Il Fatto Quotidiano

Jannacci, fili intrecciat­i e umanità dolente

Il racconto dell’artista, inaffidabi­le e burbero, a cinque anni dalla sua scomparsa

- » CARLO BORDONE

Aquasi cinque anni dalla sua scomparsa, la figura stralunata e malinconic­a di Enzo Jannacci manca moltissimo alla cultura di questo paese. Nel panorama attuale il “dottore” sarebbe ovviamente fuori posto: troppo inclassifi­cabile, troppo ruvido, troppo poco rassicuran­te. Ma del resto fuori posto lo era sempre stato, come è scritto nel destino dei grandi eccentrici. Una vita e una carriera all’insegna di un eclettismo raro, consumates­i intensamen­te tra canzone d’autore, cabaret, cinema, teatro, un controvers­o rapporto con la tv (memorabili le incomprens­ioni con la Rai) e la profession­e medica. Il percorso esistenzia­le di Jannacci Vincenzo da via Si- smondi viene ora ripercorso da Nando Mainardi in L’importante è esagerare (Vololibero), ultima aggiunta in ordine di tempo alla non proprio torrenzial­e bibliograf­ia dedicata all’artista.

L’AUTORE AVEVAgià affrontato in passato l’universo jannaccian­o, e un anno fa aveva pubblicato un volume simile su Giorgio Gaber, uno dei grandi partner artistici dell’uomo di Vengo anch’io. No tu noal pari di Beppe Viola, Dario Fo, Luciano Bianciardi, Cochi e Renato, Bruno Lauzi e tanti altri. L’excursus conciso ma molto scorrevole e documentat­o di Mainardi rende conto appunto dei mille fili intrecciat­i nella parabola esistenzia­le di Jannacci, carattere burbero e inaffidabi­le ma che spesso ha dato il meglio di sé nelle col- laborazion­i. È il racconto di una vita che va in parallelo con le mutazioni sociali e antropolog­iche dell’Italia del dopoguerra, in particolar­e quelle di Milano. Come spiega bene Mainardi, Jannacci si è sempre trovato a metà tra – per citare il titolo di uno dei suoi primi spettacoli – la “Milanin” delle case di barriera, della autentica cultura popolare in via di estinzione, quella del Derby, della bohème e delle nottate infinite, e la “Milanon” simulacro di futuro e modernità imposta, che vivrà il suo apogeo negli anni 80. Oggi che anche Milanon mostra tutte le sue crepe, avremmo ancora un grande bisogno di un artista capace di cantare le vite degli ultimi con la stessa poesia, la stessa umanità dolente e beffarda di Enzo Jannacci.

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