Altro che champagne, in nome della Brexit a Natale e Capodanno si brinda con il gin
47 milioni di bottiglie vendute nell’ultimo anno
Èil
nuovo must di Natale, il superalcolico che, prevedono gli analisti del mercato britannico, dominerà le vendite per le feste in arrivo. Torna il gin: quest’anno gli inglesi ne hanno consumato 47 milioni di bottiglie: erano 40 nel 2016.
Lo conferma l’ultimo rapporto della Wine and Spirit Trade Association, che comunque, per la cronaca, vede fra i suoi associati tutti i maggiori produttori di gin del Regno: le vendite sono raddoppiate negli ultimi 6 anni e aumentate addirittura del 25% da settembre 2016 a settembre 2017. E il trend sembra solido: secondo un sondaggio di YouGov il gin è il superalcolico favorito dal 29% del campione intervistato. Preferito anche al whisky (fermo al 25%) e alla più economica vodka, al 23%. I motivi di questo revival non sono chiarissimi: potrebbe essere una conseguenza della creazione, negli ultimi anni, di distillerie indipendenti, e tremiamo al pensiero di una nuova ondata di locali hipster, con bicchierini di liquore al ginepro aromatizzato all’avocado a 15 sterline l’uno.
LO SPIRITO della Brexit spinge il consumo dell’alcolico inglese per eccellenza? Di certo, gin e nazionalismo, nel Regno Unito, sono legati da secoli, e sulla base di un an- tico “e u r os c et t ic ismo”. Nel Sei e Settecento la rivalità politica e religiosa con gli odiati francesi aveva portato i governi inglesi a imporre tasse altissime sul brandy di Oltremanica e a ridurle sul gin, prodotto in territorio britannico; e si era arrivati a introdurlo come parte della paga delle classi operaie.
Poi la situazione era sfuggita di mano, con un incremento sì del consumo, ma anche dei casi di alcolismo. In ‘Indagine sulle cause dell’aumento dei rapinatori’ del 1751, Thomas Fielding lo definisce “…quel veleno chiamo Gin, altresì noto come la principale forma di sostentamento di più di centinaia di migliaia di persone abitanti in questa metropoli”. Era la Gin Craze, una follia collettiva descritta nelle cronache dell’epoca come l’equivalente della dipendenza da eroina negli anni ottanta. Dopo che una madre alcolizzata aveva ucciso il figlio piccolo per venderne i vestiti e procurarsi una dose, il governo era dovuto correre ai ripari con i Gin Acts, cinque provvedimenti che, fra il 1729 e il 1751, avevano innalzato le tasse su vendita e distillazione fino a sradicare la piaga. E a diffondere, rendendone economici produzione e consumo, quella altrettanto fatale della birra inglese.