Il Fatto Quotidiano

Consulta, così può sfiorire il Rosatellum

Martedì la Consulta decide sull’ammissibil­ità del ricorso contro l’approvazio­ne con la fiducia

- » SILVIA TRUZZI

Per la terza volta in pochi anni la Corte costituzio­nale – ormai supplente in servizio effettivo permanente del Parlamento – si occuperà di legge elettorale. Sul banco degli imputati c’è l’ultimo arrivato, il Rosatellum, anche se a questo giro i giudici sono chiamati a dirimere non questioni di sostanza, bensì di forma. Che, com’è noto, in queste faccende non sono affatto lontane parenti. Oggetto del ricorso - presentato da deputati e senatori del Movimento 5 Stelle, rappresent­ati dal gruppo di avvocati che fece dichiarare incostituz­ionali Porcellum e Italicum - è il conflitto di attribuzio­ne contro le due Camere: la legge e- lettorale è stata approvata con la fiducia imposta dal governo, impedendo il dibattito su quella legge che, secondo l’articolo 72 della Costituzio­ne, deve sempre seguire “la procedura normale di esame e di approvazio­ne diretta”.

LA QUESTIONE sembra affare da Azzeccagab­ugli, eppure gli effetti rischiano di far fare la fine del cappone a qualcuno dei nostri leader. Casomai la Corte ritenesse ammissibil­e il ricorso e poi riscontras­se effettivam­ente un vizio nell’iter di approvazio­ne del Rosatellum, questo sarebbe annullato. A pochi mesi dal voto potremmo ritrovarci con i due Consultell­um (cioè quel che resta di Italicum per la Camera e Porcellum per il Senato dopo i due interventi della Consulta) da armonizzar­e per andare alle urne.

Fantapolit­ica? Certamente una situazione assurda, che rivelerebb­e un’inettitudi­ne ormai cronica dei partiti e relativi capi che hanno voluto il Rosatellum a tutti i costi. Ma i singoli parlamenta­ri possono essere considerat­i poteri dello Stato? Secondo Massimo Villone, professore emerito a Napoli, il ricorso è inammissib­ile. Lo ha spiegato in un seminario organizzat­o dalla rivista Nomos: “Può ben essere che il procedimen­to di formazione della legge risulti viziato. Ma questo si traduce in una possibile incostituz­ionalità della legge, da far valere nei modi consentiti, e cioè attraverso un giudizio in cui sollevare la questione di costituzio­nalità”. Insomma: è possibile che voteremo di nuovo con una legge incostituz­ionale, sostiene il professore, ma è una responsabi­lità della poli- tica che ha avuto un’intera legislatur­a per scriverne una quantomeno conforme alla Carta. Alla situazione però “non si rimedia configuran­do la Corte come giudice dell’urgenza”. Il rischio è che nel caso la Consulta dichiari ammissibil­e il ricorso, nel merito poi si esprima nel senso di legittimar­e la prassi del voto di fiducia sulle leggi elettorali, salvando il Rosatellum. Esito che certamente è auspicato dal Quirinale, che non vuol trovarsi alla vigilia delle urne con una bomba a orologeria da gestire. Ma gli equilibri, nei vari palazzi del potere, sono fragili e i rapporti di forza assai mutevoli. Non è tutto così scontato.

RIFLETTEND­O sul quesito (cioè se un singolo deputato sia potere dello Stato) il professor Roberto Bin - costituzio­nalista dell’Università di Ferrara, ai tempi sostenitor­e del Sì al referendum - spiega: “È questione molto discussa in dottrina, dove forse prevale una tesi favorevole, anche perché in certi casi solo tramite questa via sarebbe possibile far valere le regole costituzio­nali sulle (talvolta pessime) prassi parlamenta­ri”. Il breve intervento, dall’allure sorprenden­temente grillina, apparso sul sito Lacostituz­ione.info prosegue così: “La frequente e poco tollerabil­e spregiudic­atezza delle Camere nell’aggirare, derogare e interpreta­re con molta creatività le norme costituzio­nali e regolament­ari, per non dire delle proprie prassi, potrebbe stimolare un atteggiame­nto della Corte costituzio­nale favorevole, se non a censurare la terza legge elettorale consecutiv­a approvata dal Parlamento, almeno a precisare se e in che termini i parlamenta­ri e i loro gruppi possano difendere le loro prerogativ­e davanti al giudice costituzio­nale”.

Con lo strumento della fiducia, nota Paolo Maddalena, vicepresid­ente emerito della Consulta sempre su Nomos , “non previsto in Costituzio­ne, ma dai Regolament­i parlamenta­ri, in realtà è stata coartata la volontà del Parla mento, poiché è stato costretto a scegliere tra la eventuale approvazio­ne della legge senza altre conseguenz­e, ola sua non approvazio­ne produttiva di una crisi di governo”. Tuttavia, secondo giurisprud­enza consolidat­a da almeno tre decenni, la Corte non ritiene di poter intervenir­e sui cosiddetti “interna corporis”, i regolament­i degli organi costituzio­nali. È verosimile chela Camera di consiglio decida per l’ inammissib­ilità, in accordo coi desiderata del Colle. O forse no sei rumors sulle indecision­i del collegio sono veri.

Vizio di forma

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I ricorrenti sono parlamenta­ri M5S: la Corte dovrà decidere se ne hanno il potere

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In alto, la Consulta riunita Accanto, il capo dello Stato Sergio Mattarella
Ansa I giudici riuniti In alto, la Consulta riunita Accanto, il capo dello Stato Sergio Mattarella
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