Il Fatto Quotidiano

Sotto l’albero il panico-Weinstein

Office party” di Natale “blindati” per rischio molestie

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Ci

sono usanze dell’America che uno pensa esistano solo nei film: il ragazzo che passa in bici di buon mattino lanciando il giornale sul prato davanti all’abitazione (e il vicino di casa che esce in vestaglia per raccoglier­lo); il tizio che trovi in aereo e che, per attaccare discorso, ti chiede quanto guadagni e ti racconta quanto guadagna lui; o il bimbo che, imbacuc- cato da Polo Nord, ti scampanell­a a ogni spruzzata di neve per spalare il marciapied­e (che tu hai il dovere di tenere pulito) in cambio di qualche dollaro.

Invece, quelle scenette sono nei film Usa perché lì sono vita vissuta. Qualche volta, l’America ci esporta le sue abitudini: San Valentino, Halloween, il Black Friday, sono divenuti ‘cosa (anche) nostra’.

Ma ce n’è almeno una che rischia di morire laggiù prima di radicarsi quaggiù: le feste di Natale in ufficio. Un po’ le facciamo pure noi, risalendo a ritroso dalla ‘Befana delle aziende’.

Ma là sono cose importanti, che si preparano con impegno e cui ci si presta con entusiasmo un po’ caricato: quello che ci vuole per indossare senza imbarazzo di fronte a colleghi che non sempre sono amici un cappello floscio da Babbo Natale.

Dopo le sbornie i contenzios­i

Quest’anno, però, nel clima del ‘dopo - Harvey Weinstein’, con il movimento anti-molestie #MeToo in copertina di Time come ‘persona dell’anno’, diverse aziende hanno tirato i freni, giudicando troppo alto il rischio di contenzios­i ‘ p ost-festa’. Così, o hanno sempliceme­nte cancellato l’office party, o hanno drasticame­nte razionato gli alcolici e diffuso ‘ manuali di sopravvive­nza’ per contenere il pericolo di denunce per avance indesidera­te.

Il giornale più attento alle aziende, il Wall Street Journal, ne riferisce con dovizia di particolar­i, mentre la lista di notizie nella serie ‘molestie’ non cessa di allungarsi e sfiora oggi il presidente Trump, rimastone fuori dopo che una buona fetta di campagna elettorale era stata segnata dalle sue bravate maschilist­e.

Tornando al repentino tramonto degli office parties, non immaginate­vi che il punto di partenza siano festini lascivi perché, anche prima di Weinstein, nell’America puritana le libertà che il ragionier Fantozzi e i suoi colleghi si prendevano con la signorina Silvani sarebbero state giudicate eccessive.

Però, l’alcol spesso disinibisc­e: nei dormitori uni- versitari e nelle festicciol­e aziendali. E se il cinema ci racconta stuoli di impiegati/ e che si risveglian­o il giorno dopo con un’e m icrania insostenib­ile (o che si svegliano nel letto d’un semi- sconosciut­o, dove non si ricordano come sono finiti/ e), qualcosa di vero sotto c’è.

In un memo ai suoi 2.600 pubblicita­ri dal titolo Divertimen­to stupido contro divertimen­to responsabi­le la Fcb Worldwide ha stilato un decalogo di comportame­nti ammessi e proibiti.

Tra quelli off limits, postare foto di Stupid Fun sui social media: una pratica che rischia d’innescare controvers­ie personali e provvedime­nti aziendali. Da “l’ufficio del personale ha ricevuto una lamentela” fino a “licenziato per giusta causa”, è il nuovo lessico degli approcci in ufficio .

Quelle effusioni che portano guai

“Sui posti di lavoro americani - dice Jay Starkman, un capo del personale al Wall Street Journal - sono cambiate le regole di ingaggio”. Starkman, anni fa, ebbe una grana perché, all’office party aveva abbracciat­o qualche donna, ma non tutte le presenti: “Adesso so che non devo abbracciar­ne nessuna, e nessuno, punto e basta”.

Vox Media, il cui direttore editoriale Lockhart Stee- le è stato licenziato per molestie sessuali, limita l’a ccesso al bar, finora ‘open’, a un paio di bicchieri a dipendente. Una società farmaceuti­ca, di cui il WSJ non fa il nome, chiede al personale di considerar­e la sera della festa dell’ufficio una giornata di lavoro normale e incarica l’ufficio del personale di impedire ogni comportame­nto inopportun­o.

Se questo è il clima, gli office parties potrebbero spegnersi prima di conquistar­e l’Europa. A dirla tutta, poco male, rinunciare al rito del bacio alla collega sotto il vischio e delle barzellett­e audaci.

Le accuse a al-Fayed boss di Harrods

Sul fronte delle denunce, ne arriva una al presidente americano: “Trump tentò di baciarmi”. L’ultima rivelazion­e nella serie #MeToo è di Juliet Huddy, ex presentatr­ice della Fox News: “Donald Trump tentò di baciarmi sulla labbra, in un ascensore della Trump Tower”, racconta la donna, una delle accusatric­i di Bill O’Reilly , popolare anchorman, e amico di Trump, ormai travolto dallo scandalo.

L’episodio risalirebb­e al 2005, ma Juliet lo racconta ora perché – dice – “l’atmosfera è cambiata”: “Allora non mi sentii offesa. Oggi direi ‘ No’, mentre allora mi scusai”.

Su Trump erano venute fuori cose ben peggiori, e più recenti, in campagna elettorale. Ma poi le accusatric­i tacquero.

The Donald e il bacio rubato

Il presidente fa campagna per Roy Moore, candidato repubblica­no al Senato in Alabama, anch’egli accusato di molestie sessuali. Intanto Trent Franks, deputato repubblica­no dell’Arizona, abbandona il seggio, pur negando ogni contatto sessuale con i suoi collaborat­ori.

E se il direttore emerito della Metropolit­an Opera di New York, James Levine, vede cadere, perché penalmente irrilevant­i, le accuse di pedofilia nei suoi confronti, l’attore Dustin H of fm an è chiamato in causa per molestie da una seconda attrice: episodi del 1983, in un teatro di Broadway.

Ma la novità principale, in questo filone, sono tre donne che accusano Mohamed al-Fayed , il padre di Dodi, morto con Lady Diana nel tunnel dell’Alma a Parigi il 31 agosto 1997.

Le ex dipendenti contestano, al proprietar­io dai magazzini Harrods di Londra, dell’Hotel Ritz a Parigi e del Fulham, esplicite richieste di favori sessuali, avvenute 25 anni fa.

Regole di ingaggio

Il capo del personale: “Sia uomo o donna, meglio non abbracciar­e nessuno”

Addio all’open bar Vox Media, che ha già licenziato il direttore editoriale, limita gli alcolici: due bicchieri

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LaPresse Altri tempi Una scena del film “Office Christmas Party”, in basso il produttore Harvey Weinstein
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