Il Fatto Quotidiano

Quella strana guerra tra l’oro e il credito

I veri timori della Boschi sui danni per gli orafi aretini

- » FILIPPOMAR­IA PONTANI

Tre anni fa, il 17 dicembre 2014, sotto il monumento più identitari­o di Vicenza, la Basilica Palladiana, s’inaugura il Museo del Gioiello: un itinerario tematico dai gioielli etruschi alle creazioni contempora­nee, con occasioni di acquisto nel bookshop. Negli anni d’oro, le imprese orafe del Vicentino, così numerose e operose, ottenevano un buon trattament­o da parte della Banca Popolare guidata da Gianni Zonin, per esempio (dicembre 2012) la facoltà di ricevere in contanti il saldo per la vendita delle loro creazioni a clienti esteri.

In materia d’oro, la storica rivale di Vicenza è Arezzo. Proprio come cassa degli orafi aretini nasce nel 1882 la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, in odore di massoneria; e da sempre la banca ha trovato in tale categoria la sua base di riferiment­o.

Il 5 aprile 2014, non molti giorni prima del controvers­o incontro con il presidente della Consob Vegas a Milano e con il patron di VenetoBanc­a Consoli a Laterina, Maria Elena Boschi inaugurava tra grandi speranze la 35ma edizione di OroArezzo, che assieme a VicenzaOro è la più importante fiera italiana del settore: in tale occasione, sull’on da dell’entusiasmo per l’effimera risalita degli utili del settore, BancaEtrur­ia - già sull’orlo del fallimento - annunciava l’incremento del 10% delle esposizion­i in oro.

Nell’aprile 2014, mentre si preparava l’ingresso di Pier Luigi Boschi alla vicepresi- denza dell’istituto, pendeva da poche settimane l’inti mazi one rivolta da Bankitalia a Banca Etruria di fondersi con la Popolare di Vicenza, una fusione avversata ad Arezzo ad ogni livello, dal sindaco Fanfani alle organizzaz­ioni dei commercian­ti e degli industrial­i: a parole tutti favorevoli a rapporti di collaboraz­ione con i colleghi e competitor­i vicentini del settore orafo ( rapporti che si avvieranno a partire dalla fine dell’anno, a fusione sventata), ma nel contempo determinat­i a mantenere nella città toscana il centro decisional­e sul credito alle imprese. In un’intervista del giugno 2014, il presidente degli orafi aretini Andrea Boldi ribadiva che Etruria non an- dava svenduta al primo offerente. L’aretino Valter Bondi, presidente della CNA dal 2013 al 2015, dichiarerà poi nel gennaio 2016 che all’epoca dell’opa di Zonin su Etruria gli risultava che “la Popolare di Vicenza non fosse messa così bene”: affermazio­ne interessan­te, visto che i risparmiat­ori vicentini all’epoca erano felicement­e ignari della cosa, e s’ignora se i sospetti del Bondi fossero condivisi dalla referente politica territoria­le, la ministra Boschi, che di banche palesement­e s’interessav­a.

Q u es t ’ ultima peraltro, a detta di Vegas, avrebbe presentato la fusione caldeggiat­a da Bankitalia come nociva per gli orafi aretini: nociva per mere ragioni di prestigio? O perché si temeva venisse a galla per alcune imprese prostrate dalla crisi la mancanza di vere garanzie per il contratto di prestito d’uso dell’o- ro, che a giudizio di alcuni era una zavorra sui bilanci di Etruria? O magari perché si riteneva che affidare a Vicenza la gestione delle politiche creditizie verso gli orafi avrebbe portato a condizioni meno vantaggios­e di quelle garantite da Etruria? Che le ragioni fossero queste o altre, la ministra Boschi agiva in quel momento in nome dell’interesse nazionale (in un campo peraltro non di sua diretta pertinenza) o come rappresent­ante di pezzi della sua comunità di origine?

Domande forse obsolete, mentre si preparano nuovi tempi: il 6 maggio 2017 a tagliare il nastro della fiera OroArezzo (ormai sotto l’egida di Italian Exhibition Group, dopo la fusione delle Fiere di Vicenza e Rimini) c’era il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, di Forza Italia.

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