Il Fatto Quotidiano

Fs-Anas al capolinea: la super fusione su un binario morto

Lo stallo Non solo il futuro dei due ad, a bloccarla c’è il contenzios­o del gruppo di Armani e quasi 2 miliardi di svalutazio­ni mai fatte

- » DANIELE MARTINI

Da operazione economico-finanziari­a epocale a grande bluff dell’anno: dopo uno strombazza­mento di mesi, sta imboccando il binario morto l’incorporaz­ione dell’Anas da parte delle Fs. Buttando il cuore oltre l’ostacolo all'inizio di dicembre avevano fatto circolare l’informa zione che l’affare sarebbe stato chiuso martedì 12 dall’assemblea degli azionisti. Poi, improvvisa, la frenata. L’unione tra binari e strade resta ufficialme­nte all’ordine del giorno, ma la data non c’è più. Sentite dal Fattole Fs prima hanno sostenuto che ci sarebbe stato solo un piccolo slittament­o, poi che non erano in grado di indicare un giorno preciso. Che cosa è successo? Semplice: stanno venendo fuori tutti insieme i dubbi sulla sostenibil­ità dell’operazione infilati per mesi sotto al tappeto dal ministero del Tesoro e da quello dei Trasporti.

LE CONTRADDIZ­IONIsono esplose il 4 dicembre nel corso di una riunione al ministero del Tesoro: entrati a passo sicuro e con sorrisi smaglianti, Renato Mazzoncini e Gianni Armani, amministra­tori delegati di Fs e Anas, sono usciti mogi e scuri in volto. In quel momento hanno capito che la marcia trionfale verso la riconferma dei rispettivi incarichi ottenuti ai tempi del governo Renzi e in scadenza l’anno prossimo, attraverso la fusione tra treni e strade che li avrebbe resi indispensa­bili anche con il nuovo esecutivo, stava diventando una via stretta e lastricata di spine. Oltre a loro, a quella riunione c’e- rano i due capi di Gabinetto del Tesoro e dei Trasporti, Roberto Garofoli e Mauro Bonaretti. Poi i rappresent­anti della Ragioneria dello Stato e pure il tecnico dell’operazione dal lato Fs, Francesco Parlato, ex custode al Tesoro delle partecipaz­ioni dello Stato per 13 anni, dal 2003 al 31 marzo 2016, e dal giorno dopo dirigente delle Ferrovie in barba alla legge che vieta tassativam­ente passaggi del genere per almeno 3 anni.

Nel corso della riunione sono venute a galla forti perplessit­à sul perfeziona­mento del Contratto di programma Anas e sull’adeguatezz­a degli stanziamen­ti a copertura dei 9 miliardi di contenzios­o cumulato dall’azienda delle strade con centinaia di imprese. Il macigno più grosso piombato sui presenti è stato però quello della svalutazio­ne di 2 miliardi di euro del patrimonio Anas non ammortizza­bili in base alle attuali regole contabili. I primi a tirar fuori la vistosa anomalia spulciando i bilanci in vista dell’incorporaz­ione erano stati gli esperti di Price Waterhouse scelti dalle Fs come consulenti. Per aggirare l’ostacolo Armani e Mazzoncini nel corso della riunione hanno tirato fuori dalle cartelle un testo da consegnare a qualche volenteros­o e disponibil­e parlamenta­re perché lo pre- sentasse come emendament­o alla legge di Bilancio. L’obiettivo era quello di far concedere all’Anas un valore di subentro proprio di 2 miliardi di euro, una specie di buonuscita sul modello di quelle accordate ad Autostrade per l’Italia dei Benetton e al gruppo Ga- vio dal ministro dei Trasporti, Graziano Delrio.

I rappresent­anti della Ragioneria hanno detto di no sostenendo che non si poteva violare uno dei capisaldi dell’operazione stabiliti dal decreto del governo il 24 giugno 2017, e cioè “l’assenza di effetti negativi sui saldi di finanza pubblica”. I rappresent­anti della Ragioneria e del Tesoro a quel punto hanno cercato di farsi spiegare perché l’importo della svalutazio­ne non era stato finora evidenziat­o nei bilanci Anas approvati. Armani ha ribattuto che la Relazione al bilancio 2016 dà conto della valutazion­e delle eventuali perdite.

SPULCIANDO il bilancio, a pagina 299 della Relazione in realtà si afferma che per la valutazion­e delle perdite durevoli di valore l’Anas si è avvalsa dell’approccio semplifica­to come previsto dall’Organismo Italiano di Contabilit­à-OIC 9. Fonti autorevoli del ministero del Tesoro spiegano al Fatto che però il metodo contabile usato dall'Anas non sarebbe proprio corretto. L’a pproccio semplifica­to adottato è applicabil­e solo alle società di piccole dimensioni mentre l'Anas con circa 6 mila dipendenti e 700 milioni di euro di ricavi nel 2016 non rientra di certo in questo novero così come disciplina­to proprio dall’OIC 9. Oltretutto la svalutazio­ne avrebbe dovuto essere non di 2 ma di 3 miliardi e mezzo per effetto di una legge del 2011 (articolo 4 comma 19 Decreto legge 70 del 13 maggio), citata a pagina 340 del Bilancio, ma non più valida perché abrogata dal Codice degli appalti dell’aprile 2016. Già nel bilancio 2016 Anas avrebbe dovuto svalutare e chiudere in perdita l’esercizio. Perché non è stato fatto?

Riunione molto tesa

Al Tesoro tutti i nodi vengono al pettine I rilievi di Pwc sui bilanci della società delle strade

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Anas/LaPresse Che coppia Renato Mazzoncini (Fs) e Gianni Armani (Anas)

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