Lotti, norma ad personam per Malagò: resta al Coni
In Finanziaria: sì al 3° mandato
Altri quattro anni alla guida dello sport italiano: tra le modifiche dell’ultimo minuto alla legge di Bilancio spunta l’emendamento “salva Malagò”. Se vorrà, potrà restare in carica fino al 2025, mentre tutti gli altri capi delle Federazioni sportive alla scadenza del terzo mandato dovranno andare a casa. È il regalo di Natale del ministro Lotti al presidente del Coni. Ammesso che passi: la norma rischia di essere inammissibile.
L’emendamento porta la firma di Luca Lotti in persona. C’è uno scambio di corrispondenza privato, visionato da Il Fatto Quotidiano, in cui l’ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio detta tempi e modi di consegna: “Da presentare a prima firma Molea”, si raccomanda Palazzo Chigi, forse anche per non lasciare il marchio diretto del Pd sul provvedimento (il deputato Bruno Molea fa parte della corrente Civici e Innovatori). “Ti ringrazio molto, anche a nome del Ministro”.
Già, perché la questione sta da tempo a cuore di Lotti. Lo scorso settembre la Camera aveva approvato un ddl ad hoc, in cui fissava un tetto di tre mandati per tutti i presidenti. La norma era nata per rinnovare le Federazioni sportive, dove ci sono dirigenti in carica da decenni, ma più di tutti aveva fatto felice Malagò: per il numero uno del Coni, infatti, il precedente limite era di due mandati, la nuova legge gli dava la possibilità di farne un terzo.
CON L’INTESA Pd-Forza Italia e il benestare della Lega, l’approvazione definitiva sembrava una formalità, ma qualcosa si è bloccato: il governo ha avuto altro da fare, tra legge elettorale e manovra, forse qualche consenso è venuto meno al Senato. Così con la fine della legislatura alle porte, al governo si sono accorti che non ci sarebbe stato il tempo per fare il passaggio decisivo a Palazzo Madama. Immediate le rimostranze del Coni, pronto l’intervento di Lotti: l’emendamento alla legge di Bilancio, l’ultimo treno prima dello scioglimento delle Camere, ricalca in toto il testo della legge approvata alla Camera.
Con una differenza, però, neanche tanto trascurabile: il ddl prevedeva una fase transitoria, per cui tutti i presidenti federali in carica che hanno già raggiunto il limite avrebbero avuto a disposizione un ulteriore mandato. Era il compro- messo su cui era stato trovato l’accordo politico per far passare la legge. Con l’emendamento, invece, il termine dei tre mandati diventa all’i mprovviso retroattivo: chi li ha già svolti, nel 2020 dovrà farsi da parte. E questo ha scatenato una piccola rivolta: “Per salvare lui, scaricano tutti gli altri”, commentano alcuni nell’ambiente a cui la novità certo non ha fatto piacere.
C’è ancora un ostacolo, però: l’inserimento nella manovra di una norma ordinamentale, che non ha nulla a che vedere col bilancio dello Stato, è chiaramente una forzatura. Ne sono state fatte tante per questa finanziaria, ma “tutto ha un limite”, ragionano in Commissione Bilancio alla Camera, che in questi giorni dovrà pronunciarsi sull’ammissibilità. Lo staff di Lotti ha provato ad aggirare il problema, inserendo un piccolo cappello, che recita: “Al fine di assicurare il migliore impiego delle risorse assegnate al Coni”. Ma che il presidente faccia due o tre mandati non ha alcun effetto sui conti pubblici, e anche la postilla studiata da Palazzo Chigi potrebbe non bastare. In caso di parere negativo, Malagò dovrà rassegnarsi: la sua era è destinata chiudersi nel 2020.
Colpo in Manovra Potrà restare in carica fino al 2025, gli altri capi delle Federazioni a casa dopo 3 mandati Chi è Giovanni Malagò è nato a Roma il 13 marzo 1959. Il 19 febbraio 2013 è stato eletto con 40 voti Presidente del Coni battendo a sorpresa Raffaele Pagnozzi, segretario generale dal 1993, fermatosi a 35 nonostante l'appoggio del presidente uscente Petrucci e delle maggiori federazioni, Figc in testa