27 mila volte Gabo: gratis e online il mega-archivio
Immaginate di poter posare i vostri occhi sulle bozze di
Ce nt ’ anni di solitudine, sul dattiloscritto originale, osservando correzioni con il pennarello nero, gli interi periodi sottolineati con l’ev idenziatore e le aggiunte a mano, con la grafia asciutta ed elegante di Gabriel García Marquez, scoprendo, ad esempio, che il nome originale del protagonista era diverso. Ebbene, quanto sareste disposti a pagare per poter consultare l’archivio dell’autore colombiano, che nacque ad Aracataca il 6 marzo del ’27 e ricevette il premio Nobel nel 1982?
NEL 2014 QUALCUNO gridò allo scandalo poiché i reperti professionali e personali di Gabriel García Marquez, erano stati venduti all’University of Texas.
Com’era stato possibile che l’eredità letteraria di uno degli scrittori più famosi al mondo, feroce oppositore dell’imperialismo yankee, fosse stata affidata proprio allo Zio Sam? Ma adesso, chiunque abbia una connessione internet, potrà navigare gratuitamente fra più di 27 mila documenti – circa metà dell’intero archivio di Gabo – digitalizzato dall’Harry Ransom Center con il placet della famiglia dello scrittore, inclusa una registrazione audio del discorso di accettazione del Premio Nobel a Stoccolma, lungo 19 minuti e 13 secondi.
L’archivio – disponibile sia in inglese che in spagnolo – contiene i manoscritti delle sue opere e molto, molto di più.
Con pochi clic, possiamo viaggiare nel baule della memoria di Gabo – scomparso a Città del Messico nel 2014 – fra fotografie inedite, svariati quaderni d’appunti, album di ritagli, sceneggiature ed effetti personali, fra cui anche una curiosa raccolta dei suoi passaporti e dei visti raccolti in giro per il mondo. Si tratta di un regalo inestimabile, un tesoro senza eguali per tutti i suoi lettori a ogni angolo del mondo. Ma come ci si relaziona con un simile lascito? Si può andare dritti al punto inserendo le giuste chiavi di ricerca e godersi i suoi pezzi giornalistici degli anni 60 da Città del Messico o la sua corrispondenza privata con più di duemila lettere consultabili verso Graham Greene, Milan Kundera, Julio Cortá-
zar, Günter Grass e Carlos Fuentes.
O perché no, perdersi fra i quaranta album fotografici che ne documentano l’intera vita, spulciando scatti formali con re Juan Carlos, B ill ClintoneFidel Castro, ricordi di infanzia in tenuta da marinaretto, fotografie con colleghi e amici – Alvaro Mutis, Jorge Amado–
e quelli affettuosi con la popstar Shakira, scambiandosi una carezza sul viso; le immagini ufficiali per il conferimento della Legione d’onore si alternano a occasioni familiari, con un inedito e canuto Marquez che indossa un cappello da Babbo Natale.
Sulla qualità del lavoro svolto dall’Harry Ransom Center di Austin non ci sono discussioni, del resto in passato si sono già occupati di digitalizzare numerose collezioni di documenti, fra cui l’archivio della famiglia Brontë, i taccuini di Harry Houdini e le collezioni di scritti di John Keats, John Conrad, Jack London e David Foster Wallace.
Consola il fatto che nemmeno Gabo fosse esente dal vizio di raccogliere album di ritagli con recensioni da tutto il mondo dei suoi libri ed è interessante notare che, talvolta, pubblicando interi capitoli dei propri lavori sui periodici in anteprima, si prese la briga di intervenire sul testo prima dell’uscita del libro, seguendo le reazioni del pubblico.
Proprio come faceva Charles Dickens.
Marquez esordì nel 1955 con Foglie morte e nell’archivio sono depositate e consultabili ben undici versioni battute a macchina, ciascuna con piccole correzioni. E non mancano le chicche da andare a scovare con pazienza e fortuna fra i 134 manoscritti digitalizzati; ad esempio, già a pagina due del dattiloscritto di Cent’anni di solitudine, (datato 1966, l’anno prima della pubblicazione) lo stesso autore, a matita, cambia il nome del protagonista in José Arcadio Buendía – come tutti lo conosciamo – cancellando il semplice José. Chi può dire se
quella scelta avrà cambiato la sorte del libro in cui scopriamo il magico mondo di Macondo? Ma chissà quanto dev’essersi arrovellato prima di decidere.
Quest’archivio è una finestra che si spalanca sul laboratorio dell’artista e consultando i manoscritti emergono i termini scartati in Cronaca di una morte annunciata,
i periodi eliminati in Memoria delle mie puttane tristi,
il succo vitale della creatività, in cui ogni parola, se non è necessaria, dev’essere eliminata.
E infine una nota per i cacciatori di tesori. Fra tante meraviglie non v’è traccia degli appunti con i famosi alberi genealogici di Cent’anni di soli
tudine – sembra li avesse distrutti anni or sono – e delle dieci bozze del romanzo finale e incompiuto di García Márquez, We’ll See Each Other in August. Non resta che attendere di poterlo leggere presto. Di certo, è davvero inusuale la decisione di pubblicare online l’archivio di un autore così celebre e ancora coperto da copyright. Forse è proprio questo il gesto più rivoluzionario di Gabo. Chapeau.
L’ARCHIVIO Gratis sul sito dell’Università del Texas 27 mila documenti di Gabriel García Marquez Fin dal primo manoscritto di “Cent’anni di solitudine”