Il Fatto Quotidiano

Il colosso del cemento pagava mazzette all’Isis

L’azienda ha versato 500 mila dollari ai jihadisti per acquistare greggio e proteggere l’impianto in Siria

- » LUANA DE MICCO

Aveva stretto un patto col diavolo. Tra luglio 2012 e settembre 2014 la filiale siriana di Lafarge, colosso del cemento, stando a un rapporto della società di consulenza Baker McKenzie realizzato per la stessa Lafarge, avrebbe versato più di 500 mila dollari ai terroristi, tra cui l’Isis, pur di mantenere in attività la fabbrica di Jalabiya, nel nord della Siria.

Stando allo stesso rapporto, Lafarge è sospettata anche di aver acquistato all’Isis delle materie prime, tra cui il petrolio, violando così gli embarghi dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite contro la Siria. Alcuni ex pez- zi grossi del gruppo cominciano a cadere.

Gli ultimi sono Bruno Lafont, ex amministra­tore delegato dal 2007 al 2015, e Christian Herrault, ex direttore generale per il Medio Oriente: sono stati incrimina- ti venerdì scorso per finanziame­nto del terrorismo e per aver messo in pericolo la vita dei dipendenti della fabbrica in Siria.

STESSE ACCUSE per Eric Olsen, ex direttore delle risorse umane e poi vice direttore del gruppo all’epoca dei fatti. Sei ex responsabi­li di Lafarge sarebbero per il momento coinvolti più o meno direttamen­te nella vicenda, che risale a prima della fusione di Lafarge con il gruppo svizzero Holcim, nel 2015.

L’inchiesta è stata aperta nell’ottobre 2016. A giugno era stato il quotidiano le Monde a rivelare dei probabili accordi tra il cementific­io francese e i jihadisti. Gli stessi che avevano rivendicat­o la strage del Bataclan, il 13 novembre 2015. Il quotidiano aveva poi portato alla luce anche alcuni elementi delle indagini in corso, come gli scambi di mail tra i dirigenti della filiale siriana e personaggi sospetti che facevano da intermedia­ri con l’Isis.

Era emerso inoltre che i camionisti dello stabilimen­to erano protetti da una sorta di salvacondo­tto da mostrare ai check-point: “Si prega i fratelli combattent­i di lasciar passare questo veicolo che trasporta il cemento Lafarge”. E sopra il timbro di un alto personaggi­o dell’Isis. Ieri Libération ha ricordato che i soldi di Lafarge sarebbero finiti nelle casse di diversi gruppi terroristi­ci, tra cui il Fronte Al-Nusra. Ma sono andate ad alimentare quelle dell’Isis sin dal 2013, quando l’organizzaz­ione terroristi­ca ha preso il controllo della regione. Lo scopo di Lafarge era di continuare a fare affari mantenendo il più a lungo possibile – e a ogni costo – la produzione della fabbrica, 150 km a nord est di Aleppo, che aveva acquistato nel 2007 e messo in attività solo nel 2010. Hanno tenuto fino a settembre 2014.

IN QUEL PERIODO si è installata “un’economia di racket”, ha detto Christian Herrault. In un passaggio del verbale, riportato da Libération, l’ex direttore generale per il Medio Oriente, il solo tra gli incriminat­i a parlare per ora con gli inquirenti, ha spiegato come funzionava il patto con l’Isis: “Il racket con Daesh era l’equivalent­e di 500 tonnellate di cemento – ha detto - sapendo che c’erano tre silos di 20 mila tonnellate, avremmo dovuto fare le valigie per 500?”. Lo scorso novembre il quartier generale di Lafarge-Holcim a Parigi e in una succursale a Bruxelles sono stati perquisiti. In una lunga intervista rilasciata a Le Figaroalcu­ni giorni fa, Beat Hess, l’attuale presidente del consiglio di amministra­zione di Lafarge, in carica dal 2016, ha dovuto riconoscer­e che il gruppo sta passando un momento critico: “È un brutto colpo per la reputazion­e del gruppo, soprattutt­o in Francia – ha detto - sono stati commessi errori inaccettab­ili, che rimpiango e condanno. È chiaro che ci siamo ritirati dalla Siria troppo tardi”.

L’inchiesta

Due ex dirigenti incriminat­i per finanziame­nto al terrorismo Il racket con l’Isis era l’equivalent­e di 500 tonnellate di cemento: sapendo che c’erano tre silos con 20 mila tonnellate, avremmo dovuto fare le valigie per 500?

CHRISTIAN HERRAULT

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