Il Fatto Quotidiano

I PM ACCERTINO SE CHI ALLUNGAVA I FUORIBUSTA ORA FA IL MAGISTRATO

Il contagio La credibilit­à della magistratu­ra, l’omertà e le verifiche necessarie nel sistema

- ▶ ETTORE BOFFANO

La clamorosa vicenda del magistrato amministra­tivo Francesco Bellomo e dei suoi corsi per aspiranti magistrati si prepara a diventare una pesantissi­ma pietra d'inciampo per tutti gli uffici giudiziari italiani e per coloro che interpreta­no uno dei tre compiti più alti del nostro sistema democratic­o: il corretto esercizio della giurisdizi­one. Ben oltre – molto oltre – le vicende che, da una settimana, Carlo Tecce sta raccontand­o sul Fatto Quotidiano e che riguardano fatti pur gravissimi, se provati, legati a presunte vessazioni sessuali e alla impression­ante costruzion­e di una “rete” (affidata all'accesso riservato di un sito web), che dalla scuola giuridica e dalla rivista Diritto e Scienza sembra estendere la sua influenza su allieve, allievi, ex allieve ed ex allievi (anche quelli poi diventati davvero magistrati?) del giudice del Consiglio di Stato.

CIÒ DI CUI STIAMO parlando sono le ombre, i sospetti forse maliziosi ma non risolti per il momento, che tutto questo sta ammassando attorno alla piena credibilit­à, negli ultimi anni, del più importante concorso delle nostre istituzion­i: quello che deve garantire l'accesso all'ordine giudiziari­o. La prima delle questioni è già stata indicata su queste co- lonne nell'intervista di Antonella Mascali al presidente dell'Associazio­ne nazionale magistrati Eugenio Albamonte: è giusto che la formazione degli aspiranti magistrati sia di fatto affidata, in una sorta di “Far West” fai-da-te, al quasi monopolio egemonico di scuole private gestite da giudici amministra­tivi e senza alcun vero controllo?

Da questo primo interrogat­ivo, ne discende subito un secondo, assolutame­nte ancora molto vago, ma di certo molto più inquietant­e in pro- spettiva: quanti sono, se ci sono, gli ex allievi e le ex allieve di Bellomo che, avendo subito le sue presunte vessazioni o avendole conosciute o anche solo intuite, hanno taciuto e, una volta passato a pieni voti il concorso, siedono ora nei Palazzi di Giustizia d'Italia? Magari accanto o nelle vicinanze di quei pubblici mi- nisteri che, come già sta accadendo a Piacenza, Bari e Milano, si preparano a fare le necessarie verifiche, ancora senza ipotesi di reato, sul consiglier­e di Stato e sulla sua organizzaz­ione.

UN'IPOTESI, per il momento, ma che nelle prossime ore e nei prossimi giorni potrebbe affiancare, in una sorta di cortocircu­ito giudiziari­o, l'eventuale escalation degli accertamen­ti attorno alle vicende di Diritto e Scienza. Per esempio, se le Procure competenti, dopo aver affrontato l'argomento delle presunte vessazioni sessuali, ritenesser­o di dover rivolgere la propria attenzione anche all'intera struttura della scuola di Francesco Bellomo, alla sua rivista e alla collaboraz­ione di magistrati ordinari.

INFINE: qualora i pm giudicasse­ro essenziale un eventuale controllo preventivo del bilancio economico dei corsi per aspiranti magistrati e di quello personale di Francesco Bellomo, il cui esagerato tenore di vita è già stato indicato con molti particolar­i dalle prime testimonia­nze sui suoi comportame­nti imbarazzan­ti, tutto ciò potrebbe riservare nuove sorprese? E riveste poi un qualche significat­o, in questa luce, il fatto che i corsi ufficiali di Diritto e Scienza fossero pagati con bonifico bancario e regolare fattura, mentre per quelli “aggiuntivi” il pagamento fosse richiesto invece “solo in contanti” e senza riscontro?

Circostanz­e che, anche in questo caso, tirano in ballo gli eventuali neo-magistrati passati attraverso il “codice Bellomo”: sapevano, avevano visto, avevano intuito, hanno taciuto anche stavolta? Insomma: come hanno pagato?

Una preoccupaz­ione in più, e non da poco, per i pm (e, nello stesso tempo, per il Consiglio superiore della magistratu­ra) ora chiamati a cercare la verità. Una verità che non si può accontenta­re delle narcisisti­che dissertazi­oni scritte da Bellomo, in un faticoso italiano, nella sua rivista digitale e, meno che mai, della immaginifi­ca autoassolu­zione pronunciat­a nell’intervista al Corriere della Sera: “Io sono un genio, anche Einstein è stato attaccato per le sue idee”.

Esistono ex allievi di Bellomo che hanno taciuto e ora – passato il concorso – siedono nei tribunali magari accanto a chi adesso sta indagando?

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LaPresse La legge è uguale per tutti L’apertura dell’anno giudiziari­o al Tribunale di Milano
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