A casa oppure in ospedale, l’ideologia non fa bene al parto
C’è una tale indifferenza rispetto al tema del parto nel nostro paese che l’incantevole serie tv Chiamate la levatrice, prodotta dalla Bbc, è stata ignorata dalla Rai e trasmessa, invece, da Rete 4 (e poi da Netflix). La storia è quella di un gruppo di levatrici che nell’Inghilterra degli Anni Cinquanta aiutano le donne a partorire: quasi sempre in casa, come loro stesse chiedono. La fiction è scientificamente inattaccabile, e serie dopo serie chi guarda capisce con chiarezza che il parto in casa non è pericoloso. La stessa informazione ce la danno i dati che abbiamo a disposizione: il vero rischio sono i cesarei, specie quando non necessari.
INSOMMA partorire in casa è sicuro: ma questo non vuol dire che sia per tutte (ad esempio, non per la sottoscritta). Né che sia giusto sposare una crescente retorica new age su quanto la natura sia sempre benigna, il parto un evento magico e mai conflittuale, l’epidurale inutile e dannosa per il bambino. Una posizione che sconfina nell’ideologia e che spesso si accompagna ad una visione veramente oltranzista dell’allattamento al seno, che colpevolizza le donne che rinunciano per motivi sempre dolorosi, e a una scelta a favore del co-sleeping a oltranza. Insomma se i medici dovrebbero smettere di dare del tu alle donne, eccedere in stimolazioni artificiali e manovre inutili, imporre cesarei per motivi non clinici, come un weekend di ferie (accade), le donne potrebbero però evitare le sirene del naturalismo radicale, visto che la scienza è una conquista soprattutto perché interviene a correggere le storture della natura, come l’orrendo dolore del parto.
Abbandonati gli eccessi, comunque, parto in casa e parto in ospedale potrebbero convivere tranquillamente. Purché le donne abbiano tutte le informazioni e riescano davvero a scegliere liberamente. Senza imposizioni mediche da un lato, crociate oltranziste dall’altro.