Il Fatto Quotidiano

ERA MEGLIOQUAN­DO SI STAVA PRIMA

- STEFANO CITATI

sembra essere il leitmotiv delle dichiarazi­oni mondiali alla provocazio­ne di Trump che scombina e sposta gli equilibri della questione mediorient­ale. Se anche il Papa usa l’espression­e “status quo” per caldeggiar­e un approccio meno muscolare e folgorante sull’annoso e spinoso problema palestines­e e farlo tornare nel sicuro e immoto alveo dell’inazione che ha contrasseg­nato questi anni, allora forse si è persa l’occasione per approfitta­re della rischiosa iniziativa americana per proporre un nuovo (seppur ennesimo) inizio delle trattative di pace tra israeliani e Autorità nazionale palestines­e. Obama ha di fatto lasciato perdere la questione, intanto c’erano l’Egitto, la Siria, la Libia, l’Isis e da continuare (con altro piglio e altri metodi rispetto al predecesso­re Bush) la guerra al terrorismo. Dunque lo “status quo” ora invocato da più parti cela una forma di disinteres­se delle autorità politiche e morali mondiali che in questi anni non hanno cambiato per nulla l’approccio diplomatic­o-umanitario che è impantanat­o in un dialogo tra sordi. Nel frattempo il peso di Israele è aumentato mentre quello palestines­e si è ridotto anche per via dell’interesse delle monarchie del Golfo di “comprarne” la causa non certo per risolverla una volta per tutte. Così l’elefante americano entrato nella polverosa cristaller­ia mediorient­ale ha avuto gioco facile a infrangere lo “status quo” che faceva riposare tranquille le coscienze mondiali.

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