“Deve sapersi rinnovare anche l’antifascismo”
Franco Cassano “È sbagliato sottovalutare i rigurgiti neri, ma lo è pure rispondere con i canoni classici. Il quadro è troppo diverso dal dopoguerra”
“Attenzione a non sottovalutare, ma attenzione anche a rispondere con i canoni classici, il quadro è troppo diverso da quello del dopoguerra”.
ttenzione a non sottovalutare, sono manifestazioni gravi. Ma attenzione anche a rispondere con i canoni classici, il quadro è troppo diverso da quello del dopoguerra. Anche per l’antifascismo è arrivato il momento di mettersi in discussione”. Franco Cassano, sociologo e deputato Pd, di fronte ai rigurgiti di fascismi non si iscrive certo alla schiera dei pompieri, ma nemmeno a quella dei facili incendiari. Professore, in Italia il neofascismo è stato una cosa seria: stragi, progetti di colpo di Stato. Alla luce di questa esperienza, i rigurgiti di questi mesi si ridimensionano o devono preoccuparci ancora di più?
Non dimentichiamo che il fascismo in Italia c’è stato davvero ed è profondamente legato alla nostra storia, quindi ogni sua manifestazione non va sottovalutata e va affrontata con la massima intransigenza. L’intimidazione a un giornale, come avvenuto a Roma nei giorni scorsi davanti alla sede di Repubblica, è insopportabile. Tuttavia, osservando queste frange, è necessario cogliere una fondamentale differenza con il neofascismo di quarant’anni fa: esse avvertono un consenso, perché il senso comune è cambiato. E questo, ovviamente, è un fenomeno non solo italiano.
Insomma, un tempo essere fascisti significava stare dalla parte dei perdenti o quanto meno della minoranza. Oggi non è più così?
Dopo gli anni delle riforme e del welfare, nei quali l’Occidente ha visto ridursi notevolmente le disuguaglianze, e a partire dal 2006 con la crisi del neo-liberismo siamo entrati in una fase storica nuova, dove domina la paura di perdere ciò che si ha, indipen- dentemente dal fatto che accada realmente. È in corso uno spostamento d’opinione che va dall’Europa agli Usa di Trump. Ritorna l’amore per i confini, dal nazionalismo alle piccole patrie. Un’azione tempestiva di reazione al rigurgito fascista deve tenere conto di questo sfondo, non si può più ragionare con i vecchi schemi. La crisi del ceto medio è evidente, il cosmopolitismo della sinistra viene visto come un vezzo aristocratico che non ci si può più permettere; dare una risposta in termini di fraternità, solidarietà è sempre più difficile. E in un momento di disgregazione, si aprono praterie per i fascismi.
Le solite responsabilità della sinistra?
Più che rinfacciarsi responsabilità, come accade ogni giorno, sarebbe utile ragionare. Alla sinistra perennemente divisa, e non solo a quella italiana, manca oggi una seria riflessione sulle origini sociali di tali divisioni ed è venuta a mancare la centralità dell’idea di futuro. La passione dominante non è più la speranza, ma la paura. E tutto questo favorisce la conservazione e lo spostamento a destra.
Quindi non c’è più spazio a sinistra?
Il punto, oggi, è che tra destra e sinistra la distinzione è sempre meno chiara. L’identità della sinistra si basava sulla difesa delle classi sociali deboli e sull’internazionalismo. Oggi l’orizzonte internazionale appare fortemente se- gnato dall’egemonia del capitale finanziario, che risucchia le forze più dinamiche, mentre quelli che non ce la fanno o hanno paura di non farcela avvertono il rischio dello sradicamento e scorgono nelle identità forti e coese uno strumento di difesa. La sinistra in Occidente è sempre più dilaniata da questa contraddizione e perde consensi a favore delle destre, che trovano nelle periferie delle grandi città il campo d’azione ideale per la xenofobia.
La domanda a questo punto è: che fare? Occorrerebbe un grande salto in avanti a livello europeo, capace di sottrarre la difesa delle aree e delle figure più deboli al richiamo nazionalistico. Sarebbe necessaria un’Ue molto diversa da quella esistente. Ma i tempi stanno diventando sempre più stretti.
Salvini è fascista?
Sta cercando di porsi su un piano nazionale convergendo su temi propri della destra più xenofoba, ma credo che a sud non riuscirà a cancellare facilmente una lunga storia di antimeridionalismo.
Il M5S è stato un argine all’estremismo di destra?
In parte l’ha anche incorporato, perché più di tutti in Italia ha intercettato la crisi. Ma esso più che una terapia è un sintomo. E l’ambiguità del Movimento che ancora deve sciogliersi e che, con vista governo, si sta accentuando invece che diminuire.
CRISI DEL CETO MEDIO E MIGRAZIONI “La sinistra arretra perché è venuta a mancare l’idea di futuro. Vincono la paura e la conservazione” C’è una fondamentale differenza con il passato: le frange xenofobe si sentono le spalle coperte, il senso comune è cambiato O lo capiamo o non sapremo come reagire