Jannacci, fili intrecciati e umanità dolente
Il racconto dell’artista, inaffidabile e burbero, a cinque anni dalla sua scomparsa
Aquasi cinque anni dalla sua scomparsa, la figura stralunata e malinconica di Enzo Jannacci manca moltissimo alla cultura di questo paese. Nel panorama attuale il “dottore” sarebbe ovviamente fuori posto: troppo inclassificabile, troppo ruvido, troppo poco rassicurante. Ma del resto fuori posto lo era sempre stato, come è scritto nel destino dei grandi eccentrici. Una vita e una carriera all’insegna di un eclettismo raro, consumatesi intensamente tra canzone d’autore, cabaret, cinema, teatro, un controverso rapporto con la tv (memorabili le incomprensioni con la Rai) e la professione medica. Il percorso esistenziale di Jannacci Vincenzo da via Si- smondi viene ora ripercorso da Nando Mainardi in L’importante è esagerare (Vololibero), ultima aggiunta in ordine di tempo alla non proprio torrenziale bibliografia dedicata all’artista.
L’AUTORE AVEVAgià affrontato in passato l’universo jannacciano, e un anno fa aveva pubblicato un volume simile su Giorgio Gaber, uno dei grandi partner artistici dell’uomo di Vengo anch’io. No tu noal pari di Beppe Viola, Dario Fo, Luciano Bianciardi, Cochi e Renato, Bruno Lauzi e tanti altri. L’excursus conciso ma molto scorrevole e documentato di Mainardi rende conto appunto dei mille fili intrecciati nella parabola esistenziale di Jannacci, carattere burbero e inaffidabile ma che spesso ha dato il meglio di sé nelle col- laborazioni. È il racconto di una vita che va in parallelo con le mutazioni sociali e antropologiche dell’Italia del dopoguerra, in particolare quelle di Milano. Come spiega bene Mainardi, Jannacci si è sempre trovato a metà tra – per citare il titolo di uno dei suoi primi spettacoli – la “Milanin” delle case di barriera, della autentica cultura popolare in via di estinzione, quella del Derby, della bohème e delle nottate infinite, e la “Milanon” simulacro di futuro e modernità imposta, che vivrà il suo apogeo negli anni 80. Oggi che anche Milanon mostra tutte le sue crepe, avremmo ancora un grande bisogno di un artista capace di cantare le vite degli ultimi con la stessa poesia, la stessa umanità dolente e beffarda di Enzo Jannacci.