La teoria del matto e il rischio di fare la fine del babbeo
scimento di Gerusalemme come capitale di Israele.
Era una promessa elettorale. E Trump tiene a dimostrare che, a differenza dei suoi predecessori, le promesse le mantiene. Finora gli è riuscito poco. Come è noto, è sempre qualcun altro a pagare gli impegni presi da Trump. Si pensi ai rifugiati da respingere e ai clandestini da cacciare. Nel caso di Gerusalemme il coraggio tocca agli israeliani, che avevano già Gerusalemme come capitale fin dagli inizi, prima della storia e poi dello Stato.
Ora vengono spinti nell’arena dei conflitti medio orientali dal desiderio di Trump, che vuole stare in scena, verso una dura e lunga situazione conflittuale con l’universo arabo che lo circonda (stracarico di armi americane), proprio mentre sciiti e sunniti, arabi e curdi, Siria e Turchia, Iran e Arabia Saudita appaiono impegnati in un gigantesco cambio di mappe e confini, guerre e alleanze, e ciascuno cerca un nemico aperto e riconosciuto anche per coprire le trame che stanno percorrendo, come micce pronte ad accendersi, tutto il Medio Oriente.
TRUMP PORTA a Israele nemici come la Turchia che, diventando la spada dell’Islam, lava le macchie del suo colpo di stato violento e lungo. Trump teneva troppo al fortissimo colpo di gong per lasciarsi ricordare che la Turchia, ora schierata in prima fila contro Israele, per qualcosa ideato da Trump, è un Paese Nato, che con la Nato condivide piani e segreti. Trump porta alla calca dei nemici di Israele paesi come la Giordania, l’Egitto e il Marocco, dove si può contare su violenze di strada e rivolte a causa della mossa. Un danno in più, di cui pochi si rendono conto, è la cancellazione del principio cui si sono attenuti tutti i presenti americani.
NELLE TRATTATIVA di pace, sempre lunghissime, Gerusalemme deve essere l’ultima parola. Non si può affrontare una questione in cui scorrono tutte le nervature più sensibili della storia e della religione, senza avere risolto le altre questioni. Trump ha stabilito che Gerusalemme sia la prima parola, un modo di rendere onore a se stesso, e che sia impossibile ogni trattativa. Ma soprattutto Trump ha escluso l’America dal naturale ruolo di mediazione della grande potenza. Resta in scena Putin, da solo. Che ha molti progetti e le mani sempre più libere. Gerusalemme è la capitale contesa di Israele e Città Santa nell'ebraismo, nel cristianesimo e nell'Islam. La città delle ambasciate è Tel Aviv La popolazione di religione ebraica residente a Gerusalemme, la comunità più numerosa
Icritici di Donald Trump appartengono a due scuole di pensiero. Quelli di scuola ottimista attribuiscono al presidente americano un procedere erratico, casuale, ispirato da vanagloria o da un tornaconto personale, mai da una strategia coerente; sicché Trump sarebbe, politicamente parlando, un babbeo. Invece la scuola pessimista teme che il babbeo abbia un piano. Annunciando il futuro trasloco dell’ambasciata americana a Gerusalemme Trump pare aver dato ragione ai primi. Il presidente avrebbe compiuto quella scelta “insensata” (così il Financial Times) per assolvere l’impegno preso con i due gruppi di pressione determinanti nella sua elezione, la destra fondamentalista Evangelicale l’ultradestra ebraica. Avrebbe agito solo per una mediocre convenienza personale: se davvero volesse imporre una sua soluzione al conflitto arabo-israeliano, si argomenta, non avrebbe vanificato mesi di colloqui con i palestinesi per un annuncio che smaschera la non-equidistanza tra le parti de ll’amministrazione Usa. Eppure potrebbe esserci del metodo in tanta inettitudine.
IL COLPO DI SCENA trumpiano infatti è coerente con altre e più discrete iniziative con le quali il presidente ha contribuito a dinamiche che stanno cambiando il Medio Oriente: il protagonismo saudita contro Iran, Yemen, Qatar e Fratelli musulmani; l’isolamento di Hamas; il nuovo canone dell’islam “m oderato”, una singolare sovrapposizione di repressione sempre più feroce e aperture sul terreno della morale pubblica; l’a ll in eamento tra Israele e i regimi che guidano la Restaurazione post-primavere arabe (in sostanza Egitto e petro-monarchie). Va da sé che per allestire il nuovo Medio Oriente trumpiano occorre innanzitutto risolvere il conflitto arabo-israeliano. E risolverlo, per Trump e per la sua corte significa far accettare ai palestinesi la sconfitta. Così il presidente ha incaricato i suoi negoziatori di sondare l’Autorità nazionale palestinese (Anp), pressata contemporaneamente da
La scheda 850
La popolazione della città, divisa in quattro aree: ebrea, musulmana, cristiana e armena 500