Vitalizi, la bugia del Pd “È tutta colpa di Grasso”
Si chiama gioco del cerino. E si può giocare anche con i vitalizi. E così questa volta in mezzo alle polemiche è finito il presidente del Senato Pietro Grasso, neo-leader della lista rossa Liberi e uguali. Ora accusato dal suo ex partito, il Pd, di immobilismo perché “per abolire i vitalizi basterebbe una delibera del suo Ufficio di presidenza”. Ieri le accuse più dritte sono arrivate dal deputato renziano Matteo Richetti: ossia il primo firmatario del disegno di legge approvata a luglio alla Camera che vuole ricalcolare tutti i vitalizi con il metodo contributivo (cioè in base ai contributi versati), equiparando i parlamentari e i consiglieri regionali ai comuni cittadini. Un testo che morirà senza diventare legge. Ma per colpa di chi?
RICHETTI parte mordendo i Cinque Stelle: “Non hanno mai spiegato perché le proposte che hanno fatto in Ufficio di presidenza non hanno mai previsto il ricalcolo per i vitalizi in essere, la vera questione che rimane aperta”. E qui si parla già del tema del giorno, l’abolizione dei vitalizi tramite delibera. Centrale anche da un punto di vista normativo, perché una delibera dell’Ufficio di presidenza sarebbe un atto più “sicuro” di una legge, visto che le Camere godono dell’a u to d ichia, cioè del potere di giudicare in merito ai ricorsi presentati sugli atti amministrativi da loro stesse emanati. Così bisogna tornare al 22 marzo 2017, quando l’ufficio di presidenza di Montecitorio approvò la delibera Sereni, che prende il nome dalla vicepresidente della Camera, e che non abolisce i vitalizi, bensì introduce un contributo di solidarietà per tre anni a carico degli ex deputati che vi hanno diritto. Per l’ira dei 5 Stelle, che volevano abolire i vitalizi, e che si infuriarono tanto da provare a invadere la sala (in seguito 42 deputati vennero sospesi). Però la domanda resta: è vero che il Movimento non si è mai occupato del ricalcolo dei vitalizi già attivi? Riccardo Fraccaro, questore alla Camera per il M5S, nega: “Quando il Pd escogitò la delibera Sereni noi presentammo subito un emendamento al testo per il ricalcolo con il metodo contributivo i vitalizi, lo stesso previsto poi dal ddl Richetti. Ma il Pd votò contro”.
“A DIFFERENZAdei grillini, ho proposto e fatto approvare la legge alla Camera” rivendica Richetti. A ragione, perché portare fino in fondo un testo contestato anche dentro i dem non era facile. Poi prosegue: “Ho provato, pur sapendo che il rischio inammissibilità era alto perché già formulato al Senato, a inserire la legge (sui vitalizi, ndr) nella manovra di Bilancio. E la Camera, non il Pd, l’ha dichiarato inammissibil e”. Vero. Però l’emendamento di Richetti era destinato a essere respinto, essendo un intervento micro-settoriale, ossia riguardante una platea ristretta ( parlamentari e consiglieri regionali ed ex eletti). Inaccettabile secondo le norme, come gli emendamenti localistici e quelli ordinamentali (che non prevedono un’effettiva variazione di spesa). Certo, non sempre i presidenti della commissione Bilancio sono zelanti. Ma in questo caso il presidente di turno, Francesco Boccia (Pd), ha osservato le regole.
“CHIUDERE questo percorso compete al Senato, che non ha nemmeno adottato la delibera di taglio drastico del vitalizio che la Camera ha approvato. Portando a motivazione che stava arrivando la legge. Si decidano: taglio o ricalcolo. Una delle due”. Il deputato accusa l’altra Camera. E quindi Grasso. Ha ragione? Laura Bottici, questore in Senato per il M5S, sostiene: “Il Pd ha presentato la delibera Sereni anche nel Consiglio di presidenza di Palazzo Madama, il 10 maggio, dove noi invece presentammo alcuni testi per abolire i vitalizi. Poi il 31 maggio Grasso ci ha detto che bisognava chiedere un
parere giuridico per valutare se era più efficace una delibera o il ddl Richetti, e che peso avrebbe avuto la delibera già approvata alla Camera in caso di successiva approvazione del ddl Richetti”. Tradotto, quale atto normativo avrebbe “prevalso”. Bottici allora, in qualità di questore, dà l’incarico a due professori di esprimersi sulla questione: “Era il 29 giugno, ma la risposta finora non è mai arrivata”. E la senatrice aggiunge: “Grasso e il Pd sui vitalizi hanno giocato a nascondino”. Di certo i dem e gli altri partiti non hanno più “spinto” in Consiglio di presidenza. Anche perché si poteva approvare il ddl Richetti. “L’IMMOBILISMO non è dato. Se non in un atteggiamento a dir poco vergognoso”. Così chiosa Richetti. Che però finge di ignorare come il Pd in Senato abbia sempre fatto muro per salvare i vitalizi. Come il primo agosto, quando bocciò in Aula la procedura d’urgenza per approvare il ddl che porta il suo nome. Per passare alle riunioni dei capigruppo, in cui ha sempre votato contro la calendarizzazione del testo, consapevole di essere spaccato sul tema. “Organizzerò la rivolta contro il ddl Richetti” avvertì il senatore del Pd Ugo Sposetti parlando con il Fatto, il 22 agosto. E anche il capogruppo Luigi Zanda è sempre stato più che cauto (“Bisogna valutare a fondo i profili di incostituzionalità”, 23 agosto). Immobile, a suo modo.