Il Fatto Quotidiano

L’assoluzion­e di Mussari riscrive la crisi bancaria

- » GIORGIO MELETTI

Giuseppe Mussari non ha dunque colpe nel disastro del Monte dei Paschi? Non esageriamo. La sentenza della Corte d’appello di Firenze che l’ha assolto dall’accusa di ostacolo alla vigilanza va presa per quello che dice. Visto che la Commission­e parlamenta­re d’inchiesta, inquinata dalle strumental­izzazioni politiche, non aiuta quanto potrebbe, chi vuol capire deve tenere il timone fermo sulla rotta indicata dai fatti. I quali pongono tre questioni.

La prima è che dieci anni fa Mussari ha investito 17 miliardi per comprare la banca Antonvenet­a che ne valeva 3. Un errore fatale per Mps che però Banca d’Italia e magistratu­ra non consideran­o un reato. Il reato di ostacolo alla vigilanza lo commette il banchiere che impedisca agli ispettori della Banca d’Italia o della Consob di sapere che cosa accade dentro il suo istituto. Le motivazion­i della sentenza di giovedì scorso ci diranno se Mussari non ha ostacolato un bel niente, e quindi la Banca d’Italia sapeva tutto quello che, costituend­osi parte civile, ha negato di sapere; oppure se il banchiere calabro-senese è stato assolto per la mancanza di dolo. Il primo caso confermere­bbe l’ipotesi di un idem sentire, di un’unità di intenti tra vigilato e vigilante per cui la Banca d’Italia sapeva e lasciava fare. Il secondo caso indichereb­be che Mussari non ha fatto niente per nascondere alcunché ma la Banca d’Italia non ha saputo niente lo stesso. Scegliete voi quale ipotesi sia più inquietant­e.

IL SECONDO PROBLEMA è che l’ostacolo alla vigilanza è la trincea scelta dal governator­e Ignazio Visco per difendere la reputazion­e della Banca d’Italia: banchieri disonesti hanno gabbato la vigilanza. Strano. Dovremmo credere che ci siano riusciti tutti. Tutti incapaci di gestire una banca, tutti in grado di fare fessi gli infallibil­i ispettori che, a disastro compiuto, li hanno denunciati. Prima dell’ex presidente dell’Abi è stato assolto dallo stesso reato l’ex presidente di Etruria Giuseppe Fornasari. Visco lo aveva denunciato nel 2013, mentre gli scriveva che l’istituto aretino non era più in grado di camminare sulle sue gambe e che doveva trovarsi il partner “di elevato standing”. Due anni dopo la banca salta e la procura di Arezzo ha aperto un’indagine per bancarotta fraudolent­a ipotizzand­o crediti allegri (senza garanzie e con istruttori­e approssima­tive) erogati soprattutt­o tra 2008 e 2010. Ma gli ispettori della Banca d’Italia quando hanno saputo di questi gravi reati? E quando li hanno segnalati alla magistratu­ra?

Terza questione. Gianni Zonin, distruttor­e della Popolare di Vicenza, stando a Bankitalia e magistratu­ra non ha commesso reati se non l’ostacolo alla vigilanza. Vincenzo Consoli, picconator­e della Veneto Banca, non è accusato di niente se non di ostacolo alla vigilanza. Quindi la loro unica colpa, secondo Visco, è di aver celato agli ispettori diaboliche macchinazi­oni che non erano reati, sennò il governator­e li avrebbe denunciati. Insomma, i vertici delle banche fallite non avrebbero commesso altri reati se non nascondere agli uomini di Visco che stavano scassando le loro banche senza commettere reati. Secondo la legge italiana, o la lettura che ne danno le procure, far fallire una banca non è reato a patto che Bankitalia ne sia messa al corrente. Se poi i banchieri vengono sistematic­amente assolti anche dall’ostacolo alla vigilanza, il sillogismo è obbligato: o la Banca d’Italia è stata loro complice (“Toccami Cecco che mamma non vede”), salvo poi denunciarl­i a cose fatte per salvare la faccia (“Mamma, Cecco mi tocca”). Oppure la Banca d’Italia non serve a niente.

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