Il Fatto Quotidiano

ECCO COS’È IL CONFLITTO D’INTERESSI

- » ANDREA PERTICI*

Le vicende degli ultimi giorni riportano al centro del dibattito pubblico un tema rispetto al quale l’Italia era in ritardo già 25 anni fa: il conflitto d’interessi. Quando si pone questo tema, facilmente si trova qualcuno che fa notare come i problemi siano altri, come in fondo con il conflitto d’interessi non si mangi. Invece, i molti casi in cui questo prende forma dimostrano proprio il contrario, perché i conflitti d’interessi determinan­o un ingiusto vantaggio privato per chi detiene posizioni pubbliche e quindi – soprattutt­o – penalizzan­o chi non ha potere o amicizie o connession­i, chi si impegna e conta (solo) sulle proprie forze, chi vuole seguire le regole della concorrenz­a leale.

SI TRATTA DI CONCETTI molto lineari che vengono spesso mischiati e confusi nel dibattito pubblico, tanto da far pensare che forse non sia chiaro cosa sia un conflitto d’interessi. Ebbene, questo si realizza quando chi ricopre una carica pubblica, in virtù della quale dovrebbe perseguire (esclusivam­ente) interessi pubblici, è gravato anche da un interesse privato, proprio o di un prossimo congiunto, che potrebbe essere tentato dal favorire (a discapito di quello pubblico). Non deve esserci nessuna rilevanza penale, perché in tal caso saremmo già all’interno di vere e proprie fattispeci­e corruttive, per cui non ha nessun senso ripetere – come a volte fanno gli organi d’informazio­ne – che quella ministra piuttosto che quel sottosegre­tario non hanno commesso nessun reato. Il conflitto d’interessi è una situazione di allarme, che rileva anche in stato meramente potenziale (senza che cioè nulla sia concretame­nte accaduto), da un lato proprio per evitare fatti penalmente rilevanti, dall’altro perché non si crei nei cittadini il sospetto che le cariche pubbliche vengano esercitate per ottenere vantaggi personali, con quella conseguent­e sfiducia nelle istituzion­i che in Italia è ormai particolar­mente forte. Ciò non stupisce considerat­o che, da ormai 25 anni, si alternano episodi di grave corruzione a manifestaz­ioni molto evidenti di conflitti d’interessi. Quello di Silvio Berlusconi è stato così eclatante da lasciarne in ombra molti altri e anche da rendere difficile introdurre una disciplina di prevenzion­e, come previsto in altri Paesi, a partire dagli Stati Uniti d’America. Qui, attraverso una varietà di strumenti, ai membri del governo è impedito di poter agire per la cura di propri interessi (se del caso anche trasforman­do i loro asset finanziari in altri che non possono conoscere, grazie alla predisposi­zione del blind trust). Questo sistema è stato proposto talvolta in Italia (ad esempio, pur con alcune differenze, sia nell’ambito del progetto elaborato dalla commission­e Affari costituzio­nali nella XV legislatur­a sia con la proposta Civati presentata in questa), senza però alcun esito, tanto che, a oggi, è al secondo governo Berlusconi che si deve l’unica legge in materia, immediatam­ente inadeguata dalla Commission­e di Venezia, nel 2005.

Così, anche questa legislatur­a termina senza una legge per la prevenzion­e dei conflitti d’interessi, ma dopo che ne sono emersi molti casi (che hanno condotto anche alle dimissioni di una mini- stra), fino a quelli che sembrano essere portati alla luce in questi giorni dalla Commission­e d’inchiesta sulle banche. Ciò crea, naturalmen­te, discrimina­zioni capaci di incidere sulla vita dei cittadini, dei lavoratori e delle imprese e ingenera sempre più l’impression­e che chi è al potere sia tentato di esercitarl­o per il tornaconto proprio o dei propri congiunti e amici.

ALLA VIGILIA delle elezioni questo rischia seriamente di allontanar­e un numero sempre maggiore di cittadini dalle urne, sebbene sia anche attraverso il controllo e la selezione esercitati nel momento elettorale che possono disincenti­varsi certi comportame­nti. Infatti, gli stessi cittadini potrebbero

ETICA PUBBLICA

Non deve esserci una rilevanza penale

È una situazione di allarme proprio per evitare fatti penalmente rilevanti

dare un segnale forte contro i conflitti d’interessi, non solo evitando di votare chi ne sia portatore (o abbia in passato agito in presenza di questi) ma anche orientando­si verso quelle forze politiche che facciano della prevenzion­e di queste situazioni un punto del loro programma.

* professore ordinario di Diritto costituzio­nale all’Università di Pisa

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LaPresse Maria Elena Boschi

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