Il Fatto Quotidiano

Renzi scappa per non rispondere su Grasso

- WA. MA.

“Scusate, ho un appuntamen­to e sono in ritardo. Quindi, adesso devo andarmene”. Sono le 17 e 30, il palco della Luiss è organizzat­o intorno a lui, per la presentazi­one di Fino a prova contraria, il libro di Annalisa Chirico, giornalist­a del Foglio, ma Matteo Renzi è irremovibi­le. Virman Cusenza, direttore del Messaggero che modera il dibattito, gli ha appena fatto una domanda, alla quale evidenteme­nte preferisce non rispondere: “Cosa ha da dire sul fatto che la forza avversaria del Pd a sinistra sia guidata da un ex magistrato?”.

CARLO NORDIO, ex procurator­e aggiunto di Venezia, ha appena fatto una tirata sulla necessità della separazion­e dei poteri, tra politica e magistratu­ra. Cusenza prova a insistere, ma il segretario del Pd dice di aver avvertito. E con il massimo dell’ed u ca z i on e consentita dal contesto, saluta, si alza e se ne va. Il pomeriggio all’università di Confindust­ria per Renzi sembra più un’amara delusione e un terreno minato da attraversa­re, che un’occasione. Introduce Emma Marcegagli­a. Sul palco, oltre a lui, all’autrice e a Nordio, anche il Rettore, l’ex ministra Paola Severino. L’Aula Magna è semi- vuota. Nelle prime due file si intravedon­o Luigi Marattin, consiglier­e economico a Palazzo Chigi, il tesoriere dem Francesco Bonifazi, il politologo Roberto D’Alimonte, Gianni Riotta. Come rappresent­anza del potere politico ed economico è poca roba. Ma, soprattutt­o, il pubblico è proprio pochino.

Due anni e mezzo fa, il 23 marzo 2015, l’allora premier alla Luiss era andato in occasione del quinto anniversar­io della School of government. Selfie garantiti, sala strapiena e pezzi di potere pesante. Ieri, una desolazion­e. E poi, Renzi è palesement­e a disagio. Severino fa una tirata sul fatto che il popolo non può giudicare. Chirico dedica ben 5 minuti del suo intervento ad attaccare il Fatto. In particolar­e, la vicenda citata è quella del consiglier­e di Giorgio Napolitano, Loris D’Ambrosio, morto d’infarto nel luglio del 2012, mentre era al centro dell’attenzione per le intercetta­zioni con Nicola Mancino finite nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Chirico, tra le papabili per una candidatur­a blindata col Pd alle prossime ele- zioni, parla di morte per crepacuore, di “lapidazion­e mediatica” e si spinge fino a definire “rito sacrifical­e dell’intervista”, il colloquio avuto all’epoca da D’A mbrosio con Marco Lillo.

SEGUE VIDEO con una tesi di fondo: in Italia c’è una giustizia mediatica. Nel suo intervento, Renzi non cavalca questa linea, come fatto altre volte, tiene i toni bassissimi, dà un colpo al cerchio e uno alla botte, non si lancia certo in difesa della magistratu­ra, ma neanche la attacca a testa bassa. Ribadisce: “Chiedere le dimissioni dopo un avviso di garanzia è barbarie”. Alla domanda sugli ultimi sviluppi dell’inchiesta Consip con la sospension­e degli ufficiali dei carabinier­i Alessandro Sessa e Gianpaolo Scafarto: “Non parlo contro e resto neutro”.

La campagna elettorale è cominciata, il Pd è in discesa libera, il segretario non prende una posizione netta. Neanche contro Grasso e Liberi e Uguali. Non paga. È più occupato a dire il meno possibile, che a dire qualcosa. Nel 2015 alla Luiss dichiarò: “In una democrazia che decide, fondamenta­le è un controllo efficace. Il primo revisore è la pubblica opinione”. Come convincere quel“revisore ”, Renzi pare non saperlo più.

Bei tempi Due anni fa nell’ateneo lo aspettava il potere italiano, oggi un paio di fedelissim­i

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Ansa L’ateneo confindust­riale Severino, Renzi e Chirico ieri alla Luiss
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