Torino, un buco di 11 milioni per il manager dem
Finpiemonte Investimenti ad alto rischio e bonifici sospetti nella gestione di Gatti, cresciuto da Chiamparino
Ci sono un investimento ad alto rischio da 45 milioni in una banca svizzera e tre bonifici sospetti per un totale di 6 milioni di euro. Tutte operazioni sospette fatte da Finpiemonte quando era presieduta da Fabrizio Gatti, manager pubblico cresciuto e coccolato dal centrosinistra di Torino e da Sergio Chiamparino, che ora si trova un problema da risolvere. Sommando ai bonifici le perdite della prima operazione, sono spariti quasi undici milioni di euro della finanziaria della Regione Piemonte che il governatore Pd ha voluto trasformare in una “Cassa depositi e prestiti” locale. La cifra non metterebbe in pericolo la “banca”, ma è comunque alta.
LA SITUAZIONEè stata scoperta dal neo presidente di Finpiemonte, il professore Stefano Ambrosini, dopo il suo insediamento pochi mesi fa. È lui che, di concerto con Chiamparino, ha denunciato gli ammanchi alla Procura a inizio novembre. Da alcune settimane il sostituto procurare Francesco Pelosi coordina l’inchiesta per peculato condotta dal Nucleo tributario della Guarda di finanza, gruppo “Tutela spesa pubblica”: sono soldi dei piemontesi e soldi che servono alle aziende della regione quelli andati persi tra il 2016 e la prima parte del 2017.
Non è dato sapere se ci siano indagati, ma i sospetti ruotano intorno all’allora presidente Gatti: classe 1961, ex segretario cittadino della Fgci, giovanissimo consigliere comunale del Pci tra il 1985 e il 1993, un curriculum da manager pubblico sostenuto prima dai Ds e poi dal Pd, che l’ha voluto come vicepresidente della finanziaria regionale nel 2010, quando a governare il Piemonte c’era Roberto Cota. Dopo le dimissioni del presidente voluto dal centrodestra, Massimo Feira, Gatti ne ha preso il ruolo, confermato nel 2014 da Chiampa- rino fino al termine del mandato, quando al suo posto è subentrato Ambrosini, in uscita da Veneto Banca e dalla Bim.
DALLE VERIFICHE è emerso l’investimento di 45 milioni di euro nella banca svizzera Vontobel. Finpiemonte ha chiesto la restituzione della somma, ma dalla Confederazione gli hanno risposto che era impossibile: i soldi erano in un fondo ad alto rischio e non potevano essere sbloccati, anche perché al momento registrava una perdita di cinque milioni di euro. Un’operazione speculativa “difforme rispetto alle policy di Finpiemonte”, afferma Ambrosini che, preoccupato, incontra Chiamparino il 2 novembre. Dopo aver parlato con l’assessore al Bilancio Aldo Reschigna e con l’assessore alle Attività produttive Giuseppina De Santis, denunciano tutto alla Procura prima della metà di novembre e poi informano anche la Procura della Corte dei conti e la Banca d’Italia. Le sorprese, però, continuano. Altre verifiche interne fanno emergere tre bonifici firmati da Gatti, effettuati tra il giugno 2016 e lo scorso febbraio, per sei milioni di euro andati “a società che non figurano fra quelle con cui Finpiemonte abbia rapporti”, ha detto ieri Chiamparino al Consiglio regionale. Ce ne sarebbe una riconducibile a Pio Piccini, imprenditore che in passato ha fatto affari con Gatti.