Mag, la rete autogestita che dà prestiti ai giovani e alle aziende
Da 40 anni queste cooperative promuovono l’accesso al credito per chi non ha le garanzie
Il caso di Firenze Don Santoro non chiede interessi nella sua coop: “Dal denaro non si crea denaro”
Il tasso medio di interesse sul finanziamento, ma la restituzione è più elastica del sistema bancario Ogni società lavora sul progetto con un’istruttoria economica, etica e sociale. Viene preferito il no profit e chi porta un surplus di sviluppo al territorio
Un’idea tanto banale da essere rivoluzionaria. Le banche non investono nel nostro progetto perché siamo giovani, senza un contratto e senza case di proprietà? Basta prestarsi i soldi tra di noi e restituirli con piccoli interessi. Allarga la base del “noi”, mettila a sistema con una cooperativa finanziaria e si possono raggiungere finanziamenti anche di diverse decine di migliaia di euro, leggi permettendo. Questo sta alla base delle Mag, le società di mutua autogestione che da 40 anni promuovono l’accesso al credito per chi non ha garanzie patrimoniali ma ha un’idea forte legata al territorio, possibilmente collettiva e di autogestione.
LA PRIMA Mag nasce a Verona nel 1978 dall’occupazione di una fabbrica in crisi e di terre incolte. “Era un momento di austerity, di crisi, ma c’era ancora l’onda del 1968, era normale cercare soluzioni inedite”, racconta Loredana Aldegheri presidente di MagVerona. Solo che quando queste realtà avevano bisogno di soldi, quale banca avrebbe dato credito a degli occupanti? È così che nasce il prestito mutualistico, ovvero il prestito autogestito dai soci che si basa su una legge del 1886 sul Mutuo Soccorso.
Oggi le Mag sono 6 – Mag Verona, Mag 2 (nata a Milano, 1980), Mag 4 ( Torino, 1987), Mag 6 (Reggio Emilia, 1988), Mag Venezia (1992), Mag Roma (2005) e Mag Firenze (2013); dalla Mag di Padova sono nate la Banca Popolare Etica (1999) e la finanziaria Ctm-Mag poi diventata il Consorzio Etimos – e hanno funzionamenti molto diversi anche a causa delle varie riforme al Testo unico bancario ( Tub) che hanno più volte messo in difficoltà il sistema. Come il Tub del 2016 che ha imposto a molte Mag di diventare istituti di microcredito, quindi prestare un massimo di 75 mila euro, non prestare a enti con più di 200 mila euro di fatturato e molte altre limitazioni. Spesso le realtà finanziate dalle Mag sono più grandi. “Tutti, dal ministero a Banca d’Italia, alle Commissioni parlamentari, hanno riconosciuto l’importanza della finanza solidale – dice Francesco Fantuzzi di Mag 6 Reggio Emilia – ma questo non ha impedito alla legge di penalizzarci”. Qualunque sia la loro forma l’obiettivo però resta lo stesso: “Usare il denaro in maniera diversa e mettere le persone al centro del progetto economico”, spiega Erica Lombardi di Mag Roma.
Si tratta di una realtà ovviamente molto piccola rispetto al sistema bancario. In totale le Mag raccolgono 8,6 milioni di euro e hanno 6.230 soci. “Siamo nati attorno al movimento delle cooperative e delle associazioni di Torino – racconta Maria Pia Osella, vicepresidente della Mag 4 – in quel momento erano venuti fuori molti scandali, banche armate, banche che finanziavano l’apartheid in Sud Africa. Molti risparmiatori cercavano un posto alternativo dove mettere i propri soldi”. Tra i fondatori della Mag4 c’è ad esempio Don Luigi Ciotti.
OGNI MAG è autonoma e ha regole proprie, ma in generale si lavora sul progetto con un’istruttoria economica, etica e sociale. Viene preferito il no profit e tutto ciò che porta un surplus di sviluppo al territorio. Si chiede al gruppo che porta avanti il progetto di trovare un numero di persone che si impegnino a firmare una fideiussione su base fiduciaria, ovvero non viene fatta un’indagine patrimoniale di chi la contrae, è una scrittura privata contemplata dal codice civile.
“Se ognuno nel gruppo si impegna legalmente vuol dire che ognuno si fida dell’al- tro e la Mag allora si fida di loro”. “Io lavoravo in banca e all’inizio non ci potevo credere – spiega Fantuzzi – invece un contratto di fiducia fra le persone è assolutamente più sicuro delle garanzie che si possono dare ad una banca”. “Al centro c’è la relazione – afferma don Alessandro Santoro, fondatore della MagFirenze
– e la corresponsabilità nel progetto”.
Nelle Mag si possono investire dunque i propri risparmi con un minimo di 50 euro. L’investimento non è remunerativo, ma molto più sicuro di qualsiasi investimento fatto attraverso gli intermediari finanziari tradizionali.
L’insuccesso dei progetti è molto limitato. Solo alcuni hanno raccolto dati sugli in- successi. La Mag4 Torino ha un fallimento del 2,5%, la MagVerona e la MagFirenze dell’1% sulle attività di microcredito. La Mag6 Reggio Emilia racconta che solo un progetto non è riuscito a restituire ildebit o attraverso la rete delle garanzie personali. Per chi riceve il finanziamento i tassi di interesse non sono però particolarmente competitivi: variano dal 5 all’8% annuo, con la riguardevole eccezione di Firenze che non chiede alcun interesse. “Dal denaro non si crea denaro”, sostiene don Santoro. Ma in caso di difficoltà la Mag è molto più elastica e permette di adeguare il rientro dei capitali alle possibilità del progetto.