Il Fatto Quotidiano

Italia senza gas: cosa lega l’incidente in Austria al Tap

- » STEFANO FELTRI E VIRGINIA DELLA SALA

“C’è stato un incidente serio di gas in Austria. Questo vuol dire che abbiamo un problema serio di fornitura. Se avessimo avuto il Tap non avremmo dovuto dichiarare lo stato di emergenza”. La dichiarazi­one del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda gli attira polemiche dal Movimento 5 Stelle: sfrutta una tragedia per sostenere la costruzion­e del gasdotto che arriva in Puglia, avversato da molti comitati e da pezzi della politica locale. Ecco come stanno le cose.

L’INCIDENTE. Ieri mattina l’azienda austriaca Gas Connect comunica che, per un incendio in una delle sue infrastrut­ture a Baumgarten deve fermare il trasferime­nto del gas. Muore un lavoratore, oltre 20 feriti. Bamgarten è il principale snodo per il gas che parte dalla Russia, attraversa Ucraina e Slovacchia e poi arriva a Tarvisio, punto d’accesso per il mercato italiano la cui rete è gestita da Snam. L’incendio è avvenuto in un tubo laterale, non quello per il circuito internazio­nale, ieri sera l’aspettativ­a era di un ritorno alla normalità entro oggi.

LE RISERVE. Secondo i calcoli del ministero dello Sviluppo, la domanda di gas in Italia per la giornata di ieri era di 330 milioni di metri cubi. Di questi, 110 dovevano arrivare dalla Russia via Baumgarten e Tarvisio. E non sono arrivati, ma non ci sono state conseguenz­e per le famiglie e le imprese perché è scattato il piano di emergenza, aggiornato a ottobre. Il gas mancante è stato preso dai depositi di stoccaggio presenti in Italia, gestiti da Stogit ( società del gruppo Snam) e da Edison Stoccaggi che si trovano soprattutt­o in Emilia Romagna. Sono serbatoi che una volta contenevan­o gas naturale ora, svuotati, vengono riempiti con quello importato il cui flusso rimane costante: si accumula nei momenti di bassa domanda, quando ci sono picchi di richiesta si attinge. Ci sono 13 miliardi di metri cubi di gas stoccato che è già proprietà dei trader e altri 6 di proprietà delle imprese di stoccaggio (a cui attingere in caso di emergenze prolungate). Quando c’è scarsità di offerta, il mercato giornalier­o del gas si adegua: il prezzo in Italia aumenta e quindi alcuni produttori possono dirottare qui gas che doveva andare altrove. Salgono i costi, ma non si rischia la scarsità.

EFFETTO TAP. La domanda in Italia nel 2017 è di circa 65 miliardi di metri cubi di gas. Il gasdotto Tap serve a portare in Europa il gas del mar Caspio senza passare dalla Russia, attraversa Grecia e Albania e arriva in Puglia. Quando nel 2020 entrerà in funzione, non porterà in Italia più di 9 miliardi di metri cubi all’anno, circa il 13 % del fabbisogno (per allora sarà una percentual­e un po’più alta perché la domanda è in calo e in parte crescente viene soddisfatt­a dalle rinnovabil­i). Il Tap, quindi, può aiutare a diversific­are l’ap- provvigion­amento, ma in caso di incidenti comunque ci sarebbero problemi.

LA FRETTA. Tap è però considerat­a “un’opera strategica di preminente interesse dello Stato” sin dal decreto Sblocca Italia del 2014. Rientra quindi nei casi per cui l’ultima parola spetta allo Stato. I lavori del cantiere di approdo a Melendugno, in Puglia, procedono lentamente.

La consegna deve avvenire entro il 31 dicembre del 2020, ma l’azienda mira a garantire la distribuzi­one già nel primo trimestre. Due anni fa, infatti, Tap ha ricevuto dall’Unione europea una rimodulazi­one temporale della cosiddetta “esenzione dall’accesso delle terze parti”. Le regole europee prevedono che i gestori delle reti di trasmissio­ne mettano all’asta la capacità delle loro infrastrut­ture attraverso una open season. Per le nuove infrastrut­ture, però, si può ottenere una deroga da questa regola per un periodo limitato: se si riesce a vendere tutta la capacità in anticipo, in pratica, si può dire al mercato finanziari­o di aver già coperto i costi per ottenere poi i finanziame­nti. Ed è quello che ha fatto Tap, a patto di finire l’opera in tempo.

GLI INTERESSI. Sono diversi: il gas che attraverse­rà la Tap è estratto dal giacimento di Shah Deniz 2, nel Mar Caspio, operato da un consorzio che ha come capofila la British Petroleum (27%) e include società dell’Azerbaigia­n, della Malesia, gli Iraniani e la russa Lukoil (con il 10 per cento). Un consorzio che a inizio 2013 ha venduto 25 anni di capacità della Tap, ovvero 10 miliardi metri cubi di gas, a otto compratori europei. Tre sono italiani: Enel, Hera e Edison (che ha rilevato gli asset italiani di Gas Natural, tra cui anche il contratto per la Tap). Gli altri sono europei, tra cui il tedesco Eon, la svizzera Axpo (che è anche socia di Tap al 5%) ed Électricit­é de France.

Black-out

In un giorno 110 milioni di metri cubi in meno, Snam attinge agli stoccaggi di emergenza

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy