Miccichè e la valanga che sta travolgendo il fascista perbene
Dopo la sfilza di indagati, l’elezione dell’ex pupillo di Dell’Utri al Parlamento siciliano è l’ultimo colpo a Musumeci
Dove sarà candidato?
Stavolta non chiederò nulla. Sono nella condizione, mi consenta, che devono chiedere loro a me, non io a loro. A Berlusconi presenterò le 120 donne dirigenti di Rivoluzione cristiana e poi deciderà lui.
Centoventi donne?
Per statuto, è un partito guidato dalle donne.
Lei è un’eccezione.
Per l’elezione di Gianfranco Miccichè al vertice dell’Ass emblea Regionale Siciliana la metafora più calzante è quella di una palla di neve: se oggi porta a galla tutte le fragilità del Pd che “non riesce ad assumersi responsabilità e indicare scelte comprensibili, prima ancora che condivisibili”, come dice un ex comunista doc come Elio Sanfilippo, dirigente palermitano della Lega delle Cooperative, in febbraio può diventare valanga sulla campagna elettorale delle Politiche.
L’EFFETTO è quello di cuocere “a fuoco lento” il fascista perbene Nello Musumeci, che oggi appare stretto tra il volto un po’imbolsito dell’ex pupillo di Marcello Dell’Utri assurto allo scranno più alto di Palazzo dei Normanni e la pattuglia di deputati indagati (e uno anche arrestato), che come, ancora una volta una palla di neve, crescono di settimana in settimana rischiando, anch’essi, di diventare una valanga inarrestabile. I nomi si sono susseguiti sulle cronache di queste settimane: Luigi Genovese, figlio di Francantonio, Cateno De Luca, Riccardo Savona, Edy Tamajo. Diciamo così. Mastella e Cesa non l’attiravano nemmeno un po’.
Sono vicende che non mi hanno mai riguardato, il mio nome è stato accostato a loro in modo improprio. Io ho svolto soltanto una funzione all’inizio.
Quale?
Su invito di Berlusconi e Ghedini mi sono attivato per favorire l’allargamento al centro e Cesa ha in dotazione lo scudocrociato della Dc con l’Udc.
Un bene prezioso, ammetterà.
Il progetto di Mastella e Cesa è qualcosa di definito rispetto all’altra gamba che non so cosa sia.
Tutti democristiani dispersi. Primo o poi finirà che ci riuniremo insieme in un grande Partito popolare.
Ma non adesso.
L’UOMO forte di Forza Italia in Sicilia, ex discepolo di Dell’Utri, Gianfranco Miccichè, è stato eletto presidente dell’Ars al terzo tentativo grazie anche ai voti di 4 voti del Pd e dell’alleato Sicilia futura
SONO 4 anche gli eletti all’Ars finiti sotto indagine dopo il voto: Luigi Genovese, Cateno De Luca, Riccardo Savona, Edy Tamajo Per me la Dc di oggi è Forza Italia. E come diceva un tempo Cirino Pomicino la Dc era come la Standa: entravi e trovavi di tutto. La destra, la sinistra, i laici.
Oggi la Standa è FI.
Esatto.
E Berlusconi è democristiano. Un perfetto democristiano.
In cosa, di grazia?
Nella sua generosità.
E poi?
Nella sua capacità di tenere unito il Paese. Voi del Fatto non lo ammetterete mai, ma è così.
Un moderatone, diciamo. Vedrete, il successo di Forza Italia in campagna elettorale sarà determinato dalla sua capacità di apparire come una forza tranquilla. Prenderemo il 30 per cento.
E tutti i capilista bloccati del proporzionale eletti.
Per un democristiano vero nessun risultato è importante sotto il 30 per cento.
La scheda Panni sporchi
L’ex missino aveva detto: “Ho camminato nel fango, ma non ho mai preso la malaria”
Un elenco che sta vanificando quella che per Musumeci è diventata una vera e propria ossessione: “Ho attraversato il fango e la palude e non ho mai preso la malaria”, è stato il suo refrain durante la campagna elettorale fino al momento dell’elezione in cui ha giurato: “Sarò un presidente libero da padrini e da padroni” perché “tutti sanno come sono fatto: uno con la mia storia non può subire alcun condizionamento”, e “se c’è qualcuno che lo pensa peggio per lui, gli darò il foglio di via in 24 ore”.
NON LO AIUTA certo Miccichè, che ha riempito il suo primo proclama da neo eletto alla poltrona di garanzia più alta dell’Ars con parole contraddittorie che suonano come un abbraccio mortale: “Sarò il presidente di tutta l’aula – ha detto – certamente sarà mio compito favorire quale sarà il percorso e il programma che hanno portato alla vittoria di Nello Musumeci”. E se l’abbraccio del suo alter ego istituzionale rischia di provocare più d’un imbarazzo, difficile si annuncia anche la gestione politica degli impresentabili legati a Cuffaro, Lombardo e Genovese con cui è stata imbottita la coalizione.
Finora Musumeci ha risolto la questione scaricando ogni responsabilità sui partiti e sull’elettorato: le liste “le fan- no i partiti, non il capo della coalizione”, ha sentenziato, dicendosi certo che “se non sono stati loro capaci di fare una selezione sono certo che la faranno i cittadini”.
Ma le cose non andate nel modo voluto, e dalle urne sono venuti fuori deputati, poi indagati, che non comparivano neanche tra gli impresentabili della Commissione Antimafia, a conferma che il problema è serio e si traduce nel peso elettorale: i voti raccolti dagli impresentabili, nel centro destra sfiora i 90 mila voti, più di un decimo dei consensi di Musumeci (830 mila). Che tra Luigi Genovese, neo eletto e subito indagato e chi lo considera impresentabile, non ha dubbi: “Se Genovese fosse mio figlio – ha detto – io prenderei a calci chi dice che è impresentabile perché il padre è stato condannato in primo grado”.
IN FONDO Musumeci non sembra credere neanche ai criteri della Severino: come ha rivelato il Foglio, infatti, che ha citato come fonte un avvocato rimasto anonimo, il neo governatore avrebbe omesso di presentare per la sua candidatura l’autodichiarazione prevista dalle legge: quella che certifica, di fatto, l’effettiva candidabilità di chi decide di correre alle elezioni. L’ha fatta, come indicato nei moduli, ai sensi di una norma precedente, la 29 del ’51, che è una legge regionale non più in vigore. Per questo numerosi candidati non eletti hanno presentato ricorsi su cui si attendono gli esiti che, in caso positivo, ridisegnerebbero il risiko del potere siciliano.