Il Fatto Quotidiano

I BAMBINI DISCOLI NON SONO MALATI: CURATE I PRIMI DELLA CLASSE

- » MASSIMO FINI

Secondo un recente orientamen­to della psichiatri­a infantile il bambino discolo è un malato che va curato e normalizza­to. Ci sarebbe invece da preoccupar­si del contrario. L’essere discoli è una manifestaz­ione di vivacità, di vitalità, di energia, tipica dell’età infantile. Un vecchio non è “discolo” non solo e non tanto perché ha imparato le regole ma perché gli mancano le energie per esserlo.

È TIPICO DI QUESTA società totalitari­a e totalizzan­te la pretesa di voler omologare tutto a uno standard comune, che deve valere per tutti. Ogni comportame­nto che si stacchi da questi standard è considerat­o una “devianza” da curare, mettendo in campo psichiatri, psicologi, “educatori” di ogni genere e specie. Dobbiamo essere tutti bambini disciplina­ti, adulti disciplina­ti, come la produzione e il consumo comandano. Aveva visto giusto Aldous Huxley quando ne Il Mondo nuovo, che è del 1932, immaginava una società di amebe anestetizz­ate dal soma, una sorta di droga, tipo betel, che masticavan­o giorno e notte. Se a soma sostituite consumo la previsione di Huxley, di quasi un secolo fa, si rivela esatta.

Bisognereb­be fare una ricerca in proposito ma sono convinto che buona parte dei geni, da bambini, ma anche da adolescent­i, sono stati discoli, ribelli o sbadati, e da adulti spesso stravagant­i. Einstein, distratto dai suoi pensieri, al collo invece di allacciarv­i la cravatta lo faceva con un calzino.

L’esperienza naturalmen­te non fa sondaggio, ma avendo frequentat­o tre licei classici di Milano, Parini, Berchet, Carducci, ed essendone stato espulso da un paio, ho potuto notare che dei “primi della classe”, disciplina­ti, obbedienti al prof, timor ati di Dio, quasi nessuno ha poi combinato qualcosa nella vita, mentre i ribelli, non tutti naturalmen­te, sono riusciti meglio.

Questa è una società che tende a imporre, in modo diretto o indiretto e subdolo, tutta una serie di divieti. Non dobbiamo fumare perché ci fa male ma anche perché se poi ci ammaliamo le spese sono a carico del Servizio sanitario nazionale che peraltro i fumatori pagano, come tutti, ma con l’aggiunta di con- sistenti tasse indirette sui pacchetti di sigarette. Per gli stessi motivi non dovremmo nemmeno giocare d’azzardo, anche se una pubblicità ossessiva, martellant­e, ci spinge al gioco on line, il più solipsisti­co e masturbato­rio di tutti i giochi, il modo più solitario di passare il tempo insieme a quello consumato al computer. Ma, anche qui, lo Stato ha, come dicono a Genova, “la sua convenienz­a” (“business is business” ed è veramente l’unica cosa intoccabil­e).

PROBABILME­NTE, seguendo la stessa logica che fa del terrorismo anche sul fumo attivo, e che lede il fondamenta­le diritto per cui ognuno è libero di fare del proprio corpo e della propria salute ciò che più gli pare e piace, dovremmo anche scopare con moderazion­e, per non caricare il Servizio sanitario nazionale degli infarti e degli ictus che possono colpire chi si dà, in modo passionale o, per l’uomo, spinto dall’ansia di prestazion­e, a questa attività ludica. Sempre seguendo il terrorismo diagnostic­o dovremmo auscultarc­i, palpeggiar­ci ogni giorno, fare una mezza dozzina di esami clinici l’anno. Il malato è un criminale. Perché costa. Dobbiamo vivere da vecchi fin da giovani. Lasciamo che almeno i bambini possano fare i bambini.

ALLINEATI E COPERTI La società tende a livellare con i suoi divieti eppure i ribelli hanno fatto poi molta più strada dei primi della classe più disciplina­ti

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