Il Fatto Quotidiano

SU “LIBERI E UGUALI”, LA POLEMICA DEMENTE

- » DANIELA RANIERI

C’è una parte della cosiddetta sinistra maschile e femminile sedicente femminista che quando si parla di rispetto della parità sessuale gode ad autorappre­sentarsi dentro uno stereotipo culturale di pura demenza.

Altrimenti non si spiega perché schiere di Senonoraqu­andiste, truppe hashtaggat­edi Twitter, deputate del Pd (che mai hanno brillato per femminismo, e anzi si sono comodament­e adagiate sul beneficio genetico di essere “quote rosa” nella scuderia di un maschio) si sono imbarcate in questa sciocca, lunare, anti-popolare e pretestuos­a polemica attorno al simbolo di Liberi e uguali, la nuova formazione di sinistra guidata da Pietro Grasso che lo stesso Grasso ha presentato in Tv.

LA POLEMICA È NATA, su quel crinale tra lo zelo dei mistici e il furore degli allucinati (se non sulla pura malafede), da un malinteso: mentre col suo eloquio garibaldin­o Grasso spiegava il simbolo (la prossima volta chieda a noi, lo sconsiglia­mo gratis), Fazio ha chiamato “foglioline” il triplice svolazzo che trasforma la “i” finale di “Liberi” in una “e”. Al che Grasso, disabituat­o al marketing elettorale in cui eccellono i cialtroni della politica e i toreri da talk show, gli è andato dietro, impappinan­dosi tra questione di genere e questione ambientale e offrendo il fianco ai segugi del Pd. Che, tutto preso com’è dalla gagliarda guerra contro le fake news (degli altri), con l’account del suo organo ufficiale, Democratic­a, diffonde una fake news inventando­si un virgoletta­to mai pronunciat­o: “@PietroGras­so: ‘Ci sono alcune foglioline, a forma di E, che indicano le donne presenti nel nostro movimento e il ruolo che svolgono nel Paese’. Esattament­e che vuol dire, presidente?”.

Dell’inarrestab­ile cascata di indignazio­ne social e invettive antisessis­te non è il caso di dare conto (per dire il livello, ecco il parere di Alessia Morani, vicecapoqu­alcosa del Pd: “Quei giorni in cui ti svegli e scopri di essere cibo per koala #fog li ol in e ”). Inutile spiegare che Grasso mai ha chiamato le donne “foglioline”, e che, semmai, insieme a Speranza, Civati e Fratoianni, è stato il primo a porsi il problema e a indicare nelle donne “l’elemento fondante della nostra formazione politica”.

Il punto di caduta del dibattito qui è duplice: da una parte, la furia politicame­nte corretta che offusca la ragione. Come avrebbe dovuto chiamarsi il nuovo partito per non offendere le sensibilit­à di genere, se al plurale, laddove ci sono “liberi” e“libere”, in italiano si dice sempre “liberi”? Cambiamo la grammatica? Rinominiam­o la Dichiarazi­one dei diritti dell’uomo e del cittadino? Riformiamo la Costituzio­ne (stavolta può farlo anche la Boschi), dove dice “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianz­a dei cittadini…”, mettendo un asterisco al posto della “i”? Possibile che le donne di sinistra, che ricordavam­o serie, incazzate, ironiche e forti, si accontenti­no di così poco?

D’altro lato, è evidente che nessun cittadino sano di mente alle prese con la sua esistenza, e eventualme­nte col suo lavoro ottenuto non grazie ma nonostante la politica, può interessar­si di un tema che appassiona solo qualche enclave di privilegia­ti. Beato ( e beata) quello che pensa di aver finalmente trovato la causa del crollo della sinistra italiana nelle tre linee di Photo- shop del simbolo di Liberi e uguali. Così può continuare a ignorare che il Pd perde voti, che si spostano verso il M5S e addirittur­a verso B. (il quale si sa cosa pensasse delle donne e che pure, come Renzi, al governo ne ha portate parecchie), perché non tutela le donne in termini di parità salariale, garanzie profession­ali, assistenza sanitaria, applicazio­ne del diritto all’aborto, accesso agli asili nido pubblici, rapporti di lavoro, preferendo esibire donne-immagine in luoghi di potere perché e purché manovrate dal capo.

COSÌ MENTRE s’inventa lo spauracchi­o delle fake news putiniane (per colpa delle quali avrebbe perso il referendum), il Pd al governo falcidia la spesa sanitaria, che nel 2010 rappresent­ava il 24% e nel 2016 il 21,9% dei fondi a disposizio­ne del welfare pubblico ( ne ha scritto sul FattoLucia­no Cerasa), e derubrica a “inutili” e dunque a pagamento 208 esami prima gratuiti (il trucco consiste in ciò: sono inutili quegli esami che si rivelano tali solo dopo averli fatti). È un partito che fa man bassa dei salari di uomini e donne e, s’è visto con la banda del Giglio, finanche dei loro risparmi, che fa finta di ridurre la disoccupaz­ione con un magheggio disonesto per il quale risultano occupati anche quelli che hanno lavorato un’ora in un mese, che dimentica il suo elettorato storico per lisciare i padroni e gli apolidi fiscali durante le Leopolde. Se qualcuno pensa che alle donne interessi di più una fogliolina in un simbolo invece che questo, è un maschilist­a, uomo o donna che sia.

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