magnifico attore nato nella strada e diventato beniamino di bambini, quelli che fanno ancor più largo il pubblico per estenderne la popolarità tra le generazion­i.

Storie raccontate oggi e poi ancora domani dall’Associazio­ne Lumpen che s’è fatto carico dell’organizzaz­ione, con la supervisio­ne di Maresco e Uzzo, di restituire a Palermo “Capitale della Cultura” la sua maschera universale.

È quella stessa che Rai3, la rete più sofisticat­a dell’azienda pubblica, tentò di arruolare proprio per un’edizione di Cinico Tivù, la geniale prova televisiva di Daniele Ciprì e Franco Maresco.

C’ERA BRUNO Voglino, con loro. C’era Marco Giusti e c’era tutto l’entusiasmo di Franco Franchi che, preso d’ogni gioia, cominciò a parlare in palermitan­o stretto. E quella lingua, così selvaggia, andò a prendere corpo nel senso remoto di un pasticcio, quello proprio di Franco e Ciccio. Fatto fu che subito dopo morì, giusto il 9 dicembre. Di venticinqu­e anni fa.

LA SUA ESSENZA DI UOMO E ATTORE C’è fame e istinto. Presagio di una tana e la lusinga di una cattività: l’arte spalanca le sbarre delle gabbie

UNA SERA OSPITE A CANZONISSI­MA Mina si tiene la mano al petto seduta tra il pubblico, mentre fa lo scimmione: non si trattiene nessuno

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In alto “Ku-fu, dalla Sicilia con furore”, e sotto con Ciccio Ingrassia
Contrasto/Olycom /LaPresse Sul set In alto “Ku-fu, dalla Sicilia con furore”, e sotto con Ciccio Ingrassia
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