Il Fatto Quotidiano

27 mila volte Gabo: gratis e online il mega-archivio

- » FRANCESCO MUSOLINO © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Immaginate di poter posare i vostri occhi sulle bozze di

Ce nt ’ anni di solitudine, sul dattiloscr­itto originale, osservando correzioni con il pennarello nero, gli interi periodi sottolinea­ti con l’ev idenziator­e e le aggiunte a mano, con la grafia asciutta ed elegante di Gabriel García Marquez, scoprendo, ad esempio, che il nome originale del protagonis­ta era diverso. Ebbene, quanto sareste disposti a pagare per poter consultare l’archivio dell’autore colombiano, che nacque ad Aracataca il 6 marzo del ’27 e ricevette il premio Nobel nel 1982?

NEL 2014 QUALCUNO gridò allo scandalo poiché i reperti profession­ali e personali di Gabriel García Marquez, erano stati venduti all’University of Texas.

Com’era stato possibile che l’eredità letteraria di uno degli scrittori più famosi al mondo, feroce oppositore dell’imperialis­mo yankee, fosse stata affidata proprio allo Zio Sam? Ma adesso, chiunque abbia una connession­e internet, potrà navigare gratuitame­nte fra più di 27 mila documenti – circa metà dell’intero archivio di Gabo – digitalizz­ato dall’Harry Ransom Center con il placet della famiglia dello scrittore, inclusa una registrazi­one audio del discorso di accettazio­ne del Premio Nobel a Stoccolma, lungo 19 minuti e 13 secondi.

L’archivio – disponibil­e sia in inglese che in spagnolo – contiene i manoscritt­i delle sue opere e molto, molto di più.

Con pochi clic, possiamo viaggiare nel baule della memoria di Gabo – scomparso a Città del Messico nel 2014 – fra fotografie inedite, svariati quaderni d’appunti, album di ritagli, sceneggiat­ure ed effetti personali, fra cui anche una curiosa raccolta dei suoi passaporti e dei visti raccolti in giro per il mondo. Si tratta di un regalo inestimabi­le, un tesoro senza eguali per tutti i suoi lettori a ogni angolo del mondo. Ma come ci si relaziona con un simile lascito? Si può andare dritti al punto inserendo le giuste chiavi di ricerca e godersi i suoi pezzi giornalist­ici degli anni 60 da Città del Messico o la sua corrispond­enza privata con più di duemila lettere consultabi­li verso Graham Greene, Milan Kundera, Julio Cortá-

zar, Günter Grass e Carlos Fuentes.

O perché no, perdersi fra i quaranta album fotografic­i che ne documentan­o l’intera vita, spulciando scatti formali con re Juan Carlos, B ill ClintoneFi­del Castro, ricordi di infanzia in tenuta da marinarett­o, fotografie con colleghi e amici – Alvaro Mutis, Jorge Amado–

e quelli affettuosi con la popstar Shakira, scambiando­si una carezza sul viso; le immagini ufficiali per il conferimen­to della Legione d’onore si alternano a occasioni familiari, con un inedito e canuto Marquez che indossa un cappello da Babbo Natale.

Sulla qualità del lavoro svolto dall’Harry Ransom Center di Austin non ci sono discussion­i, del resto in passato si sono già occupati di digitalizz­are numerose collezioni di documenti, fra cui l’archivio della famiglia Brontë, i taccuini di Harry Houdini e le collezioni di scritti di John Keats, John Conrad, Jack London e David Foster Wallace.

Consola il fatto che nemmeno Gabo fosse esente dal vizio di raccoglier­e album di ritagli con recensioni da tutto il mondo dei suoi libri ed è interessan­te notare che, talvolta, pubblicand­o interi capitoli dei propri lavori sui periodici in anteprima, si prese la briga di intervenir­e sul testo prima dell’uscita del libro, seguendo le reazioni del pubblico.

Proprio come faceva Charles Dickens.

Marquez esordì nel 1955 con Foglie morte e nell’archivio sono depositate e consultabi­li ben undici versioni battute a macchina, ciascuna con piccole correzioni. E non mancano le chicche da andare a scovare con pazienza e fortuna fra i 134 manoscritt­i digitalizz­ati; ad esempio, già a pagina due del dattiloscr­itto di Cent’anni di solitudine, (datato 1966, l’anno prima della pubblicazi­one) lo stesso autore, a matita, cambia il nome del protagonis­ta in José Arcadio Buendía – come tutti lo conosciamo – cancelland­o il semplice José. Chi può dire se

quella scelta avrà cambiato la sorte del libro in cui scopriamo il magico mondo di Macondo? Ma chissà quanto dev’essersi arrovellat­o prima di decidere.

Quest’archivio è una finestra che si spalanca sul laboratori­o dell’artista e consultand­o i manoscritt­i emergono i termini scartati in Cronaca di una morte annunciata,

i periodi eliminati in Memoria delle mie puttane tristi,

il succo vitale della creatività, in cui ogni parola, se non è necessaria, dev’essere eliminata.

E infine una nota per i cacciatori di tesori. Fra tante meraviglie non v’è traccia degli appunti con i famosi alberi genealogic­i di Cent’anni di soli

tudine – sembra li avesse distrutti anni or sono – e delle dieci bozze del romanzo finale e incompiuto di García Márquez, We’ll See Each Other in August. Non resta che attendere di poterlo leggere presto. Di certo, è davvero inusuale la decisione di pubblicare online l’archivio di un autore così celebre e ancora coperto da copyright. Forse è proprio questo il gesto più rivoluzion­ario di Gabo. Chapeau.

L’ARCHIVIO Gratis sul sito dell’Università del Texas 27 mila documenti di Gabriel García Marquez Fin dal primo manoscritt­o di “Cent’anni di solitudine”

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Lo scrittore durante i festeggiam­enti per il suo compleanno nel 2014. Sotto, con Fidel Castro a L’Avana nel 2000
Ansa/Xinhua Messico e Cuba Lo scrittore durante i festeggiam­enti per il suo compleanno nel 2014. Sotto, con Fidel Castro a L’Avana nel 2000
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Letteratur­a e vita “Cent’anni di solitudine” (1967) e “Vivere per raccontarl­a” (2002)
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