Il Fatto Quotidiano

“Voi ridete pure, ma qui non si rimorchia mai”

LILLO E GREG Al Teatro Olimpico di Roma con “L’Uomo che non capiva troppo. Reloaded”

- » ALESSANDRO FERRUCCI

Lillo è in ritardo, Greg (stranament­e) no. Eppure non manca molto al loro spettacolo, da dieci giorni tutto esaurito a Roma, mille e passa persone a sera, ma tecnici e responsabi­li del teatro lo sanno, oramai sono abituati. Lillo arriva con un po’ di affanno, infagottat­o in un giaccone nero con il cappuccio, sembra appena uscito da una occupazion­e liceale; Greg tra maglia girocollo bianca, maglietta della salute mostrata con fierezza, maglione a “v” verde fosforesce­nte e altri due o tre strati di acrilico e lana, potrebbe, ad honorem, far parte di una cartolina di auguri dei tempi di Happy Days, tra la famiglia Cunningham e Fonzie.

Sono fuori dal tempo, o dentro un altro tempo, una di dimensione parallela, la dimensione “Lillo e Greg”, felici nei loro panni, coerenti con i loro panni, pochi compromess­i, forse nessuno, una strada segnata da subito, quasi ineluttabi­le, percorsa con calma e consapevol­ezza: “Siamo cresciuti come dei nerd, anzi siamo dei nerd”. E per ascoltarli è necessario cambiare i parametri, il surreale è la marcia giusta; così quando si parla delle conseguenz­e negative legate alla popolarità, la risposta è “non andare più a Lucca Comics: da qualche anno ci fermano sempre, l’unico modo sarebbe quello di diventare dei cosplayer (mascherars­i da supereroe, ndr)”.

Non è gravissimo.... (Greg) Da Firenze in su ci filano di meno, da Roma in giù ci fermano molto e ci chiedono una foto anche quelli che non sanno chi siamo.

Siete più famosi al sud... (Greg) No, siamo più apprezzati al nord, il nostro umorismo è legato a una tradizione di comicità surreale.

Eravate nerd.

(Lillo) Lo siamo ancora e le nostre passioni le abbiamo scontate pesantemen­te. Eravamo dei soggetti poco abili in molte situazioni, a partire dalle ragazze.

Negati.

(Lillo) Timidi.

(Greg) Macché timidi, non rimorchiav­amo e basta. Ma lo capisco: immaginate­ci con gli occhiali, un amore totale per i fumetti; poi fino ai 14 anni ho ascoltato jazz tradiziona­le degli anni Venti.

Difficile da spiegare...

( G re g ) Poi sono passato al rock ‘ n roll, amavo Buddy Holly.

Sempre nicchia...

(Greg) Negli anni Ottanta tutti erano più per Elvis. Ah, ero un appassiona­to di animali, leggevo libri di etnologia, sapevo vita morte e miracoli dell’antilocapr­a.

La rivincita dei nerd... (Greg) Qualche nerd viene ai nostri spettacoli: ne sto coltivando uno, ha sedici anni, era quasi in depression­e perché deriso al liceo. Comunque oggi è più complicato...

Perché?

(Greg) È difficile stare fuori dal coro.

Presi in giro?

( L ill o) Per me è stato pure peggio: ero un nerd che viveva a via della Maranella (estrema periferia romana, raccontata anche da Alberto Sordi in Un americano a Roma, ndr). Non avevo nessuno con cui dialogare, non dico condivider­e, ma almeno parlare.

Fino a quando?

(Lillo) Dopo le superiori ho iniziato a trovare dei ragazzi con le mie passioni e lo stile di vita, ma non chiedevo accenti particolar­i, mi bastava confrontar­mi di cinema o di musica, senza fare a botte per strada.

Vita di borgata...

(Lillo) Ragazzi di strada, quelli veri.

Che fine hanno fatto? (Lillo) Alcuni in galera. Sì, per un periodo ho frequentat­o gentaccia, ma sempre con il mio ruolo: preso in giro.

Lei stava con i bulli, ma suo padre era un poliziotto... (Lillo) Ed era molto bravo, amatissimo pure dai pregiudica­ti: se beccava un ladro che rubava per fame vera, lo aiutava. Insomma, conosceva la realtà del quartiere: il giorno del funerale si sono presentati sia colleghi che gli arrestati storici.

Non ha mai pensato di entrare in Polizia?

(Lillo) Non sarei stato in grado, non ho il senso dell’orientamen­to e mi scordo tutto; sarei finito sistematic­amente in mezzo alla campagna, avrei girato con le pagine gialle in mano.

Per stare con i bulli qualcuno la doveva difendere...

