Aveva voluto l’inchiesta, nel Pd lo guardano male
Il disastro ha la sua firma
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Transatlantico da qualche giorno si sentono dire cose assai brutte di lui dai colleghi del Pd. E mica dai peones: anche e soprattutto dagli onorevoli Pd di un certo peso. E mica solo dalla minoranza o da quell’ibrido che sono i cosiddetti “franceschiniani”, pure parecchi renziani (di rito non “boschiano”) ne parlano malissimo. Di chi? Ma dell’uomo del giorno all’incontrario, ovvero del presidente del partito Matteo Orfini, archeologo mancato, già giovane dalemiano, sostenitore di Pier Luigi Bersani in tempi non lontanissimi, oggi renziano di complemento “tendenza Pavolini”.
E PERCHÉ TUTTO questo astio su un politico tutto sommato, se non innocuo, superfluo? In sostanza nel Pd lo ritengono il colpevole dell’is ti tuz io ne della disastrosa Commissione d’inchiesta sulle banche, nella quale lui – non proprio un esperto di settore bancario – è stato il capogruppo dem. “Ci faremo la campagna elettorale”, aveva detto a giugno al capo coadiuvandone gli istinti suicidi: la faremo, è il sottotesto, mostrando le responsabilità di Banca d’Italia & C. negli scandali bancari. Mossa che, peraltro, ha ulteriormente raffreddato i rapporti tra Renzi e Quirinale, non proprio una scelta furbissima in tempi di sondaggi da brividi e con un dopo-voto in vista senza una maggioranza chiara.
All’inizio, comunque, sembrava che Orfini avesse fatto il colpaccio: Via Nazionale e Consob si accusavano a vicenda davanti ai parlamentari come due vaiasse e parevano dar ragione ai sogni del compagno di playstation di Renzi che, obnubilato dall’effimero successo, lanciava oscuri avvertimenti al governatore sulla sua audizione (“lo sentiremo alla fine, dopo aver ottenuto tutte le carte”). Poi, inevitabilmen- te, è arrivata Banca Etruria che ha spazzato via i sogni di gloria come la sveglia il sogno. Risultato: quando finalmente Ignazio Visco è arrivato a testimoniare, però, il commissario Orfini gli ha rivolto zero domande e il giorno dopo s’è letto sui giornali di richieste di appeasementarrivate da Renzi su su fino a Banca d’Italia che le ha graziosamente accolte.
Oggi, tra i suoi stessi colleghi, Orfini è considerato un danno solo meno appariscente di Boschi. È solo per testimoniare il clima che si respira attorno a “ci facciamo la campagna elettorale” che riportiamo il parere in proposito di Giuliano Ferrara: “Mat teo Orfini non è un cretino, ma si comporta da cretino”.
Eterogenesi dei fini Fu lui a convincere Renzi a dire sì alla commissione: “Faremo campagna elettorale”