Il trauma sono i medici che si comportano da veterinari
Potrei dire tante cose belle del parto in casa, avendolo sperimentato quattro volte con soddisfazione. Ma la scelta di come partorire è così personale e delicata che le lezioncine e i consigli rischiano di risultare più fastidiosi che utili, e del resto non tutte hanno la fortuna di avere nella propria città favolose associazioni di ostetriche che ti assistono prima, durante e dopo, e il rimborso da parte della Regione ( attualmente succede solo in Emilia Romagna, Marche, Piemonte e Lazio). Allora parlerò di OVOItalia. No, non è un marchio di uova bio: è l’Osservatorio sulla violenza ostetrica, cioè sui maltrattamenti fisici e psicologici che le donne subiscono in sala parto, dalle cure senza consenso all’eccesso di trattamenti, dall’umiliazione alla separazione ingiustificata dal bebè. Secondo una ricerca, ne sono state vittima il 21 per cento delle primipare, molte delle quali si sono fermate a un figlio proprio per non rivivere quel calvario.
SÌ, SONO i racconti horror che si scambiano le neo- mamme ai giardinetti o nell’anticamera del pediatra: travagli atroci e interminabili, frasi offensive, medici noncuranti, zero privacy, eccetera. I veterinari chiamati a far partorire le mucche spesso sono più premurosi di certi ginecologi, che anziché accompagnare la donna, la estraniano dall’atto più naturale, quello in cui il corpo femminile esprime tutta la sua potenza, mettere al mondo un figlio. Ecco, la certezza che sarai trattata umanamente da donne che vogliono bene alle donne e ai bimbi è il vero indiscutibile plus del parto in casa, che peraltro, se avviene secondo i rigorosi protocolli di legge (gravidanza non gemellare e cefalica, donna in salute, poca distanza da una struttura ospedaliera…) offre le stesse garanzie di quello medicalizzato. E poi, appena scodellato il pupo, puoi bere spumante dalla bottiglia cantando We Are The Champions, come ho fatto io. Si può, in ospedale?