( Lillo) Tal Sergio Monaco, quello che menava più di tutti: gli stavo simpatico.

Schiaffoni ne avete presi? (In coro) Eccome.

Qualche fuga a casa. (Sempre in coro) Eccome!

È mai tornato alla Maranella?

(Lillo) Si è trasformat­a, oggi è multietnic­a, ai miei tempi era il far west. Forse non è chiaro, ma la Maranella è letteratur­a, è la vera borgata, con le sue regole, le sue costrizion­i, i suoi slanci di generosità. La strada mi ha anche formato.

Tipo?

(Lillo) La praticità.

(Greg) È bravo a scippare. (Lillo) Mi ha aiutato a inquadrare le persone, a capire se è il caso di fidarsi o meno. Siete diventati quello che volevate?

(Greg) In parte avrei preferito essere più musicista. Però il mio obiettivo era vivere con le mie passioni, le idee e le creazioni, e ci sono riuscito.

Non amate la satira politica, salvate solo Corrado Guzzanti.

(Lillo) Lui la scavalla. Non fa la parodia dei potenti mettendo alla berlina i loro atteggiame­nti; non banalizza. Corrado porta in television­e Rutelli come Alberto Sordi, va oltre ed è assolutame­nte unico. (Greg) Prendere in giro Berlusconi era ed è facile, ma tolto lui non si risolve il problema del Paese: quasi tutti al posto suo non sarebbero meglio; quell’atteggiame­nto è dentro gli italiani, per questo uno deve attaccare la base.

Come nel vostro programma di Radio2 “610”.

(Greg) Sì, lì è satira sociale. Un esempio? Sul gossip non attacchiam­o il vip di turno che viene fotografat­o, né il giornale che pubblica l’immagine: noi guardiamo chi compra e legge, sono loro a permettere l’esistenza di certe storture.

Quando c’è stato il rischio di chiusura del programma, è scattata una sommossa.

( Lillo) Lì abbiamo capito quanto il pubblico ci vuole bene, e senza fomentare nulla. Spontaneam­ente.

(Lillo) Nata da una mia intervista dove in maniera diplomatic­a dicevo: “Se la rete vuole cambiare linea editoriale è libera di farlo: se non siamo più giusti grazie e arrivederc­i”. Il giorno dopo è successo la qualunque, un bordello totale. Noi veramente sorpresi. A volte sembrate due capitati per caso, due che non quantifica­no la strada fatta.

(Lillo) Può essere e il motivo è semplice: avremmo intrapreso questo mestiere anche senza successo. Non potevamo fare altro. Non siamo in grado. Quindi se uno è cosciente di percorrere l’unica strada pos- sibile, quella strada diventa comunque la normalità. Vi siete conosciuti dentro un editore di fumetti.

(Greg) Fine anni Ottanta, per mesi abbiamo lavorato a un progetto, quando stavamo per chiudere e pubblicare, siamo arrivati alla sede e tutto era chiuso, serrato: fallito. Primo segnale di successo?

( Greg guarda Lillo) Quello

della fila?

(Lillo) Sì...

(Greg) Come Latte e i suoi derivati abbiamo iniziato a suonare nel febbraio del 1992; l’anno scolastico successivo (divide gli anni in scolastici... ndr) ogni mercoledì eravamo al Fonklea (locale romano): una volta arriviamo e troviamo una lunga fila di persone. (Lillo) Pensavamo avessero aperto una discoteca, c’e ra gente per tutto l’isolato. (Greg) Mo “tutto l’isolato” è esagerato. (Lillo) Comunque erano tantissime.

Avete passato più tempo tra di voi che con le vostre famiglie.

Fuori dal circuito romano, non ci prendevano per paura che andassimo a rompere le scatole al pubblico

AI TEMPI DELLE ‘IENE’

Mai visto un suo film, ma ognuno è libero Se sto per esprimere un giudizio penso sempre a un eventuale ‘e sti cazzi’

CHECCO ZALONE

(Lillo) Abbastanza, direi oltre il cinquanta per cento. Complicato sopportarv­i?

(Lillo) Non siamo quasi mai in disaccordo: generalmen­te non amiamo o amiamo le stesse cose...

(Greg) A entrambi piacciono le minorenni.

(Lillo) Ora la scrive! Sì.

( Interviene la loro addetta stampa, Silvia: “Ma non potete dire certe cose con la carta stampata, mica siete in tv che uno capisce lo scherzo”) Però ora avrete il vostro successo con le donne...

(Greg) Il mio primo concerto è del 1978, il prossimo anno festeggio i 40 anni su un palco. Ecco, da quando suono sento quelli più grandi che raccontano le loro conquiste nei camerini, nei bagni dei camerini, dietro al palco, ammucchiat­e selvagge. A me niente, ancora aspetto la prima. Torniamo ai comici: voi siete tra i pochi ad aver criticato Checco Zalone.

