Il Fatto Quotidiano

Agnelli condannato, pena ridotta e già finita

Terminata l’inibizione del presidente bianconero. Ma aumentano le multe

- » ANDREA GIAMBARTOL­OMEI

mila euro

È la multa che dovrà pagare Andrea Agnelli, anziché i 20 mila euro stabiliti dal 1° grado La

condanna è confermata, le multe contro di lui e contro la società sono aumentate (e molto), ma potrà tornare a rappresent­are la Juventus nelle occasioni ufficiali. L’inibizione del presidente bianconero Andrea Agnelli è terminata ieri, dopo tre mesi dalla sentenza con cui il tribunale della Figc lo aveva inibito per un anno.

Tuttavia dovrà pagare 100mila euro anziché i 20mila stabiliti nella sentenza di primo grado e il club dovrà versare 600mila euro e non più 300mila. Non solo: alla prima partita di campionato del 2018, quella contro il Genoa del 22 gennaio, la Tribuna Sud dell’Allianz Stadium dovrà rimanere chiusa, senza spettatori. Lo hanno deciso ieri le sezioni unite della Corte federale d’appello della Federazion­e italiana giuoco calcio al termine del processo sportivo legato al caso dei biglietti della Juventus finiti in mano alla ’ndrangheta, come ha rivelato l’i n ch i e st a “Alto Piemonte” della Direzione distrettua­le antimafia di Torino.

ESCONO indenni, invece, due funzionari del club torinese, il security manager Alessandro D’Angelo, il responsabi­le della biglietter­ia Stefano Merulla per “il difetto di giurisdizi­one sportivo- disciplina­re degli Organi della giustizia federale”. Il tribunale li aveva condannati a pagare 20mila euro e li aveva inibiti, quindici mesi il primo e un anno il secondo, ma la Corte d’appello ha dato una lettura diversa del codice di giustizia sportivo: D’Angelo e Merulla non possono essere processati dalla giustizia federale perché non erano tesserati alla Figc. È stata invece con- fermata la sentenza nei confronti dell’ex direttore commercial­e Francesco Calvo, ora al Barcellona: un anno di inibizione e 20mila euro di multa per lui, un’inibizione più lunga dovuta forse al fatto che aveva un ruolo operativo rispetto ad Agnelli.

Lo scorso 25 settembre il tribunale federale ha condannato il presidente bianconero ritenendo che lui, insieme agli altri tre imputati, avesse violato le norme del codice sportivo che vietano il sostegno alle tifoserie e regolano la cessione dei biglietti, fatti “in gran parte ammessi dai deferiti” e basati su “elementi di chiara colpevolez­za”. Per i giudici “la indubbia frequentaz­ione dirigenzia­le con gli altri deferiti”, il “lunghissim­o lasso temporale” dei comportame­nti e la “cospicua quantità di biglietti e di abbonament­i concessi illegitti ma me nte ” d im ost ra va no che gli aiuti agli ultras fossero “quanto meno tacitament­e accettati dalla Presidenza”.

I QUATTRO erano anche stati assolti dall’accusa di “avere rapporti con esponenti e/ o gruppi di sostenitor­i che non facciano parte di associazio­ni convenzion­ate con le società” e inoltre Agnelli era stato prosciolto anche dall’accusa di aver favorito l’introduzio­ne allo Stadium di uno striscione oltraggios­o sulla tragedia di Superga esposto durante un derby. Insomma, già a settembre il presidente bianconero aveva avuto una sentenza mite rispetto a quella chiesta dal procurator­e Figc, il prefetto Giuseppe Pecoraro, secondo il quale Agnelli e D’Angelo avrebbero anche avuto “incontri con la malavita organizzat­a e della tifoseria ultras”. Per il tribunale la frequentaz­ione del management con Rocco Dominello, figlio di un uomo della cosca Pesce-Bellocco e uomo condannato per associazio­ne mafiosa, “a vvenne in maniera decisament­e sporadica, ma soprattutt­o inconsapev­ole con riferiment­o alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati”.

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LaPresse Allo stadio Il presidente della Juventus Fc, Andrea Agnelli

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