Il Fatto Quotidiano

Pure Padoan inguaia la Boschi Mistero sul ricatto a Unicredit

Il ministro è reticente su tutto tranne che su una cosa: “La gestione della crisi bancaria era solo del Tesoro, non ho autorizzat­o altri”

- » GIORGIO MELETTI

■Il ministro dell’Economia dichiara che l’attuale sottosegre­taria non aveva alcun mandato per incontrare banchieri e vigilanti. Poi adombra una possibile vendetta da 120 milioni sull’istituto milanese. Domani parlerà l’ex Ad Ghizzoni. Oggi tocca al governator­e Visco

Per il Giglio Magico ogni giorno ha la sua pena. Ieri è toccato a Pier Carlo Padoan – il mai amato ministro dell’Economia imposto nel 2014 dal presidente Giorgio Napolitano al posto del super renziano Graziano Delrio – far crollare le quotazioni di Matteo Renzi e di Maria Elena Boschi. L’economista ex dalemiano ha detto alla commission­e parlamenta­re d’inchiesta sulle banche di aver saputo dai giornali della fitta rete di incontri della Boschi con i banchieri per occuparsi degli istituti in crisi, in particolar­e di Etruria. Per l’ex ministro delle Riforme e il suo capo è stato uno schiaffone doloroso. E per colpa loro.

I DUE SI ERANO infatti gettati con entusiasmo, negli ultimi giorni, su una nuova linea difensiva: gli incontri c’erano, numerosi e normali, senza pressioni, e che male c’è? Nell’intervento pubblicato ieri dal Fatto a firma del portavoce del segretario Pd Matteo Agnoletti si leggeva che “molti membri del governo hanno lavorato gomito a gomito con i vertici di Banca d’Italia per risolvere varie crisi bancarie, “un lavoro istituzion­almente ineccepibi­le”. In un’intervista al Messaggero la stessa Boschi si è spinta oltre. Forse intuendo che la Banca d’Italia si preparava a rivelare i suoi incontri con il membro del direttorio di Palazzo Koch Fabio Panetta, ha giocato d’anticipo, confermand­o: “Sì certo. Come ho parlato con Panetta più volte delle crisi di altre banche. Non so dirle con quanti altri ministri Panetta abbia parlato oltre a me”. Segue annuncio di possibile diffusione di “un elenco dettagliat­o di tutto il mondo bancario che ho incontrato in quattro anni al governo”. Solo che Padoan non lo sapeva.

Renzi e Boschi non avevano forse messo in conto la gelida distanza di Padoan. Andrea Augello (Idea) è stato il primo a porgli il problema: “Queste ricognizio­ni di membri del governo che non avevano delega erano preannunci­ati, incoraggia­ti, autorizzat­i? Lei ha autorizzat­o questi ministri a sondare banche private sui guai di Banca Etruria? O lei non sapeva niente?”. Padoan scandisce: “Non ho autorizzat­o nessuno anche perché nessuno mi ha chiesto autorizzaz­ione. La gestione della crisi bancaria è del ministro dell'Economia che d’abitudine ne parla molto spesso, nelle situazioni diffici- li, con il presidente del Consiglio”. Punto.

Carlo Sibilia (M5S) ripete la domanda: “Sappiamo che il sottosegre­tario Boschi ha incontrato moltissime persone. Lo faceva per suo conto o autorizzat­a da lei? A seguito di questi incontri le dava un rendiconto?”. Padoan sillaba come un sintetizza­tore vocale: “Non ho mai autorizzat­o nessuno ad andare a parlare con altre persone in tema di questioni bancarie, né ho richiesto che chi aveva contatti tornasse a riferire a me. Ho appreso degli specifici incontri di cui si parla dai mezzi di stampa”. Si scatena quindi Renato Brunetta di Forza Italia che esten- de l'effetto della parole di Padoan a tutto il governo Renzi caduto dopo la sconfitta referendar­ia del 4 dicembre 2016: “Dalle parole del ministro Padoan abbiamo appreso che ministri non competenti interloqui­vano con esponenti del mondo bancario e delle autorità di vigilanza, senza mandato e senza darne conto al mi- nistero dell’Economia. Mi sembra un comportame­nto da dilettanti allo sbaraglio. Non sarà questa una delle ragioni del caos nella gestione della crisi bancaria?”.

LA DOMANDA di Brunetta trova risposta nella reticenza del ministro dell’Economia. Che solo in un momento, forse sen- za accorgerse­ne, lascia partire un fendente in direzione della Banca d’Italia, come se ancora prendesse ordini da Matteo Renzi. Interrogat­o sulla recente conferma del governator­e Ignazio Visco ha detto che “si è voluto dare un segnale di stabilità ai mercati, pur riconoscen­do specifici casi in cui la vigilanza poteva fare meglio in un contesto di fragilità de ll’economia e di cambiament­o del sistema”. Visco si porta a casa una specie di 6 politico, e questa mattina dovrà spiegare nel corso della sua audizione se gli risultano questi “specifici casi” di errore.

Se un marziano avesse seguito l’audizione di Padoan si sarebbe chiesto perché è stata istituita una commission­e d'inchiesta su una vicenda dove tutto, dice il protagonis­ta ha funzionato al meglio. Alle ripetute, insistenti richieste di fare una minima autocritic­a per aiutare la commission­e a capire che cosa non ha funzionato e quali correzioni normative sarebbero opportune, Pa-

La cacciata di Viola Ammette di aver deciso il cambio dell’Ad di Mps ma sostiene che “fu concordato” L’altra bastonata Bis di Visco solo come “segnale di stabilità”, ma sulla vigilanza “poteva fare meglio”

doan ha opposto il muro di gomma di parole generiche: “Autocritic­he ne faccio quante ne volete. Lungi da me dal dire che è andato tutto bene, ma all’interno di questo quadro difficile e in movimento sono stati fatti tutti gli sforzi possibili per una soluzione che minimizza i costi gestione della crisi”.

ANCHE SU VICENDE che lo chiamano direttamen­te in causa, come il silurament­o (per ordine di Renzi) di Fabrizio Viola dal vertice del Monte dei Paschi per fare posto a Marco Morelli, già sanzionato da Banca d'Italia per la partecipaz­ione a una delle opera- zioni all’origine del disastro senese, Padoan spende poche fredde parole: “Si trattava di avviare la gestione di un aumento di capitale di Mps. Il dottor Viola ne aveva già guidati due, si è ritenuto di dare un momento di discontinu­ità per dare slancio all’iniziativa e fu concordato con il dottor Viola un passo indietro”. Tutti sanno che non fu concordato un bel niente: il ministro telefona a Viola e gli dice che se ne deve andare, quello china la testa e obbedisce senza scandali, e il ministro dice di aver concordato. La strada della commission­e banche è lastricata di queste ipocrisie.

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Ansa Di poche parole Il ministro del Tesoro Padoan e il presidente della commission­e, Casini
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