Euro&reddito, Di Maio corteggia gli artigiani
Il candidato premier incontra artigiani e imprese a Milano, gelidi sulla misura a 5Stelle. E intanto cerca un equilibrio su euro e accordi: “Ma no ad alleanze”
“Per carità, sull’u tili tà sociale del reddito di cittadinanza nulla da dire. Ma poi se si guarda al tema della spesa...”. Milano, saletta da 36 posti contati, in una mattina gelida. Daniele Parolo, presidente della Confederazione nazionale dell’artigianato della Lombardia, fa una pausa e guarda alla sua destra. Guarda Luigi Di Maio, candidato premier dei 5Stelle, che del reddito di cittadinanza hanno fatto il loro totem.
Ed è già tutta qui, la fatica del Di Maio in trasferta perenne nel Nord che per il M5S è quasi terra straniera. Prende appunti, mentre fuori si parla ovunque della sua apertura a un tavolo con gli altri partiti, subito dopo le Politiche. Perché il 31enne deputato deve fare l’equilibr ista, in bilico tra i tabù a 5Stelle e il mondo esterno. Sospeso, tra il divieto di alleanze e il Quirinale che è stato chiaro: “Il mandato esplorativo verrà dato solo chi a chi presenta un’ipotetica maggioranza al presidente, non a chi arriva primo”. Ecco perché Di Maio ripete da due giorni: “Presenteremo la squadra di governo prima del voto e se non avremo preso il 40 per cento la sera delle elezioni faremo un appello pubblico: poi vedremo chi ci sta in base ai programmi”. Ma a Milano scandisce che “le alleanze sono fuori del nostro vocabolario, niente scambi di poltrone”. Perché la sua strada è fatta di confini stretti.
DAVANTI ad artigiani e imprese lombarde giura per la milionesima volta che “il referendum sull’euro è l’extrema ratio”. Ma poi in un collegamento tv rispolvera un po’ di ortodossia: “Se si votasse direi sì all’uscita”. E allora ecco Matteo Renzi e il Pd a mordere e strepitare. E riecco Di Maio e i 5Stelle a precisare che no, quella è solo un’ipotesi del terzo tipo, uno strumento di pressione: “Non vogliamo uscire dalla moneta unica, ma l’Unione europea non sia sorda”. Però prima di Bruxelles andrebbero convinte le piccole e medie imprese della Lombardia, riserva di caccia della Lega. Al microfono, il presidente della Cna spiega a Di Maio la sua potenza di fuoco: “Siamo 41 mila tra associazioni e pensionati, abbiamo cento uffici territoriali”. Sono tanti, e sanno chiedere: “Nel vostro programma c’è la cancellazione dei contribuiti agli autotrasportatori ma i nostri competitori di regole non ne hanno, prima bisogna parlare con la Ue”. Chiedono meno tasse, naturale. E si arriva al reddito di cittadinanza: “Prima è più importante permettere alle aziende di regolarizzare i precari”. Tocca a Di Maio, che si gioca la carta: “Mio padre è un imprenditore”. E poi via, con un discorso fitto di numeri e citazioni. Vuole mostrarsi competente, ripete più volte business plan (un documento che riassume un progetto imprenditoriale). Promette: “Presenterò un elenco di 400 leggi da abolire su indicazione delle imprese, faremo 40 codici per riassumere le norme vigenti”. Torna sulla necessità di fare deficit di trovare soldi per gli investimenti, “come hanno fatto Francia e Spagna”. E il reddito di cittadinanza? “Non è assistenzialismo, lo imposteremo sui modelli europei e sulla formazione”. Ma c’è pure la politica: “Triplicheremo i nostri parlamentari, saremo il perno della prossima legislatura”. Applausi, domande, poi Di Maio se ne va. Dentro rimane Parolo: “Ha avuto attenzione per noi, di solito vanno tutti da Confindustria. Ed è competente, ha parlato di confidi, molti non sanno cosa siano”. Però? “Però i nostri non vedono bene questo reddito di cittadinanza. E pure questo deficit che vuole fare, con il debito pubblico che abbiamo...”. Insomma, tutti con la Lega? “Ma no, i 5Stelle se la possono giocare. E sempre meglio di quello che ha sfasciato i corpi intermedi, sì, Renzi”. Di Maio intanto è arrivato a Varese assieme ai consiglieri regionali Dario Vìoli, candidato governatore, e Stefano Buffagni. Visitano una fabbrica di birra che compie 140 anni, e ci scappa anche il sorsetto. Fuori si ragiona di tele future. “La verità – dice una fonte di peso – è che Luigi ora deve prendere tempo. Ma un accordo con la Lega non potrebbe reggere”. Il gruppo parlamentare, composto soprattutto maggioranza da eletti del centro sud, deflagrerebbe. Ci sarebbero i rossi di Pietro Grasso... “Ma avremmo i numeri con loro?”. Intanto Di Maio riappare a Milano, in un albergo iper-moderno nella zona del design. Sale in ascensore davanti a una folla neutra che divora tartine. Incontra l’associazio- ne delle scuole di moda. E parla di made in Italy: “Venti giorni fa sono stato negli Stati Uniti, membri del Congresso mi hanno detto che sempre più gente si iscrive a scuole di italiano”.
VUOLE mostrarsi internazionale. Però le parole del giorno restano quelle, alleanze ed euro. Lui su Facebook giura che non risponderà al troll (disturbatore) del web, cioè Renzi. Stanco, cerca il mini-van che lo riporterà in albergo. E allora, questo reddito di cittadinanza che non convince i lombardi? “Faremo esempi concreti, li convinceremo. Non è assistenzialismo”. E Di Maio riparte, alla ricerca un centro di gravità permanente.
Avanti e indietro
“In un referendum sulla moneta voterei per uscire”. Poi precisa: “Vogliamo restare”