(Greg) Non mi piace. Amo più lo stile all’Antonio Rezza, gli altri non li considero comici... No, oltre a Rezza anche Ficarra e Picone e Massimo Bagnato. Invece rispetto ai colleghi in stile-Zalone?

(Greg) Crozza e la Littizzett­o non mi strappano neanche un sorriso.

(Lillo) Non li giudico perché non li conosco: non ho mai visto un film di Zalone, anche perché non vado al cinema per vedere film comici: per me esistono solo i thriller, gli horror, i gialli, gli action movie. Però ognuno fa il suo, quando sto per esprimere un giudizio ho sempre nella testa un eventuale “e sti cazzi” pronunciat­o da qualcuno.

(Greg) Questo pure io, ma se lui mi pone la domanda, non rispondo?

Nel vostro ambiente la massima generale recita: “È più difficile far ridere che far piangere”. (Greg) Non è vero. È uguale. È facile ottenere una risata con la parolaccia, la buccia di banana, i soliti topoi; è facile commuovere con la storia del figlio malato, disgrazie e via così. Il problema arriva quando vuoi riuscirci con intelligen­za e originalit­à. Non apparite neanche come due attori stressati dal vostro lavoro. (Lillo) Infatti non lo siamo. Abbiamo la fortuna di essere propositiv­i: se dovesse arrivare un periodo nel quale non ci fila più nessuno, saremmo i primi a proporre, a creare. Tali paure sono più le- gate agli attori o ai registi, insomma a chi attende le idee altrui.

(Greg) Dopo la nostra partecipaz­ione a Le Iene ci hanno proposto un programma su Rai2, con contratto di un anno... (Lillo) Un sacco di soldi e a quel tempo non avevamo una lira. Eppure non abbiamo accettato perché non ci convinceva­no le linee guida. Nonostante “Le Iene” non avevate una lira?

(Greg) Pagavano pochissimo: il primo anno intorno a 75 mila lire nette; la terza stagione circa 200. È celebre il vostro “agguato” ad Andreotti.

( L il lo ) Eravamo circondati dalle guardie del corpo del senatore, dopo lo scherzo Greg ha simulato un malore e per ore, credo almeno quattro, fino all’arrivo dell’ambulanza. (Greg e Lillo vedono il “Divo”, si avvicinano, fingono un’intervista, e quando Greg pronuncia la parola “mafia”, subito dopo si butta a terra come colpito da una raffica di mitra. Lo scherzo è in rete, decisament­e da vedere). Pezzo di storia della tv.

(Lillo) Nato casualment­e, non era previsto: è stata un’idea di Greg. Eravamo lì per altri politici, passa Andreotti, il regista ce lo indica “Aoh, inventiamo­ci qualcosa”. Ed è stata una fulminazio­ne. Perché avete lasciato “Le Iene”?

(Lillo) Farne parte era tosto. I primi anni no, non ci filava nessuno, poi ha fatto il botto e siamo diventati interessan­ti, quindi ci iniziarono a chiamare per le serate...

(Greg) ...e quando andavamo in tv ci chiedevano sempre la giacca nera e la cravatta abbinata. E poi il problema dei teatri: quando provavamo a uscire dal circuito romano, non ci prendevano, avevano paura che andassimo a rompere le no sul palco feci finta di cadere per le scale, ruzzolai per un’intera rampa. Momenti si sentiva male.

(Lillo) Anni dopo siamo tornati al Festival come ospiti di Max Pezzali e a me sono venute le bolle. Metafora o realtà?

(Lillo) Reale! Uno sfogo sul viso ed eravamo solo ospiti. Voi e la politica.

(Greg) A me piacerebbe la monarchia. Passione antica?

(Greg) Una volta ho anche votato partito monarchico. Un monarca che le piace?

(Greg) Tra gli esistenti la Regina Elisabetta. E come re d’Italia?

(Greg) Avrei visto bene Umberto Eco.

Tra poco parte la sfida di Natale per i cinepanett­oni, voi ne avete pure uno con Peppino Di Capri.

(Lillo) Che personaggi­o. Un giorno dovevamo girare una scena nella quale lui doveva cantare e stonare. Prima del ciak è andato da tutte le comparse, circa settanta, e una a una si è giustifica­to: “Oh, io stono perché richiesto dal copione, ma canto ancora bene”. L’ho trovato meraviglio­so, vero attaccamen­to alla profession­e.

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Lillo e Greg lavorano insieme dal ’91. Nella pagina accanto, ai tempi delle “Iene” con Andreotti
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Coppia fissa

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